IL BOSS ELVIS DEMCE E IL “PRINCIPE” MATTEO COSTACURTA CONDANNATI PER TENTATO OMICIDIO: “IN CARCERE PER 18 ANNI”
Estratto dell’articolo di Andrea Ossino per “La Repubblica – Edizione Roma”
Doveva essere un omicidio organizzato nei minimi dettagli. Ma qualcosa è andato storto, l’esecuzione di Alessio Marzani non è andata in porto e così è fallita la vendetta organizzata contro il 45enne che aveva fatto un’estorsione alla persona sbagliata. La vicenda è terminata come spesso finiscono le storie di malavita: con una condanna. Anzi, con quattro condanne a carico di altrettanti imputati, vittima inclusa.
Il boss albanese Elvis Demce dovrà scontare 18 anni e 6 mesi di carcere, mentre il rampollo della famiglia nobiliare Matteo Costacurta è stato condannato a 18 anni. E poi c’è l’ex giocatore della primavera della Lazio, Alessandro Corvesi, fidato amico di Demce: 14 anni di carcere.
Ancora, il pregiudicato Daniele Gallarello, vittima dell’estorsione e artefice del meccanismo che avrebbe dovuto portare all’omicidio di Alessio Marzani. Secondo i giudici è colpevole e deve trascorrere 15 anni e mezzo in un penitenziario. Dulcis in fundo, la vittima, condannata a 11 anni di carcere per estorsione.
Se l’epilogo è appena stato scritto dai pm Mario Palazzi e Francesco Cascini, per conoscere l’inizio di questa storia bisogna tornare al luglio 2020, quando Marzani esce di prigione e si lamenta di non essere stato sovvenzionato in carcere nonostante avesse lavorato nel campo del “recupero crediti” per Daniele Gallarello. «In 4 anni ho fatto guadagnà i milioni di euro alla gente, m’hanno lasciato tutti in mezzo alla merda, so uscito e ho ammazzato de botte tutti», dice l’uomo.
Detto, fatto: minaccia Gallarello, gli spiega di non aver spifferato il suo nome alle “guardie” e pretende 45 mila euro. In attesa si accontenta di 1000 euro al mese. Gallarello non ci sta. Lo dice all’amico Corvesi, quindi alle orecchie di Demce arriva una richiesta d’aiuto.
il fucile da guerra che la banda di albanesi si era procurata per l'attentato
L’albanese non è un criminale come tanti. Quando lui parla, dice, «è Cassazione», lui è «Dio» ed emette un verdetto: a Marzano «lo mannamo a giocà a briscola e tresette co San Pietro». “San Pietro”, altrimenti detto “Il Principe”: ovvero Costacurta, discendente di una famiglia nobiliare che frequenta i circoli di Polo della capitale, le feste a Porto Cervo e i B&B in zona San Pietro. È lui che materialmente deve uccidere Marzani.
È uno dei migliori uomini di Demce ma fallisce: il commando arriva a destinazione, un motociclista parte a tutta velocità e impugna una pistola, spara, la vittima viene raggiunta da tre pallottole mentre passeggia tra le strade di Acilia ma sopravvive. […]
Durante l’ultima udienza i pm hanno letto alcune chat in cui si prepara l’omicidio. Emerge, dice l’accusa, che Demce potrebbe sapere qualcosa sull’omicidio Diabolik e che in alcune conversazioni abbia insultato il boss Michele Senese. […]
TENTATO OMICIDIO MARZANI 18 ANNI AL NARCOS DEMCE
Estratto dell'articolo di Valentina Errante per "Il Messaggero"
[...] Gli avvocati di Demce, Massimiliano Capuzi e Marco Franco, hanno intanto precisato, in merito all'articolo pubblicato lo scorso 6 gennaio dal Messaggero, che riportava parti della requisitoria del pm Francesco Cascini e riferiva che l'oggetto di alcune frasi delle chat di Demce era il boss Michele Senese, che questo è inesatto.
Demce precisa di «non aver mai espresso i pensieri arbitrariamente attribuitigli» su Senese, che non è menzionato nelle conversazioni, così come Fabrizio Piscitelli, di non aver rapporti con Senese, di non essere lui «né il mittente né il destinatario di quelle conversazioni» e che si tratta solo di «un'interpretazione dell'ufficio della procura».
Tanto che, sottolineano i legali, lo stesso pm nel corso della requisitoria ha precisato, «magari è un'ipotesi nostra». E i legali hanno aggiunto «Resta peraltro ignota la fonte da cui i redattori dell'articolo abbiano ricevuto la trascrizione integrale delle chat riportate».
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