Luca Monticelli per “la Stampa”
Il Policlinico Gemelli rischia il default finanziario. Uno dei più grandi ospedali di Roma e d’Italia sta vivendo il momento più difficile dei suoi 56 anni di storia. Ai problemi di sostenibilità del bilancio si affiancano le difficoltà nella gestione della seconda ondata del coronavirus.
La pressione sulla struttura è quasi al livello di marzo e i posti letto in terapia intensiva si stanno rapidamente saturando. Poi ci sono i tanti medici e infermieri positivi, una complicazione che rende tutto ancor più drammatico perché comporta la chiusura temporanea di alcuni reparti per la sanificazione.
«Il contagio avviene prevalentemente al di fuori dell’ospedale e il personale deve quarantenarsi non potendo lavorare», spiega Massimo Antonelli, direttore dell’Unità operativa di anestesia, rianimazione e terapia intensiva. L’impatto terribile che la pandemia sta avendo sui conti è dovuto al crollo dei pazienti ordinari che avrebbero dovuto fare interventi programmati e prestazioni ambulatoriali, appuntamenti rinviati o addirittura vietati dalle Regioni nei mesi del picco. Si tratta di un calo verticale che significa un minor gettito di quasi 80 milioni di euro.
Il direttore generale della Fondazione Policlinico Gemelli, Marco Elefanti, spiega: «Abbiamo fatto uno sforzo straordinario su tutti i fronti garantendo tempestivamente una risposta alle esigenze di offrire spazi, investimenti e volumi di assistenza a pazienti Covid, come e forse più di quanto hanno potuto fare molte strutture pubbliche. Però siamo al paradosso per cui chi è stato impegnato nel tentativo di arginare questa epidemia rischia di arrivare al default in pochi mesi».
Elefanti si rivolge direttamente al governo perché trovi «rapidamente un rimedio, riconoscendo un ristoro economico ai soggetti che per primi dovrebbero essere compensati dal crollo della domanda di prestazioni».
Il Gemelli ha dovuto chiudere quasi tutta l’attività ordinaria per tre mesi e, virus a parte, si è concentrato solo sulle patologie oncologiche e la cardiochirurgia. «Gli ospedali pubblici vengono ripianati, noi no», dice il Dg. Il 16 marzo scorso è nato in tempi record il Columbus Covid 2 Hospital, un Hub del Gemelli interamente dedicato all’emergenza pandemica con 59 posti letto di terapia intensiva e 80 per la degenza dei pazienti meno gravi, ma che adesso non bastano più. Ieri mattina si contavano 65 malati Covid in terapia intensiva (la gran parte intubati e ventilati meccanicamente) su 92 complessivi.
Il professor Antonelli racconta che quando il Columbus è pieno «le persone vengono accolte nella terapia intensiva generale dove, a seconda delle richieste, abbiamo delle stanze isolate a pressione negativa». L’impatto che l’ospedale deve reggere è «importante», ammette, anche perché è necessario lavorare «su casi difficili con un personale che ha bisogno di formazione».
Con un afflusso di pazienti gravi pari al 5% dei positivi e un decorso lungo in terapia intensiva, che dura tra le due e le quattro settimane, è «possibile che quei posti gradualmente tendano a saturarsi». Gli scienziati avevano messo in guardia il Paese dalla recrudescenza dell’epidemia proprio come il dottor Rieux di Camus, nel finale de La peste, non si fida dell’allegria della città che festeggia la vittoria sull’infezione. «D’estate le norme sono state allentate - osserva Antonelli - questo ha aperto la strada a una maggiore diffusione del virus che adesso è difficile da controllare».
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