Alberto Mattioli per “la Stampa” - (ha collaborato Roberta Polese)
La storia è talmente pazzesca eppure così compattamente tipica che sembra inventata da un romanziere: due parroci coinvolti in un giro di orge e festini, con contorno di inchiesta giudiziaria (violenza privata e favoreggiamento della prostituzione), sospette malversazioni e vescovo che deve precipitosamente rientrare da una visita alle missioni in Sudamerica. Il tutto nella provincia benpensante e malfacente, nel bianco Veneto e nella cattolicissima Padova, a due passi dalla basilica del Santo. Roba da «Signore e signori», anzi signore e monsignori.
L'INIZIO
Tutto inizia quando una piacente 49enne si presenta ai carabinieri per denunciare Andrea Contin, stessa età, parroco di San Lazzaro. Gergo militare a parte, la querela sembra scritta dal marchese de Sade. La donna rivela di avere una lunga relazione con il presule, e fin qui sono fatti loro e in ogni caso non reati, ma anche che il reverendo la picchiava (dunque, violenza) e la faceva prostituire (ed ecco il favoreggiamento). I militari indagano. E si apre il vaso di pandora. Don Contin nega le botte e la prostituzione, ma confessa la relazione con la signora e altre cinque donne.
LA PARROCCHIA DI SAN LAZZARO DI PADOVA DI DON ANDREA CONTIN
La perquisizione in canonica porta alla scoperta di un'attrezzatura pochissimo sacra: vibratori allineati in ordine di grandezza, fruste, catene, insomma un campionario di oggettistica fetish degno di un pornoshop (molto commentato in città un clamoroso stivalone bianco con tacco a spillo), più tanti video con acrobazie sessuali, anche, come dire?, di produzione propria.
Coperti da etichette con nomi di Papi, compreso un «Luciani II» che lascia particolarmente perplessi. L'inchiesta sembra la sceneggiatura di un film porno. Don Contin avrebbe organizzato orge con trans, avrebbe messo annunci sui siti di incontri, avrebbe regalato alla sua amante-vittima un guinzaglio e una ciotola da animali, l' avrebbe costretta ad adescare i ragazzi dell' oratorio. E ci si limita solo ai dettagli riferibili.
Spunta un altro sacerdote, don Roberto Cavazzana, 41 anni, dal 2005 parroco a Carbonara di Rovolon al posto, ironia della sorte, di un collega spretatosi perché diventato padre. E qui siamo in pieno «Uccelli di rovo». Belloccio, elegante, carismatico, Cavezzana è un George Clooney dei Colli Euganei, popolarissimo fra i fedeli in generale e fra le fedeli in particolare, e già gratificato di una notorietà da rotocalco in quanto assistente spirituale di Belèn, benché poi si fosse rifiutato di celebrarne le nozze con Stefano De Martino perché, dichiarò, «il matrimonio è sacro, non è un carnevale mediatico». Cavazzana ammette tutto e del resto nel suo caso c'è nulla di penalmente rilevante. Contin gli «passava» le sue conquiste e poi o partecipava o assisteva.
La lettera Monta lo scandalo. Si parla di altri sacerdoti coinvolti, almeno due, mentre i giornali locali fanno i conto delle donne: sono 15, anzi 18, no una trentina (e il tassista-Leporello se la ride: «Io mi ero fermato a dieci, devo aggiornare la lista»). I preti coinvolti vengono allontanati, c'è chi dice a Monselice, a Trento, in Croazia, a casa di Dio.
Il vescovo, monsignor Claudio Cipolla, attacca i giornali: «Si gloriano di aver bucato lo schermo a livello internazionale». Però fa leggere dagli altari una lettera ai fedeli: «Mi vergogno, e vorrei chiedere io stesso perdono per quelli che hanno attentato alla credibilità del nostro predicare». Poi ordina ai suoi preti di tacere e di «verificare» i loro comportamenti «soprattutto nel campo della vita affettiva, sessuale e della gestione dei soldi».
Ecco, i soldi. Sono l'ultimo fronte dell' inchiesta. Don Contin non fa solo una vita dissoluta, ma anche dispendiosa. Si concede week-end al mare e cene in ristoranti stellari. Affitta per mille euro un balcone con vista sul Palio di Siena. Va con l'amante a Cap d'Agde, la terra promessa degli scambisti in Costa azzurra. Sfreccia a bordo di una Jaguar rossa da 70 mila euro quando, lontano da Padova, si dà alla pazza gioia spacciandosi per avvocato, la sua professione prima della vocazione. Troppo per i suoi 1.050 euro mensili di stipendio.
Adesso si indaga sui cinque conti correnti dei quali aveva la firma e sui bilanci di Casa Michelino, il centro diurno per anziani che gestiva, un'onlus che gode di sovvenzioni pubbliche, tanto che la Regione ha avviato un' inchiesta.
LE REAZIONI
La città è fra il divertito e lo scandalizzato. Eppure, i due preti erano così stimati che anche adesso non si trova chi ne parli male. Davanti a San Lazzaro, chiesona di periferia fra dignitose villette e orride sopraelevate, un'anziana parrocchiana è indignata: «Tutte calunnie di voi giornalisti, don Contin è una bravissima persona, ci metterei la mano sul fuoco».
L'aspirante Giovanna d' Arco sarà un po' ottimista, ma al bar accanto confermano che il reverendo era popolare e benvoluto: «Molto colto, molto intelligente, faceva delle ottime prediche». Ancora più plebiscitario il consenso per Cavazzana. Il sindaco di Rovolon, Maria Elena Sinigaglia, dichiara al «Corriere del Veneto» che «don Roberto ha ben operato e i cittadini hanno manifestato soddisfazione e affetto nei suoi confronti». Qualche cittadina, ancora di più.
Quanto a Casa Michelino, l'addetto chiude la porta in faccia ai giornalisti. E al telefono una cortese segretaria promette che certo, sì, farà richiamare «ma, capirà, siamo tutti molto provati da questa storia». Al Pedrocchi un' elegante signora attovagliata per il tè è più filosofa: «Cosa vòle che sia, l' hanno sempre fatto. Ma senza dirlo». Eh, già. Viene in mente un vecchio adagio di una Chiesa forse più ipocrita ma certamente più prudente: nisi caste, saltem caute. Se non casto, almeno cauto.