Alessia Candito per repubblica.it
In sedia a rotelle, ufficialmente malato, ma capace di farsi ombra e sparire. A quasi due anni dall’impensabile fuga dal suo appartamento milanese, Ciccio Pakistan – al secolo, Francesco Pelle, condannato all’ergastolo per la faida di San Luca – fra i primi 30 latitanti più pericolosi è stato catturato.
Latitante di massima pericolosità, dunque e inserito nel programma speciale di ricerca del ministero dell’Interno, Pelle è stato arrestato dagli agenti dalla policia judiciaria portoghese su richiesta della procura antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombadieri. Un risultato arrivato all’esito di indagini che duravano da tempo.
Coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e sostituto Alessandro Moffa, i carabinieri di Reggio Calabria avevano capito che dopo la fuga Ciccio Pakistan si era allontanato dall’Italia, per rifugiarsi all’estero. L’ipotesi, divenuta con il passare dei mesi certezza, era che fosse da qualche parte nella penisola iberica. Poi, nelle ultime settimane, l’inchiesta ha subito un’accelerazione. Il superlatitante è stato scovato in una clinica privata, dove era in cura per il Covid, e immediatamente è scattato il blitz.
Sui dettagli però c’è massimo riserbo, segno che l’indagine procede per individuare tutti i nodi della rete che hanno permesso a Pelle di far perdere le proprie tracce all’indomani della sentenza di Cassazione che lo avrebbe portato in carcere almeno per 30 anni.
Costretto in sedia a rotelle da una lesione alla colonna vertebrale risultato di un agguato che avrebbe dovuto ucciderlo, per motivi sanitari Pelle aveva strappato la possibilità di attendere fuori dal carcere, con solo obbligo di firma e divieto di uscire dopo le 20, l’esito della sentenza.
Ma l’11 giugno del 2019, all’indomani del verdetto della Suprema Corte, i poliziotti di Milano che avrebbero dovuto controllarlo di lui non hanno trovato traccia. Nel suo appartamento milanese, proprio accanto all’ospedale Niguarda che lo aveva in cura, c’era solo la moglie, Annunziatina Morabito, con le valigie pronte per il viaggio verso la natia Africo. Del boss, neanche l’ombra. Per gli investigatori, sicuramente grazie alla rete dei clan di San Luca, intervenuta per “salvare” uno dei suoi capi.