Confermata ad Ancona dalla Corte d'assise d'Appello la condanna all'ergastolo con isolamento diurno di 18 mesi per Innocent Oseghale, 32enne pusher nigeriano, per l'omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro, uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018 a Macerata. Le accuse sono omicidio volontario aggravato della violenza sessuale, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere.
"Bravi, grandi". L'applauso di Alessandra Verni, madre della 18enne, ha salutato il verdetto della Corte. Mentre Oseghale stava uscendo dall'aula, scortato dalla polizia penitenziaria, l'uomo ha detto ad alta voce: "Non l'ho uccisa, va bene, capite tutti italiani". "Ci aspettavamo questa sentenza, vista l'aria che tirava", il commento a caldo di uno dei due legali. La difesa ha annunciato il ricorso in Cassazione perche "si sono verificate delle violazioni di legge".
ALESSANDRA VERNI MADRE DI PAMELA MASTROPIETRO
La sentenza è arrivata dopo una lunga udienza dedicata in particolare alle arringhe difensive e alle dichiarazioni spontanee dell'imputato. "Non ho ucciso Pamela", ha ribadito Oseghale ammettendo ' quasi impassibile di averne sezionato il corpo per disfarsene perche' non entrava in una valigia. "Ero sotto shock, confuso, agitato - ha riferito a proposito del sezionamento del corpo, leggendo un foglio manoscritto tradotto da un interprete dall'inglese - ho fatto una cosa terribile... mi dispiace".
Le scuse sono state rispedite al mittente prima dal legale della famiglia, Marco Valerio Verni, zio di Pamela, e poi dalla madre della 18enne romana, sempre presente alle udienze. "Le scuse se le può tenere - ha replicato a margine del processo -. Ha avuto l'ultima possibilità di raccontare la verità e non l'ha fatto. Non gli credo. Andò a comprare la candeggina con un altro, ci spieghi perché...".
innocent oseghale e la compagna michela
Il corpo della giovane venne ritrovato il giorno seguente all'interno di due trolley sul ciglio di una strada a Pollenza, vicino Macerata, dove Oseghale l'aveva lasciato. Accolta dunque dai giudici la ricostruzione della procura generale, rappresentata dal pg Sergio Sottani e dal sostituto Ernesto Napolillo: Oseghale uccise Pamela con due coltellate al fegato dopo aver consumato con lei un rapporto sessuale, approfittando dello stato di fragilità della ragazza - con doppia diagnosi borderline e di tossicodipendenza - scappata il giorno prima da una comunità terapeutica e che aveva assunto eroina procurata proprio per il tramite di Oseghale.
L'omicidio, secondo l'accusa, sarebbe stato il modo per evitare che lei lo denunciasse. In udienza la difesa ha dato battaglia per respingere le accuse di omicidio e violenza sessuale. I difensori hanno contestato le risultanze medico legali e in particolare il fatto che le due ferite da coltello fossero state inferte quando Pamela era in vita. Il 32enne ha sempre sostenuto che Pamela accusò un malore in casa dopo essersi iniettata eroina e che poi morì: lui, preso dal panico, secondo la sua versione dei fatti, smembrò il corpo solo per disfarsene. Opposta la ricostruzione accusatoria che ha delineato il profilo di Oseghale come di una persona incline a mentire, con particolari abilità medico legali, tanto da fare a pezzi il corpo con modalità uniche al mondo tra i casi di criminologia.
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