Estratto da “Diario incompleto” di Carla Vanni
mapi, Fleur Jaeggy , lucia, anna vanner carla vanni
Fleur Jaeggy era una delle tre ragazze che avevano vinto il concorso lanciato da “Grazia” tra le sue lettrici. “Grazia” voleva che la moda fosse presentata da ragazze belle ma normali, in un certo senso qualunque, nelle quali le lettrici potessero riconoscersi. Non donne lontane, super sofisticate, lunari, che sembrassero appartenere a un mondo inaccessibile.
Fummo subito contente del risultato. Il concorso aveva avuto molto successo, e dalle immagini che ci arrivavano usciva un’Italia nella quale credevamo e ci ritrovavamo. Fleur, una delle tre vincitrici, era una ragazza introversa, difficile: fin dal primo momento ci accorgemmo che non avrebbe legato molto con le altre.
Così, dato che in quegli anni quando partivamo per i servizi fotografici non avevamo diritto a una stanza singola in albergo, Fleur dormiva con me. Fino ad allora aveva passato gran parte della sua vita in Svizzera, in un collegio di suore con regole precise da osservare, e si capiva subito, quando riuscivi a parlarle, che aveva voglia di libertà. Il concorso di “Grazia” era stata l’occasione per evadere da anni che raccontava come “solitari e duri”.
Me la ricordo benissimo, nella sua camicia da notte bianca, lunga e con applicazioni di pizzo, e con una piccola cuffia per raccogliere i capelli mentre dormiva. Aveva addosso l’impronta della sua vita fino a quel momento. Purtroppo però la sera, provate dalla giornata di lavoro, parlavamo poco. Il nostro unico vero desiderio era dormire.
La fotografa dei servizi era spesso Elsa Haertter, anche simpatica, quando voleva, ma senza dubbio dispotica, e il ritmo delle giornate era pesante. Gli abiti da fotografare erano molti, a volte non stavano bene e bisognava adattarli. Le ragazze erano digiune dei piccoli trucchi del mestiere e spesso era veramente difficile mantenere la tabella di marcia. E Fleur era timidissima. Ma io ho un ricordo affettuoso di quelle nostre giornate di lavoro, tanto che mi dispiacque quando finì il suo contratto.
Fleur Jaeggy Ingeborg Bachmann
Ci saremmo rincontrate dopo parecchi anni. Io ero ancora a “Grazia”, anche se nel ruolo diverso di direttore, lei una scrittrice molto autorevole, sposata con un uomo colto e affascinante, il grande editore Roberto Calasso.
L’ho conosciuta meglio proprio attraverso i suoi libri e ho capito il perché di quel suo modo di essere: non aveva avuto un’adolescenza facile, e si portava dentro il dolore di quegli anni.
Abbiamo continuato a vederci, siamo diventate amiche. E adesso che anche lei è sola da poco, e Roberto Calasso, come mio marito, non c’è più, sarebbe naturale incontrarsi. Ci sentiamo però solo al telefono. Ma più che parole, i nostri sono spazi di silenzio.
ESTRATTO INTERVISTA DI ANTONIO GNOLI A FLEUR
da Repubblica.it - Robinson - Estratto
Hai un nome svizzero. Dove sei nata esattamente?
"A Zurigo. Ho vissuto infanzia e adolescenza nei collegi. Poi a Roma. E infine a Milano".
Di Roma cosa ricordi?
"Mi sono spesso considerata romana. Abitavo in via Lisbona. Frequentavo qualche ragazzo. Andavo a cavallo. Una vita gradevole e insulsa a un tempo. C'erano stati gli anni del collegio. A Roma studiai dalle monache. Presi la licenza media a Villa Pacis. Oggi quel collegio non esiste più. Quasi mi dispiace".
Cosa ti dispiace?
"Vi era qualcosa di gradevole nel buffo di quelle giornate. Baciamano alla madre superiora. Alla badessa si faceva la riverenza scandita in otto tempi. Mi sembra. Poi è finito tutto. Andai a Zug. In un collegio di monache che insegnavano a governare una casa. Dressage per bambine per bene. Tutte le ragazze del collegio volevano fare un grande matrimonio".
E tu?
"Avevo 17 anni. Ero la preferita. Un giorno, con altre ragazze, sfogliando una rivista di moda vedemmo annunciato un concorso per modella".
Partecipaste?
"Sì. La suora ci accompagnò a fare le foto da spedire. Pensavamo a un gioco. In realtà fummo scelte in due. Poco dopo iniziò la mia breve carriera di modella".
Quanto breve?
"Un paio d'anni. Allora la moda non mi piaceva. Firmai un contratto. Cominciai a viaggiare tra l'Europa e gli Stati Uniti".
Sfilavi?
"No. Erano servizi fotografici. Già allora ero poco socievole. Detestavo farmi fotografare. Forse volevo verificare fino a che punto potessi disamorarmi della mia immagine".
Ci sei riuscita?
"Oggi preferisco guardare più i miei pensieri che la mia immagine".
FLEUR JAEGGY DI FRANCO BATTIATO carla vanni diario incompleto Fleur Jaeggy e Franco Battiato Roberto Calasso Fleur Jaeggy
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