ELENA CURTI, LA FIGLIA SEGRETA PREDILETTA DAL DUCE (E ODIATA DA CLARETTA) – MIRELLA SERRI: "SCOMPARSA A 99 ANNI, ERA L'ULTIMA TESTIMONE DELL'ARRESTO DI MUSSOLINI A DONGO, IL 27 APRILE 1945. MUSSOLINI SCHERZOSAMENTE NOTAVA, CHE LA FANCIULLA ERA CONNOTATA, COME LUI, DA UNA MASCELLA PROMINENTE. SEPPUR MAI RICONOSCIUTA, SCELSE DI SEGUIRLO NELLA TRAGICA AVVENTURA DELLA REPUBBLICA SOCIALE A SALÒ. LA PETACCI LA CHIAMAVA “PROSTITUTA” E DONNA DI MALAFFARE. L'ULTIMA LITE CHE LA PETACCI EBBE CON BENITO FU PROPRIO A CAUSA DI ELENA…"

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Mirella Serri per "la Stampa"

 

ELENA CURTI ELENA CURTI

Mentre Mussolini era in fuga da Dongo gli erano al fianco due donne: Claretta Petacci, che lo seguiva in macchina con suo fratello Marcello, ed Elena Curti, la figlia naturale del Duce, che viaggiò con lui fin quasi al momento dell'arresto. Elena, prole amatissima dal dittatore ma mai da lui riconosciuta, si è spenta ieri a 99 anni nella sua casa di Acquapendente. Ha sempre rivendicato orgogliosamente il rapporto con il genitore e pure la sua estrema dedizione al regime.

 

Aveva un legame molto stretto con il capo del fascismo, il quale la riteneva una ragazza assai brillante e, scherzosamente notava, che la fanciulla era connotata, come lui, da una mascella prominente. Nella sua abitazione in provincia di Viterbo Elena teneva in bella vista una foto che la ritraeva a Salò, a fianco del Duce, vestita da «giovane italiana». Riceveva volentieri i nostalgici e rievocava con loro le avventurose vicende della sua vita. La Curti era nata nel 1922, pochi giorni prima della marcia su Roma, il 19 ottobre. Era molto fascinosa, proprio come la mamma Angela Cucciati.

 

ELENA CURTI ELENA CURTI

Boccoluta e prosperosa, Angela aveva conosciuto Mussolini in occasione di una sua visita per perorare la causa del marito, lo squadrista Bruno Curti, finito in carcere dopo una rissa con i camerati. Il capo del neonato Partito nazionale fascista otterrà un'immediata «ricompensa» per il favore concesso alla signora Curti. Con la donna non ebbe solo una relazione occasionale, bensì una storia destinata a durare. Angela era nata a Lodi, gestiva un atelier di moda a Milano ed era molto abile nel gestire e coltivare la sua liaison con il dittatore. Quando i suoi affari cominciarono a entrare in crisi, riuscì a farsi assegnare da Benito un consistente stipendio per il suo ruolo di «informatrice», ovvero di spia.

 

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Della notevole paternità Elena non seppe nulla fino alla maggiore età. «Avevo già 20 anni. Che Mussolini era mio padre la mamma me lo confessò a bruciapelo, una sera dopo cena, racconta Elena nelle sue memorie, «Il chiodo a tre punte», pubblicate nel 2003. «Le chiesi se Mussolini ne fosse informato. "Sì, certo, ma preferisce che per ora tu non lo sappia", rispose. Da quel giorno passai intere giornate a interrogarmi davanti allo specchio con le foto del Duce e di colui che fino ad allora avevo considerato il mio papà».

 

Elena fu ammessa per la prima volta al cospetto del suo vero padre nel 1929, all'inaugurazione dell'Umanitaria, un'istituzione milanese di assistenza: «Passava tra due ali di folla festante - rammenta ancora Elena -. Si fermò di colpo, guardò per un attimo mia mamma, poi chinò il capo verso di me, sorrise e mi accarezzò i capelli. Ebbi la sensazione d'essere prescelta».

