Domenico Agasso Jr per “la Stampa”
Sconcerto e preoccupazione sono gli stati d' animo nella Chiesa, al di qua e al di là del Tevere, dopo la decisione della Consulta che apre al suicidio assistito. Da via Aurelia, sede della Cei, è arrivata prima la reazione a caldo di rabbia e presa di «distanza». Poi ieri, per bocca del segretario generale monsignor Stefano Russo, è stato rilanciato un punto inderogabile: l' inserimento della libertà di obiezione di coscienza nella futura normativa.
Mentre a Casa Santa Marta, residenza di papa Francesco, c' è turbamento su come i temi del fine vita vengono regolati in vari paesi. Compresa ora anche l' Italia. Trapela dall' entourage del Pontefice, e con una conferma inequivocabile nelle dure parole di Bergoglio pronunciate in questi giorni delicati.
papa francesco intervistato in aereo 2
Quando mancavano meno di 96 ore alla riunione decisiva della Corte Costituzionale, il Papa, ricevendo la Federazione nazionale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, affermava senza mezzi termini: «Si può e si deve respingere la tentazione - indotta anche da mutamenti legislativi - di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l' eutanasia».
Una delle chiavi di lettura del pensiero di Francesco, ricorda un suo collaboratore, è nei ripetuti appelli contro «la cultura dello scarto». Per il Pontefice dare la morte o aiutare a raggiungerla sono due strade «sbrigative» di fronte a scelte «che non sono espressione di libertà, quando includono lo scarto del malato come possibilità», o una «falsa compassione» di fronte alla richiesta «di essere aiutati ad anticipare la morte». Altro concetto espresso una settimana fa.
Un alto prelato ci spiega che la difesa della vita è un tema «centrale per il pontificato», e più volte, «al contrario di ciò che sostengono i suoi oppositori della galassia conservatrice, Francesco è stato chiaro e perentorio, anche in modo non diplomatico». Nei sei anni e mezzo di udienze generali più volte ha lanciato moniti e richiami, come quello sulle «vicende di Vincent Lambert e Alfie Evans, dei quali ha citato i nomi: fatto eccezionale nella storia degli interventi papali».
Uno dei problemi che rileva Bergoglio è «l' insufficienza della politica in merito - ci rivela un altro monsignore - in America Latina come in Europa: lasciare in mano a poteri paralleli, seppure legittimi e costituzionali, li porta addirittura a legiferare. Questo avviene perché i politici non si assumono le proprie responsabilità, per motivi soprattutto elettorali».
Dunque il Papa «guarda con grande attenzione a ciò che accade in vari paesi, ed è preoccupato».
E per lui una delle strade da percorrere è il rafforzamento dell' efficacia e della diffusione delle «cure palliative». Certo non lo entusiasma la strategia delle «battaglie per i principi non negoziabili». Il Papa ha ribadito più volte che «la difesa della vita deve essere integrale», perché «non è pienamente corrispondente al Vangelo mettere in atto campagne, giuste e necessarie, come quella contro l' aborto ma senza pensare anche ad altre situazioni in cui si attenta all' esistenza: popoli affamati, bambini soldato, guerre», evidenziano nel suo entourage.
Cultura della morte
Sul versante italiano, per il segretario della Cei con la sentenza delle Corte «si creano i presupposti per una cultura della morte in cui la società perde il lume della ragione».
La Cei invoca «paletti forti». Uno imprescindibile è la garanzia della libertà di obiezione di coscienza: «Il medico esiste per curare le vite, non per interromperle». I vescovi saranno «attenti e vigilanti» nel caso di un passaggio parlamentare. Russo aggiunge che comunque tutto questo non ha creato «una frattura» tra la Cei e le istituzioni.
Nel frattempo insorgono i medici cattolici: «Siamo oltre 4mila e faremo obiezione di coscienza», annuncia Giuseppe Battimelli, vicepresidente della Federazione. Con il sostegno dell' associazionismo, da cui continuano a levarsi disapprovazioni e irritazione. E la rettifica diramata ieri dalla Consulta sembra aggravare la questione: «Ha segnalato come la non punibilità dell' aiuto al suicidio non riguardi solo le sofferenze fisiche ma anche le sole sofferenze psicologiche», così «amplia le letture interpretative delle richieste di aiuto al suicidio», spiega il presidente di Scienza & Vita Alberto Gambino.
Parole durissime arrivano da don Aldo Buonaiuto, della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Ogni totalitarismo intraprende il proprio cammino di morte sopprimendo chi "non serve"». Mentre per Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano Lavoratori, «lascia impietriti la vocazione da Ponzio Pilato dimostrata dal nostro Parlamento al quale non sono bastati 11 mesi per legiferare».