Barbara Costa per Dagospia
“Truccarsi è una cosa da femmine, eh, una volta i maschi mica si truccavano!”. Basta, che noia simili sentenze, non se ne può più, è ora di resettare il cervello, almeno fate tinta e messa in piega a quella barba maltrattata, e passate un po’ di correttore su quelle maschie occhiaie! Fidatevi, ci guadagnate: che vi costa?
Da tempo il make up non conosce più sesso, non si identifica più in un solo sesso, e un sesso specifico se c’è lo individua tale e lo mette accanto a chi fluido si trucca, ed è. Basta farsi un giro in rete per vedere dove sta e va il mondo, la contemporaneità, la vita come è e quale è. Non esiste più una sola via, una sola legge, non si è giusti se si è solo in un certo modo o il suo contrario: nel make up si è tutto ciò che si vuole essere e la moda nessuno più la fa e nessuno più la detta se non chi sui social sta e si fa vedere come sceglie di essere, truccarsi, vestirsi, pettinarsi, ogni giorno, giorno dopo giorno.
Il trucco si fa fluid, si fa sconfinato, e oggi i tutorial beauty più seguiti sono postati da coloro all’anagrafe registrati maschi che, di ciprie e gloss e mascara e ombretti, ne sanno, eccome, e di esperto uso mostrano e insegnano. Sveglia! Il make up è social, è no gender, e i marchi i più celebri è questi social no gender make up artist che chiamano a testimonial. Non ve lo ricordate, che Chanel già tre anni fa lanciava la trousse per uomo con fondotinta, matite, rossetto e smalti?
E che Tom Ford l’aveva preceduta nel 2013? E che è del 2016 la prima pubblicità di un mascara le cui ciglia allungate all’infinito erano quelle di un boy? E che ci sono make up brand come Fluide, come Fenty di Rihanna, che rilasciano prodotti him/her, ugualmente adatti sia per lui che per lei, sia che tu non ti senta una lei, né un lui? E lo sapete che, secondo ricerche di mercato, i make up for men, e no gender, raggiungeranno i 166 milioni di dollari nel 2022?
Il make up da sempre è e fa cultura, e però nel 2021 un uomo truccato non equivale più a un non etero: truccarsi non segna più il superamento di convenzionali confini o una pansessualità rock, glam, bowiesca. Né riguarda solo le star. Siamo oltre, siamo dove stanno i Måneskin, la loro schiettezza fluid-sex. I Måneskin sono italiano sì, e internazionale simbolo di una rivoluzione che è no gender ed è concreta: non è solo immagine, è ciò che si è. E non si è contro, si è insieme.
manny gutierrez make up artist
Le prese in giro estetiche non hanno più senso in una società che contribuisci a formare come tu sei. Ha le sue ragioni Manuel Agnelli quando attacca i Duran Duran anni '80, dicendo che passavano più tempo dal parrucchiere che a far musica, e però anche i Duran sono stati tassello di una libertà di essere occidentale esteticamente scoppiata coi capelli lunghi dei Beatles e dei Rolling Stones.
manny gutierrez make up artist 1
Quei capelli fuori norma, per cui gli Stones quando nei '60 giravano per l’America quella profonda, fobica, reazionaria, hanno rischiato più volte di venire pestati, e quei capelli lunghi per cui Robert Plant viene preso a ceffoni da una vecchia alla stazione, e era lì ad aspettare quel treno che lo avrebbe congiunto a Page e ai futuri Led Zeppelin, e quei capelli lunghi per cui Joe Perry ha lasciato la scuola a due mesi dalla maturità e se n’è andato in fabbrica, alla catena di montaggio, perché la sua chioma non se la voleva accorciare su ordine del preside, cioè dell’autorità, sono stati prodromi della strada che si percorre e fa l’oggi. Ma senza clamore. Oggi si fa, lo fanno. Stop.
O forse no. Forse il trucco e la civetteria marchiata sulle donne, concessa alle donne in quanto tali, son stati solo una narrazione imposta secondo usi etero-normativi. Il make up non è più chiave di femminilità e non lo è mai stato secondo "Pretty Boys", curioso libro di David Yi, da pochi mesi uscito: “Per secoli si è omesso di parlare delle ben note cosmesi di re e comandanti per non farli passare come effeminati, poco virili sicché poco potenti”, ha detto David Yi al "Guardian".
È anche per questo che l’eterosessualità è storicamente sembrata quale unico sesso regolare da vivere. La ricerca di Yi è meticolosa, e non parte dal twin hair look degli anni '90 stilosi fidanzati Gwyneth Paltrow e Brad Pitt, o da una 90s sex fluid già presente nei primi profumi e vestiti unisex. Yi percorre la storia e mette in risalto il kajal sugli occhi bistrati dei faraoni dell’Antico Egitto, nero simbolo della loro forza, e la loro usanza di colorare le palpebre con ombretto in malachite verde a invocazione degli dei contro le malattie.
Yi ricorda di come la cipria sul viso maschio degli aristocratici alle corti del Re Sole di Francia e di Elisabetta I d’Inghilterra, fosse appropriato segno di élite. E l’analisi storica del make up no gender va più indietro, e ritrova nell’uomo di Neanderthal pirite e pietre luccicanti quali primitivi fondotinta, e nei vichinghi beauty di grasso di capra e cenere di frassino per la cura e morbidezza di peli di viso e corpo.
Scusate ma: un uomo truccato, quel sapore e quell’odore che un fondotinta acquista su una pelle maschia, fa bagnare solo me?
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