 

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Elena arrivò a Roma con la madre Angela, sollecitata al trasferimento proprio da Mussolini, il quale, come era solito fare con le sue amanti, acquistò per lei ed Elena un elegante appartamento ai Parioli. Oppresso dalle scenate di gelosia della Petacci, che non tollerava i suoi numerosi tradimenti, il despota cercava conforto fra le braccia di Angela. Quando la figlia ebbe bisogno di lavorare, la Curti cercò di convincere Benito a introdurre Elena, dotata di grande appeal, nel mondo del cinema. Il Duce si oppose fermamente. Mai avrebbe permesso che proprio sua figlia entrasse a far parte di un ambiente da lui giudicato «corrotto» e ricco di tentazioni, soprattutto per una giovane donna.

 

Caduto il fascismo, la Curti seguì Mussolini a Salò. Fu destinata dal padre alla segreteria di Alessandro Pavolini, il più estremista tra i gerarchi della Repubblica sociale italiana, grande persecutore degli antifascisti.

 

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E nella Rsi la fanciulla si mosse sulle orme della mamma: ricevette anche lei uno stipendio come informatrice. In un universo traboccante di rivalità, corruzione e spiate, era sorvegliata a vista e suscitavano gran sospetto i suoi abboccamenti con il padre, a cui tutti i giovedì pomeriggio riferiva le voci raccolte. Il dittatore, oltre ai cinque figli avuti da Rachele Guidi, ne ebbe molti altri da altre donne, come Romilda Ruspi e Alice Pallottelli che lo seguì a Salò. Benito si vantava di avere avuto alcune centinaia di amanti. Con molte delle sue partner mantenne relazioni parallele ma regolari e stabili nel tempo.

 

mirella serri mirella serri

La Petacci era consapevole della numerosa prole del Duce, ma odiava più di tutti proprio Elena che pure non ne portava il cognome. A Salò Claretta non vedeva di buon occhio gli appuntamenti che il dittatore concedeva alla figlia nel suo studio, la chiamava «prostituta» e donna di malaffare. L'ultima lite che la Petacci ebbe con Benito fu proprio a causa di Elena. Il corteo delle macchine in fuga al seguito del Duce, il 25 aprile 1945, aveva abbandonato Milano, diretto verso la Svizzera. Durante una sosta Claretta sorprese Elena che conversava con il padre.

 

claretta petacci claretta petacci

Cominciò a inveire e Mussolini le allungò uno schiaffo: la scena è stata immortalata da Pasquale Squitieri nel suo film «Claretta». La Curti era così devota a Mussolini che volle rimanere con lui fino all'ultimo. Desiderava essere l'«ufficiale di collegamento» che teneva i contatti con Pavolini, il quale aveva promesso di raggiungere la colonna del dittatore con un manipolo di uomini. Elena e Claretta furono fianco a fianco al momento della decisione che portò il leader fascista all'arresto e alla morte.

 

Quando Mussolini fu invitato dai tedeschi a salire su un loro camion, travestito da soldato del Reich, Claretta caldeggiò il suggerimento. Elena poi venne arrestata dai partigiani. Un frate la sottrasse alla fucilazione. Rimase in galera cinque mesi. Sua madre testimoniò che era la figlia naturale di Mussolini, evitandole così una condanna per collaborazionismo.

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Quando fu liberata, si sposò, emigrò in Spagna e poi tornò in Italia. A chi le chiedeva che ricordo avesse del padre come uomo, rispondeva: «Per vent' anni l'ho conosciuto per tramite di mia mamma che l'ha seguito nella sua ascesa Andava sempre a Roma a trovarlo, poi è subentrata quell'arpia della Petacci». Nonostante che pure Claretta abbia avuto una tragica fine, e anche a distanza di tanto tempo, Elena ha continuato a coltivare il mito del padre e l'antagonismo con la giovane amante. La Curti non era certo una testimone oggettiva della tragica dimensione della dittatura, comunque con lei se ne è andata l'ultima testimone. -

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