Estratto dell’articolo di Fabio Martini per “la Stampa”
MASSIMO D'ALEMA E GIORGIO NAPOLITANO
Massimo D'Alema, a suo tempo il primo "figlio del partito" comunista ad esser diventato capo di un governo italiano, estrae due episodi inediti dalla galleria di eventi che lo videro a fianco di Giorgio Napolitano, col quale peraltro ha avuto anche contrasti politici: «Era il 1998 e quando si pose la questione che io diventassi presidente del Consiglio, Napolitano mi scrisse una lettera personale nella quale non soltanto mi espresse il suo consenso, ma capendo che i Ds non avrebbero potuto tenere anche il Viminale, mise subito a disposizione il suo mandato di ministro dell'Interno. Molti anni dopo, in una mostra su Nilde Iotti, lessi un'altra lettera inedita che lei aveva scritto a Napolitano per complimentarsi del suo nobile gesto e nella quale sosteneva che occorreva aiutare la nuova generazione ad emergere».
Otto anni più tardi accadde che lei e Napolitano vi ritrovaste nel giro di pochi giorni candidati per il Quirinale. In quelle ore foste abili nel tenere sotto traccia un'aspra contesa personale per una carica così prestigiosa?
«No, non è così. Il segretario del partito, Piero Fassino, avanzò pubblicamente la mia candidatura, informando Prodi. Berlusconi, pur esprimendo stima personale, obiettò sul fatto che io fossi molto impegnato nella lotta politica. In effetti trovai che questo argomento non era infondato, ne parlammo con Fassino e insieme decidemmo di proporre la candidatura di Napolitano».
I personalismi erano così ben governati? Non è un'oleografia?
«Non lo è. Quello era un gruppo dirigente di persone che si rispettavano. […]». […] «Nella Direzione del Pci […] C'era una disciplina intellettuale, l'idea di una missione: cose che non esistono più e alle quali ogni tanto mi capita di pensare con qualche nostalgia».
[…] «La generazionale di Napolitano ha vissuto il rapporto con lo stalinismo in modo drammatico. […] Napolitano […] è […] stato il primo dirigente comunista ad aver avuto una cultura anglosassone, compresa una conoscenza assai avanzata della lingua inglese. Quando molti anni dopo come Ministro degli Esteri lo accompagnai in visita di Stato a Washington, nel corso del pranzo alla Casa Bianca col presidente Bush, era indiscutibilmente guardato dai suoi interlocutori come una grande personalità, autorevole».
george w bush e giorgio napolitano
Qual è il filo rosso della lunga vita di Giorgio Napolitano?
«Ha incarnato nella forma più alta il nesso tra il Pci e la democrazia italiana […] Come disse Togliatti: non siamo mai stati un accampamento cosacco, ma una parte del popolo italiano. Napolitano lo ha dimostrato […]».
Era un uomo rigoroso ma anche severo oltre ogni immaginazione…
«Sì, è stato sempre un uomo severo, anche se capace di slanci affettuosi. Quando lui era presidente della Camera, mi ero presentato ad una riunione dei capigruppo vestito in modo un po' trasandato. Un commesso mi consegnò un bigliettino: "Il presidente del maggior gruppo di opposizione non può presentarsi così". Dovetti correre a casa, a cambiarmi. Anche se c'è un episodio indimenticabile di un Capodanno napoletano che lo descrive bene…».
Cosa accadde?
«Nella bellissima casa di Umberto Siola, grande architetto napoletano, alla fine della cena di fine anno vidi Napolitano cantare canzoni napoletane! Assieme a Nino D'Angelo! Ma anche quella sera restò lui: nella baraonda dei mortaretti si sentivano le "bombe Maradona" e lui, che aveva fatto una apposita circolare, si chiese: ma saranno regolari? C'era tutto Napolitano: si abbandonò al canto ma si pose il problema della regolarità dei botti». […]
giorgio napolitano e enrico berlinguer ACHILLE OCCHETTO E GIORGIO NAPOLITANO papa francesco giorgio napolitano 3 ENRICO BERLINGUER E GIORGIO NAPOLITANO