Le donne diabetiche rischiano molto più degli uomini. Tanto che dal congresso della Sid, la Società italiana di diabetologia, in corso a Riccione, il messaggio per i medici è: siate aggressivi con la terapia, così come fate con gli uomini. Tra donne e uomini ci sono infatti differenze talmente significative che pongono delle domande: se le donne rischiano di più - in termini di ictus, infarti, malattie dei vasi periferici, scompenso cardiaco - non è ipotizzabile un trattamento diverso e, soprattutto, una presa in carico più stretta da parte degli specialisti?
Infarti. "Il diabete provoca tre volte più infarti nelle donne - ragiona Giovannella Baggio, titolare della prima cattedra di Medicina di genere all'università di Padova - ed è anzi la prima causa di morte nel genere femminile. Ma le donne non lo sanno, come non sanno riconoscere i sintomi, che in loro sono diversi. Hanno meno dolore e invece provano magari forte ansia e mancanza di respiro. Sintomi così diversi che non preoccupano: ecco perché nelle donne la mortalità è più alta".
Controlli. Ma non è solo questo: a parità di terapia, infatti, le donne non riescono a raggiungere gli stessi obiettivi, che nel diabete per esempio sono i livelli di emoglobina glicata, la glicemia a digiuno e postprandiale. E non perché non vengano curate. "Le donne non fanno meno controlli degli uomini - premette Giuseppina Russo, del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'università di Messina e coautrice, con Baggio, del position paper della Sid su donne e diabete - né ricevono meno farmaci".
Ormoni. Ciononostante non raggiungono i target per i livelli di emoglobina glicata o di pressione arteriosa. La domanda è capire perché. "C'è il sospetto - continua Russo - che forse, avendo la vocazione ad accudire la famiglia, si prendano un po' meno cura di sé e seguano meno puntualmente la terapia. Ma il punto è che ci sono differenze biologiche importanti ancora da esplorare: i fattori ormonali proteggono le donne, è vero, ma nel diabete di tipo 2 la protezione estrogenica non funziona. Donne e uomini devono essere trattati in modo diverso, ma bisognerebbe insegnarlo anche nelle facoltà di Medicina, così come si insegna Geriatria. La medicina di genere non è una rivendicazione ma finché non identificheremo fattori diversi di rischio per le donne, dico sempre che ogni volta che abbiamo davanti una donna con diabete dobbiamo dimenticare che è donna, e pensare sia un uomo e che il suo rischio cardiovascolare è maggiore e la espone ad un aumento di mortalità".
I numeri. Che il problema delle donne con diabete, in Italia circa il 48 per cento sul totale dei quattro milioni di malati, sia reale lo dimostra anche il fatto che l'International Diabetes Federation ha scelto di dedicare quest'anno la giornata mondiale del diabete alle diabetiche. "Quasi tutti i rischi legati alla malattia nelle donne sono più alti del 30 per cento o anche raddoppiati - premette Giorgio Sesti, presidente Sid - ma questo aumento altissimo di rischio non è percepito dai medici né tanto meno dalle pazienti".
La prevenzione. Non è un caso poi che le donne diabetiche - secondo dati mondiali - facciano meno prevenzione. "Meno mammografie e pap-test - racconta Enzo Bonora, presidente della Fondazione Diabete ricerca - e questo nonostante la malattia esponga ad un rischio doppio di tumori e richiede quindi una sorveglianza maggiore. Le donne nei fatti sono trattate meno, e non sappiamo se è il medico che prescrive meno o sono loro che sottovalutano la malattia. Nel nostro ambulatorio a Verona vedo sempre più spesso donne amputate che prima non c'erano: se anziché curare per evitare le complicanze, ci ritroviamo a doverle trattare vuol dire che qualcosa nel sistema non funziona".
I costi. Il dato sui diabetici - che costano mediamente al Sistema sanitario nazionale 520 euro a testa all'anno, il doppio di un non diabetico - è che soltanto la metà viene curato in uno dei circa 600 centri specialistici, l'altra metà dai medici di medicina generale o - denunciano le associazioni di pazienti - preferisce non curarsi per evitare uno stigma che - sembra pazzesco - esiste ancora.
La tecnologia. In attesa del pancreas artificiale, la cui realizzazione sembra molto vicina (da parte dell'università di Padova, gruppo di Daniela Bruttomesso), i diabetici di tipo 1, insulinodipendenti, potrebbero trarre giovamento dai microinfusori già esistenti che, però, vengono prescritti con il contagocce, per il loro costo. "Su noi medici c'è forte pressione per non prescriverli- racconta Bonora - e i pazienti fanno la guerra per averli. Ma il problema dei costi è un falso problema: costano circa 75 milioni di euro all'anno. A fronte dei 980 milioni di euro che spendiamo ogni anno per gli inibitori di pompa. E di gastrite non si muore".
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