INIEZIONI LETALI - MORTI IN OSPEDALE, “NESSUNA PROVA CONTRO L’INFERMIERA DI PIOMBINO”, IL TRIBUNALE DEL RIESAME STRONCA LE CONCLUSIONI DEGLI INVESTIGATORI: “PERCHÉ L’INIEZIONE LETALE DOVREBBE AVERLA FATTA LEI E NON ALTRI?” - “LE FRASI INTERCETTATE ERANO SFOGHI, NON AMMISSIONI” - - -

Ci si aspettava una stroncatura dell’indagine, visto che l’unica sospettata era stata rimessa in libertà. Ma a leggere le motivazioni nero su bianco il provvedimento appare ancora più duro - I giudici smontano le conclusioni degli investigatori pezzo dopo pezzo: Gli indizi raccolti non sono connotati da gravità, precisione e concordanza”...

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Michele Bocci per “la Repubblica”

FAUSTA BONINO FAUSTA BONINO

 

Intercettazioni non rilevanti, nessuna certezza sui tempi di somministrazione dell’eparina, assenza di una consulenza tecnica. Ci si aspettava una stroncatura dell’indagine della procura e dei Nas di Livorno sui morti all’ospedale di Piombino da parte del Tribunale del riesame di Firenze, visto che l’unica sospettata era stata rimessa in libertà. Ma a leggere le motivazioni nero su bianco il provvedimento appare ancora più duro.

 

I giudici smontano le conclusioni degli investigatori pezzo dopo pezzo per arrivare a dire che gli elementi indiziari raccolti «non sono connotati da gravità, precisione e concordanza».

 

FAUSTA BONINO FAUSTA BONINO

Per questo Fausta Bonino è stata rimessa in libertà dopo la custodia cautelare in carcere. Il tribunale fiorentino ci ha messo tutti i trenta giorni di legge per scrivere e rileggere le quindici pagine dell’ordinanza, notificata ieri. Non ci sono ragioni, al momento, perché Bonino resti in carcere ma è assodato che ci sia stata «una somministrazione volontaria di eparina».

 

Non c’è malasanità dietro alle 13 morti dovute ad emorragie provocate da uno scompenso della coagulazione nel piccolo ospedale di Piombino tra il 2014 e il 2015. È stato un fatto doloso, almeno, sottolineano i giudici, per quattro casi, quelli dell’anno scorso, cioè quando la Asl si era insospettita e sono state fatte le analisi del sangue ai pazienti. E in un passaggio, riferendosi a un caso del 2014, il tribunale chiede: «Perché l’iniezione letale dovrebbe averla fatta Bonino e non altri?».

 

FAUSTA BONINO FAUSTA BONINO

Il Riesame ricapitola le accuse, basate intanto sul presupposto che Bonino era l’unica sempre presente in orari compatibili con il manifestarsi dei primi sintomi dello scoagulamento. «La somministrazione di eparina sarebbe sempre avvenuta nel turno pomeridiano e la Bonino effettua da sempre turni su 5 giorni rispetto ai 3 dei colleghi.

 

Durante le sue assenze dal servizio per ferie o malattia non si era verificato alcun decesso e così è stato anche dopo il suo allontanamento dal reparto il 24 novembre 2015». Ma il tribunale ha ricostruito uno a uno tutti i casi rilevando come, ad esempio per Angelo Ceccanti, uno dei morti dell’anno scorso, «allo stato non è appurato con ragionevole certezza il tempo di somministrazione dell’eparina».

 

AVVOCATO CON FAUSTA BONINO AVVOCATO CON FAUSTA BONINO

Più o meno la stessa formula si ripete per altri tre decessi del 2015, mentre gli 8 del 2014 sono passati brevemente in rassegna. Allora non furono fatti esami del sangue ai malati poi morti di emorragia. Per questo il nesso tra la presenza di Bonino e i decessi è molto più labile. Talvolta, come per Terside Miliani, caso che risale al giugno del 2014, i problemi di incoagulabilità sorgerebbero prima dell’inizio del turno dell’infermiera sotto accusa.

 

Infine c’è un decesso, quello di Marcella Ferri, certamente non provocato dall’eparina, ma forse nemmeno connesso all’iniezione fatta dall’infermiera di fronte al figlio della paziente, visto che la donna è morta di infarto. Le incertezze sugli orari di iniezione del farmaco, sulla tipologia di pazienti, sul sorgere dei primi sintomi e sull’arrivo delle morti per emorragia sono tali che i giudici sostengono la necessità di una consulenza medico legale, che tra l’altro risulta essere già disposta.

 

FAUSTA BONINO FAUSTA BONINO

Poi ci sono le intercettazioni, che secondo il gip completerebbero l’accusa «rivelando un soggetto volto a capire gli esiti delle indagini e anche a condizionarle. In realtà - è la lettura del Riesame - da tali intercettazioni traspare a momenti un senso di impotenza, la sensazione di accerchiamento, la rabbia per essere stata sacrificata dalle colleghe e comunque non sono in alcun modo rilevanti posto che la Bonino era consapevole di essere intercettata». Durante le indagini, infatti, l’infermiera è stata sentita varie volte dai carabinieri.

 

Nell’ordinanza c’è anche un passaggio inquietante, la cui importanza dovrà essere valutata. I giudici ricordano come l’inchiesta citi una dottoressa del policlinico di Careggi di Firenze esperta di coagulazione alla quale già 3 o 4 anni fa un collega di Piombino aveva confidato di essere preoccupato «per la ricorrenza di inspiegabili scoagulamenti ».

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