UN INCONTRO TI CAMBIA LA VITA - QUANTE UNIONI E INTRECCI IMPREVISTI HANNO CAMBIATO LA STORIA: SOCRATE E PLATONE, VOLTAIRE ED ÉMILIE DU CHÂTELET, PICASSO E PAUL ÉLUARD, FINO A DAVID BOWIE E LOU REED - CONOSCENZE IMPROVVISE HANNO SPESSO FAVORITO UN NUOVO SGUARDO SUL MONDO. E LA NASCITA DI GRANDI OPERE…

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Gianluca Veneziani per "Libero Quotidiano"

 

il libro filosofia dell incontro il libro filosofia dell incontro

Chissà come sarebbe stata la storia della filosofia, della musica, della pittura e della letteratura se non ci fossero stati quegli incontri. Chissà di quanta bellezza, quanti pensieri originali e quanti capolavori non avremmo goduto.

 

E chissà quanti scambi umani, relazioni amorose o di amicizia, sodalizi artistici, intellettuali o affettivi non avrebbero visto la luce, rendendo così il mondo più povero, meno degno di essere vissuto.

 

Ecco perché è una fortuna che quegli incontri siano avvenuti, segnando uno spartiacque in biografie, opere e arti, a conferma che una persona da sola non può cambiare la storia, ma due insieme possono avere una forza rivoluzionaria.

 

Sulle tracce di quelle unioni generate dal caso o dal destino ci mette lo scrittore e filosofo francese Charles Pépin nell'affascinante Filosofia dell'incontro. La riscoperta di un gesto dimenticato (Garzanti, pp. 238, euro 16), libro bestseller in Francia.

 

socrate e platone 1 socrate e platone 1

L'autore ci fa imbattere in Socrate e Platone il cui incontro ha segnato l'origine del pensiero occidentale e forgiato la nostra civiltà. Il loro fu un incontro reale, di maestro con discepolo, ma anche un incontro letterario, quello del pensatore che rivive, attraverso la finzione di un personaggio, nei libri del suo seguace.

 

Tale rapporto fu decisivo per entrambi: Socrate poté continuare a esistere grazie all'opera di Platone, sennò di lui non sarebbero restate tracce, non avendo lasciato nulla di scritto; Platone poté diventare Platone grazie agli insegnamenti del maestro ma anche alla rielaborazione della sua figura nel personaggio dei Dialoghi.

 

EROS E PENSIERO

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Restando sul piano filosofico, avremmo perso alcune delle maggiori perle di scrittura del '700 se Voltaire non avesse intrecciato il suo destino con quello di Émilie du Châtelet, nobildonna che lo accolse nel suo castello per quattordici anni divenendone amante.

 

L'incontro fisico ed erotico tra i due fu anche un continuo scambio di conoscenza e confronto di due punti di vista speculari: Émilie era una scienziata, aristocratica, femminista ante litteram e ottimista, Voltaire un filosofo, borghese, ironico e pessimista sulle sorti dell'umanità.

 

Ma proprio questo fronteggiarsi con una visione opposta alla sua permise a Voltaire di dar vita al Candido, in cui lui si faceva beffe dell'ottimismo leibniziano - per cui noi viviamo «nel migliore dei mondi possibili» - di cui Émilie era testimone, e allo stesso tempo elevava questa corrente di pensiero alla dignità di contraltare rispetto alla sua filosofia.

 

voltaire e emilie du chatelet 1 voltaire e emilie du chatelet 1

Perché, come scrive Pépin, «si può scoprire il punto di vista dell'altro senza necessariamente farlo proprio». E che dire dell'incontro, sentimentale, passionale e intellettuale, tra lo scrittore Albert Camus e l'attrice Maria Casarès, figlia del capo della Repubblica spagnola, esiliata in Francia dopo l'avvento al potere di Franco?

 

L'irruzione di lei nel cuore e nella mente di lui consentì a Camus di mutare lo sguardo, aprirsi alla vita e dirle di sì, con una conversione filosofica. «Sei entrata per caso in una vita di cui non andavo fiero, e da quel giorno qualcosa ha cominciato a cambiare. Respiravo meglio, odiavo di meno, ammiravo liberamente ciò che meritava di essere ammirato. Con te ho accettato più cose. Ho imparato a vivere», scriveva lui ricordando il loro primo incontro il 6 giugno 1944, giorno dello sbarco alleato, che divenne il loro D-Day.

