Stefano Mannoni* per Mf – Milano Finanza - Estratti
BENJAMIN NETANYAHU INTERVISTATO DA ABC NEWS
(…) Il New York Times ha pubblicato ieri i primi sondaggi a un anno dalle elezioni presidenziali nei cinque stati determinanti per la corsa e i risultati sono disastrosi per Joe Biden: Donald Trump guida le preferenze in tutte quante le circoscrizioni. Certo non ci sono solo le guerre a erodere il consenso per il presidente, ma risulta chiaro che la sua base elettorale multirazziale si sta contraendo rapidamente.
Un cambio di passo si impone all’amministrazione Usa e questo spiega con ogni probabilità l’ennesimo viaggio in Medio Oriente del segretario di stato Antony Blinken. Il quale ha resuscitato – è proprio il caso di dirlo – l’ottuagenario presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese per provare a immaginare un futuro per il dopo guerra. Ma è un passo sufficiente? Temo proprio di no.
Hamas, secondo un sondaggio effettuato dall’Università di Princeton prima del 7 ottobre godeva di un basso consenso tra gli abitanti di Gaza: ben 44% degli intervistati non provava alcuna fiducia, mentre il 23% poca fiducia e solo il 29% attestava di averne molta. Senonché Mahmoud Abbas e la sua Autorità non se la cavavano molto meglio. Interpellati su chi avrebbero scelto come possibile presidente solo il 12% lo selezionava tra i candidati. Quanto agli abitanti della Cisgiordania, solo il 19% manifestava fiducia nell’attuale governo di Fatah.
E allora? A mio parere ne discendono un certo numero di conseguenze. La prima è che gli abitanti di Gaza sono le prime vittime di Hamas e non possono pertanto diventarlo due volte – siamo arrivati a 10.000 morti dichiarati – per la sistematica violazione da parte delle forze armate israeliane dei più basici principi di necessità e proporzionalità sanciti dal diritto internazionale umanitario. La punizione collettiva inflitta ai civili, che comincia a innervosire anche gli americani, deve cessare. Si chiamino pure «pause umanitarie», ma esse devono essere implementate con tutto ciò che ne consegue in termini di approvvigionamento della popolazione.
In secondo luogo Benjamin Netanyahu, che aveva posto come punto programmatico del suo governo l’affermazione della sovranità israeliana su «Giudea e Samaria» (sic! Tradotto: Cisgiordania occupata) si deve dimettere insieme ai ministri etnoreligiosi che ha imbarcato nel gabinetto, Ben-Gvir e Smotrich.
Terzo, è necessario immaginare un mandato fiduciario delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea su Gaza e Cisgiordania, strettamente temporaneo, per realizzare quello che si chiama lo State building in aree nelle quali le inadeguate dirigenze palestinesi hanno dilapidato fiumi di denaro in corruzione e armi.
Solo a queste condizioni, la soluzione dei due Stati, rispolverata dal cassetto dopo due decenni di oblio, può sperare di piantare qualche radice profonda.
Stefano Mannoni, professore Facoltà di Giurisprudenza di Firenze.
IL VIDEO MESSAGGIO DI ISMAIL HANIYEH - LEADER DI HAMAS