Carlo Cambi per “Libero Quotidiano”
Torna la Milano da bere, ma è più asciutta e «protestante». E anche banalotta visto che si affida a un distillato incolore, quasi insapore, decisamente ostico da mandar giù così come alambicco lo ha fatto. È il tempo del Gin. Vale questo per quasi tutti i gin, tranne che per il migliore del mondo che guarda caso è italiano.
Molti non lo sanno, ma tra le Dolomiti, all' Alpe di Siusi, Florian Rabanser (con un passato da albergatore) ha messo su una distilleria particolarissima dove produce rum e soprattutto gin. Ebbene il suo «Dol Gin» che è un botanicals eccezionale, è composto da 24 differenti erbe aromatiche di montagna.
Ci ha messo due anni di ricerche per mettere a punto aroma e gusto di questo din d' alpeggio, ma alla fine ha vinto il primo premio alla International Wine & Spirit Competition di Londra, che è il campionato del mondo dei superalcolici.
Anche per i bartender (sono i baristi di una volta) i Brics sono al tramonto. Meglio affidarsi ai paesi più solidi: così anche il cocktail ce lo versa l' Europa. Passata la recente moda caraibica del Mojito - un portato dei villaggi vacanze all inclusive - e del rum da centellinare magari fumando un Cohiba, tramontata del tutto la vodka che ha segnato il post muro di Berlino fino al nuovo secolo, si fa avanti un nuovo (in realtà vecchissimo) modo di bere: né intellettuale, né etnico, semplicemente alcolico. Il motivo? Cerchiamolo.
L' anima di questo distillato di cereali poveri (si usa largamente il mais, talvolta l' orzo, più spesso gli scarti del grano da aromatizzare con le erbe e con le coccole di ginepro che gli danno il nome) è quella di essere un medicinale. Ecco: è un buon antidoto alla depressione latente da crisi.
Così lo creò in Olanda il cerusico Franciscus Sylvius, in cerca di un medicamento per curare gli equipaggi olandesi della Compagnia delle Indie affetti da febbri tropicali. Il gin è sempre stato un liquore povero per i poveri, di alto grado alcolico e protagonista del primo proibizionismo della storia: il Gin Acts adottato a metà del Settecento dal parlamento inglese per arginare l' alcolismo.
Questo bere cheap spiazza chi passava le serate a discutere dei rum agricoli, a disputare tra cognac e calvados o tra burbon o scozzese torbato, tra grappa monovitigno o distillato d' uva. Ora fa tendenza la botta di calore immediata, quasi anonima. Il gin è l' sms del bere forte. Sintetico, poco impegno, immediato e soprattutto impersonale. Sì perché il gin per esistere - e per resistergli - ha bisogno diventare un cocktail.
Ed ecco che il Martini Dry (emblema della Milano da bere, ma prima ancora del boom anni Sessanta) torna a farsi apprezzare, che il Campari Gin è di nuovo sulla cresta dell' onda, mentre i più raffinati riscoprono addirittura l' Albatros (Gin e Cointreau) e a Cortina impazza di nuovo il Gin fizz (andava di moda negli anni Settanta nelle prime discoteche trasgressive: gin, succo di limone, sciroppo e soda) con il suo fratello maggiore Gin Ski.
Ma la grande rivincita è quella del Gin tonic, una roba da Forte dei Marmi anni Sessanta, che si fa col gin e l' acqua tonica. Ed ecco che torna di moda anche la gazzosa al chinino.
Che divide in fazioni gli appassionati dell' happy hour in trasparenza. Ci sono gli scontati che si affidano alla Schwepps che, per coerenza, devono abbinare con un Beefeater, il gin che in etichetta ha le guardie della torre di Londra (ma è di proprietà della Pernod), ci sono i popolari che usano tonic Canada Dry da miscelare con Gordon' s - uno dei gin londinesi più diffusi - ci sono gli originali che abbinano la Tonica Lurisia con il re dei gin, il Tanqueray.
Ma anche in questo genere di beveroni si fanno strada degli specialisti. Così quelli che sono riusciti ad affinare il palato usano miscelare un morbido gin francese Citadelle con una Thomas Enric (tonica o lemon) per ottenere un cocktail che piace molto anche alle signore; altri si buttano su gin molto profumati come il Mahon (viene da Minorca) da allungare con una Fever Tree Indian Tonic;
altri ancora si entusiasmano per il Sea (un ridistillato) che è quasi alcol puro. Molto di moda va anche il gin scozzese che sta facendo concorrenza al whisky (un' etichetta è Blackwood' s Vintage) ma tra i gin preferiti da chi ama bere forte ci sono senza dubbio il Monkey 47, il n° 3 di Berry Bros. & Rudd. Tutti ingredienti della nuova Italia da bere.