FATTI NON FOSTE A VIVER COME DETENUTI - IN ITALIA, A FRONTE DI 54.593 RECLUSI IN CARCERE, CI SONO 67.792 PERSONE CONDANNATE A MISURE ALTERNATIVE – IL DATO È AUMENTATO NEGLI ULTIMI ANNI, COME RISPOSTA AL PROBLEMA DEL SOVRAFFOLLAMENTO DEI CARCERI -  TRA I NON DETENUTI, POCO MENO DELLA METÀ SCONTA LA PENA CON MISURE ALTERNATIVE: AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE, DETENZIONE DOMICILIARE E SEMILIBERTÀ, MENTRE LA SECONDA GRANDE FETTA È QUELLA DELLA “MESSA ALLA PROVA”: UN PERCORSO RIPARATORIO CHE SOSPENDE…

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Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

Tra i sette provvedimenti di clemenza firmati nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica - probabilmente gli ultimi del suo settennato - ci sono tre grazie parziali che hanno ridotto le pene di circa un anno ad altrettanti detenuti, i quali potranno così finire di scontare le rispettive condanne fuori dal carcere. 

 

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Entrando nel sistema della «esecuzione penale esterna», i cui numeri hanno superato quelli della popolazione penitenziaria. A fronte di 54.593 reclusi (dati aggiornati al 30 novembre) di cui il 30 per cento in attesa di giudizio definitivo, ci sono (rilevazione del 31 ottobre) 67.792 persone che usufruiscono di misure alternative o sostitutive della pena detentiva, o della «messa alla prova» che sospende il processo. 

 

In sostanza, ci sono più imputati e condannati fuori che dentro le prigioni; un modo per allentare la morsa del sovraffollamento carcerario ma - soprattutto - per applicare la Costituzione che, ricorda spesso la ministra della Giustizia Marta Cartabia, «non parla di carcere ma di valenza rieducativa della pena». E aprire le porte dei penitenziari favorisce il recupero delle persone più che tenerle chiuse. 

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Lo dimostrano non solo i numeri dell'esecuzione esterna, ma anche delle revoche per violazione delle prescrizioni o altri motivi: poche e in costante diminuzione. All'interno della popolazione non detenuta, la quota maggiore (30.591 persone, poco meno della metà) è quella di chi sconta la pena con misure alternative: affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà. 

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Si tratta per lo più di affidamenti in prova (18.612) che per due terzi (11.731) hanno evitato il carcere. Sono condannati a pene inferiori ai quattro anni (limite previsto dalla legge per accedere a questa misura); gli altri (6.881) hanno invece trascorso la prima parte in cella o ai domiciliari e, giunti sulla soglia residua dei quattro anni sono potuti uscire. 

 

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La maggior parte delle sentenze scontate in questo modo riguarda reati contro il patrimonio (29 per cento) e contro l'incolumità pubblica (16,3 per cento); solo l'8,3 per cento è relativo a delitti contro la persona, e ancor meno (3,8 per cento) contro la famiglia, la pubblica morale e il buon costume. Il dieci per cento di questa categoria comprende le donne: una quota molto più alta della percentuale di detenute rispetto ai maschi, ferma al 4 per cento. 

 

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Facendo una distinzione per nazionalità si scopre che il 16 per cento sono cittadini stranieri, che invece rappresentano più del 30 per cento della popolazione detenuta. Ciò significa che per i non italiani c'è una maggiore oggettiva difficoltà a evitare il carcere. La seconda grande fetta dell'esecuzione esterna è quella della «messa alla prova», composta da 23.888 persone. 

 

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Si tratta di un percorso riparatorio e risarcitorio consentito a imputati di reati di scarsa entità che sospende il processo e, se va a buon fine, estingue il reato. In questo modo le persone possono ricominciare a vivere senza passare da una condanna, quindi senza ipoteche penali. Si tratta di provvedimenti che hanno visto una crescita esponenziale negli ultimi anni, passando dai 511 del 2014 ai 23.492 nel 2017 fino al picco di 34.931 nel 2020, e che per la metà riguardano persone con meno di quarant' anni. 

 

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È dunque ai più giovani che si cerca di evitare di entrare nel circuito penale, e fra loro il reato più frequente nel quale sono incorsi riguarda violazioni del codice della strada. Quanto alle tipologie di lavoro svolte, per il 74 per cento sono impieghi «in attività socio-assistenziali e socio-sanitarie», e l'analisi dei dati fa ritenere agli esperti del ministero della Giustizia che «la messa alla prova può effettivamente svolgere una funzione di prevenzione della devianza». 

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Anche per questo la Guardasigilli Cartabia sta dando ulteriore impulso ad accordi e convenzioni con tutti gli enti disponibili per incrementare questa misura; da ultimo quello con il ministero della Cultura per cento posti distribuiti in tutta Italia tra musei, parchi archeologici e biblioteche. 

 

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Tra chi invece è passato da processi e condanne, ci sono 8.685 persone ammesse a sanzioni sostitutive della pena accordate dal giudice al momento del verdetto (quasi tutte per violazioni del codice della strada, e una minima quota per droga). Quella più importante comprende i «lavori socialmente utili», prestazioni gratuite solitamente presso enti pubblici o associazioni di volontariato. Infine, nella popolazione dei condannati non detenuti vanno conteggiati anche i 4.516 in libertà vigilata, e i 112 che usufruiscono della semidetenzione o della libertà controllata.

 

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