 

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Fu anche grazie a quel loro ritrovarsi che Camus partorì L'uomo in rivolta, opera pregna di spirito pugnace, proprio di chi, in nome di una ragione intima e alta, ha la forza di lottare contro ogni ingiustizia.

 

Una rivolta portò nella vita di Pablo Picasso la conoscenza col poeta Paul Éluard, che segnò l'inizio del suo percorso "impegnato" da artista. Senza l'intesa amicale con quell'uomo idealista e pacifista, Picasso non avrebbe mai realizzato Guernica, la sua opera più celebre, capolavoro di denuncia politica nutrito di tragica bellezza.

 

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Diversi ma altrettanto luminosi orizzonti di creatività schiuse a Mick Jagger e Keith Richards il loro incontro fortuito nel 1960, sulla banchina di una stazione scalcagnata nei sobborghi di Londra: poche battute scambiate sui dischi di Chuck Berry e la decisione di strimpellare qualcosa a suon di rhythm and blues significarono una svolta radicale nella storia del rock.

 

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A suon di note avvenne anche l'incontro tra altri due giganti del suono, David Bowie e Lou Reed. Il primo, già affermato, sognava di conoscere dal vivo la sua fonte di ispirazione, quel Lou che lo aveva estasiato con la sonorità dei suoi Velvet Underground.

 

lou reed e david bowie 2 lou reed e david bowie 2

Ma Reed in quel periodo era piuttosto male in arnese, aveva quasi chiuso con la musica e si guadagnava da viver svuotando bidoni della spazzatura. Stava quasi per rinunciare all'incontro, si sentiva stanco, depresso, ma decise di andarci.

 

E quel drink bevuto insieme al Duca Bianco in un club di New York avrebbe consentito a Lou Reed di incidere Transformer, album prodotto da Bowie, uno dei più belli mai ascoltati nel '900.

 

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Esistono alcuni elementi comuni in queste confluenze e sovrapposizioni di storie, tali da configurare una sorta di filosofia dell'incontro. Per cominciare, ci dice Pépin, un incontro non è mai un mero incrocio: quest'ultimo è un imbattersi casuale che non lascia tracce, il primo significa invece turbamento, vertigine, è uno scompiglio e spesso anche uno scontro, comunque qualcosa che devia il nostro cammino e amplifica la nostra visione, permettendoci di guardare il mondo (anche) con gli occhi dell'altro.

 

Ma ciò non vuol dire che incontro sia integrazione, assimilazione o fusione dell'uno nell'altro fino alla scomparsa: incontrarsi è piuttosto completarsi nella diversità, mantenendo la rispettiva identità, è il percorso di due rette che procedono a fianco, nella stessa direzione, con convergenze parallele che non prevedono mai l'annullamento reciproco.

 

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L'ISOLAMENTO

E incontro vuol dire soprattutto, aspetto quanto mai vero dopo l'isolamento da pandemia, uscita dalla prigionia del sé, apertura alla dialettica hegeliana che prevede antitesi prima di giungere alla sintesi, disponibilità a quella che Pépin chiama «filosofia dell'azione»: perché sì, esiste il caso, ma si tratta di provocarlo, di stimolarlo, di far operare il libero arbitrio, il che implica le decisione di rompere le abitudini, mettersi in gioco, tirarsi fuori dal proprio egocentrismo e dalle proprie pareti domestiche.

 

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Solo allora si sarà predisposti a incontrare l'altro, lasciandosi aperti alla possibilità che le cose accadano, come una grazia, un miracolo. A volte si tratta anche di incontri brevissimi ma decisivi, come quello raccontato nel film I ponti di Madison County, dove Francesca, casalinga interpretata da Meryl Streep, e Robert, fotografo nei cui panni c'è Clint Eastwood, si incontrano casualmente e vivono quattro giorni di passione intensissima tali da consentire a ciascuno di conoscere l'altro in pienezza ma anche di conoscere se stessi in modo del tutto nuovo.

 

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«Non mi riconosco più, ho l'impressione di non essere più me stessa», dirà Francesca. «E, allo stesso tempo, non sono mai stata tanto me stessa come oggi». Questi sono gli incontri fatali, destinati a durare una vita, e forse anche oltre.

 

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