Marco Mensurati per “la Repubblica”
La mattina leggete il vostro quotidiano preferito. Poi, con un buono, fate una colazione da McDonald' s. Salite in ufficio e aprite il software necessario, grazie al codice appena scaricato, accompagnati da un po' di musica su Spotify premium. A pranzo vi presentate nel ristorante vicino, con un buono sconto del 70 per cento.
Poi nel pomeriggio vi rilassate in un' asta online privata, riservata ai possessori di un codice (che voi chiaramente avete ottenuto). Per chiudere la serata il film in pay-tv, la partita, o l' ultima serie tv. O magari una sfida on line alla PlayStation plus o sulla Xbox. Sgranocchiando qualcosa comprata grazie a un buono dei siti delle consegne a domicilio, chiaramente rubato.
Questa potrebbe essere una perfetta giornata "pezzottata", di chi usa cioè il "pezzotto", il decoder illegale che riceve i contenuti piratati.
Una giornata gratis, trascorsa utilizzando codici, stringhe di beni disponibili on line che, dopo essere stati piratati, vengono messi a disposizione gratis o a prezzi irrisori. Alle spalle di chi quei giornali, film, sport o software, li produce e li vende.
Il caso dei quotidiani che ogni giorno arrivano sui telefonini di 500mila italiani grazie alle chat Telegram e WhatsApp, raccontato ieri da Repubblica, ha dato nuova linfa a un' indagine della Guardia di finanza che, insieme alla Postale, monitora da tempo il fenomeno. Su spinta della Fieg, la Federazione degli editori, sono state individuate 15 milioni di pagine web che hanno caricato pagine di quotidiani illegalmente. I siti sono più di duemila mentre i canali ancora aperti su Telegram sono almeno una decina. Pur avendoli individuati e, nonostante le diffide dell' Agcom, continuano a restare aperti: i server sono all' estero - alcuni sono stati individuati in Russia - e quindi sono difficilmente attaccabili da parte della nostra autorità giudiziaria.
«Il tema riguarda i quotidiani ma purtroppo è molto più ampio: tutto è "pezzottabile"» spiegano i poliziotti della Postale. Nella prima giornata di campionato due milioni e 600mila persone hanno visto, illegalmente, gli highlights della serie A in streaming. L' inchiesta condotta dalla Finanza ha individuato venti centri di distribuzione del segnale tra Italia, Germania e Grecia. E già in queste ore si sta arrivando a individuare i cinque milioni di utenti che pagavano 12 euro al mese per avere servizi ( Sky, Netflix) che ne valevano cento. Sono in vendita per pochi spiccioli i dati per ascoltare senza pubblicità Spotify, lo sterminato contenitore della musica mondiale.
On line si distribuiscono, gratis, i buoni sconto per i ristoranti: ci sono le colazioni da McDonald' s, quelli dei siti per gli sconti su pranzi e cene, o magari sulla consegne di cibo a casa. I software per il lavoro - i pacchetti Office, ma anche quelli di gestione, o quelli per il disegno professionale - che possono costare migliaia di euro, sono disponibili a qualche decina: basta digitare un codice di attivazione rubato ed è fatta.
In molti casi però tutto è gratis. Almeno in apparenza. I gestori delle chat (il sospetto è che il business cominci a fare gola alla criminalità organizzata) vendono i dati degli utenti a mercanti specializzati o ad agenzie pubblicitarie in grado di targhettizzare gli utenti e i loro gusti sulla base di quello che scaricano giornalmente.
«Ma quei canali - spiega ancora uno degli investigatori che sta dando la caccia ai ladri di copyright - sono spesso porte per inoculare virus negli smartphone». L' ultima frontiera è quella dei ladri di identità: i nostri documenti vengono piratati e poi venduti su un mercato nero. Dove qualcuno li unisce a carte di credito clonate: si creano profili falsi grazie ai quali, principalmente, si scommette online. Su eventi da guardare su piattaforme illegali, giusto per chiudere il cerchio.
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