1 – LA TAGLIA USA DA 10 MILIONI E IL «RIFUGIO» LIBANESE: UN NEMICO MOLTO TEMUTO CONSIDERATO VICINO ALL’IRAN
Estratto dell’articolo di Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Saleh al-Arouri era nella lista di morte. Lo sapeva bene. Israele lo aveva indicato più volte come uno dei possibili bersagli della campagna per eliminare i vertici di Hamas all’estero. E lui non si nascondeva, contava probabilmente di essere protetto a Beirut, con l’aiuto degli Hezbollah filoiraniani.
Considerato tra le principali figure dell’ufficio politico, originario della Cisgiordania, 57 anni, ha assunto un doppio ruolo. Il primo pubblico, viaggiando tra Turchia, Libano, Qatar, rilasciando interviste, facendo annunci sempre dai toni duri. […]
Più discreta ma concreta la seconda missione in collegamento con la leadership dell’interno della Striscia, in particolare Yahia Sinwar e Mohammed Deif, lo stratega delle Brigate Ezzedine Al Qassam. Alcuni analisti lo hanno messo in contrapposizione ad altri personaggi, giudizi non sempre netti, non di rado tentativi di seminare tempesta tra i ranghi dei miliziani. Un profilo comunque sempre rilevante, un nemico temuto dallo Stato ebraico e dagli Usa.
ATTACCO ISRAELIANO A BEIRUT - UCCISIONE DI SALEH AL-AROURI
Che, dopo la crisi di Gaza, avevano alzato la taglia sulla testa di Al-Arouri da 5 a 10 milioni di dollari presentandolo come l’anello di congiunzione tra la diaspora e il braccio militare, con una visione molto vicina (dicevano) a quella dell’Iran rispetto all’ala «pragmatica».
[…] Il premier Netanyahu, la Difesa e l’intelligence hanno promesso di fare ciò che è avvenuto. Gerusalemme ha formato una task force ribattezzata Nili per dare la caccia agli avversari, ha unito le conoscenze dello Shin Bet, del Mossad e dell’intelligence militare per agire nei Territori palestinesi e in qualsiasi Paese della regione.
SALEH AL AROURI, ZIAD AL NAKHALAH E HASSAN NASRALLAH - VERTICE TRA HAMAS, JIHAD ISLAMICO E HEZBOLLAH
Ha usato fondi estesi per reclutare spie ed ha evocato una «nuova Monaco» alludendo alla lunga vendetta contro i presunti responsabili della strage ai Giochi Olimpici in Germania nel 1972. Una storia mai finita.
Dopo la guerra al Fatah, è iniziata quella a Hamas e Jihad, con tattiche simili, operazioni vicine e lontane. A Dubai, in Tunisia, in Malaysia e a Gaza. Nuovi omicidi mirati, nuovi elenchi di target, altri ordigni, raid aerei, sicari. Infatti i Paesi amici della fazione islamica hanno preso sul serio le dichiarazioni di Netanyahu.
La Turchia, dove Al-Arouri era di casa insieme ad altri militanti, ha reagito eseguendo retate (l’ultima martedì) di presunti «collaboratori» del Mossad e ha minacciato ritorsioni pesanti. Il Qatar, importante per le trattative diplomatiche, avrebbe chiesto a Gerusalemme di non toccare i suoi ospiti. E allora non è strano che il fendente sia arrivato a Beirut, da sempre arena insanguinata, con uno Stato debole e condizioni favorevoli.
BENJAMIN NETANYAHU VISITA I SOLDATI ISRAELIANI NELLA STRISCIA DI GAZA
Fu così anche dopo Monaco e per anni. L’eliminazione di Al-Arouri è una ferita seria per Hamas, anche se la fazione è abituata alle perdite. Anzi, le prove difficili l’hanno rinforzata, tra retorica del martirio e desiderio di non cedere di un millimetro. Allo stesso tempo è un segnale per l’Hezbollah, realtà dominante in Libano e partner solido dei palestinesi. Il drone killer ha scovato il bersaglio nel suo feudo.
2 – LA FINE DI AL-AROURI ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA L’IRAN E I MILIZIANI
Estratto dell’articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
ATTACCO ISRAELIANO A BEIRUT - UCCISIONE DI SALEH AL-AROURI
Saleh al Arouri era l’uomo delle connessioni: con l’Iran, con gli Hezbollah libanesi, con la Cisgiordania che sognava di portare sotto il governo di Hamas, finalmente riappacificata con Fatah grazie alla lotta armata. L’hanno ucciso ieri, insieme ad altri cinque funzionari di Hamas, tutti comandanti militari, secondo le informazioni finora disponibili.
E lo hanno fatto a Dahieh, il quartiere di Beirut Sud roccaforte di Hezbollah, dove Arouri cambiava spesso nascondiglio, ma si muoveva tutto sommato in sicurezza. Forte non tanto della protezione del controspionaggio dei miliziani, ma di quell’equilibrio di deterrenza con il partito di Dio che Israele ora sembra voler riscrivere.
Netanyahu l’aveva promesso: colpiremo i leader di Hamas ovunque nel mondo, non importa quanto ci vorrà, come Golda Meier fece per vendicare il massacro alle Olimpiadi di Monaco del 1972. All’operazione “Ira di Dio” servirono due decenni per eliminare tutti i responsabili palestinesi di quell’attacco.
Ma questa è una guerra, e l’assassinio di Dahieh rischia di alterare il fragile equilibrio che finora ha evitato un conflitto regionale su vasta scala.
Arouri era la “nuova” Hamas. […] Era di fatto il vice di Haniyeh, numero due del Politburo che aveva voluto fortemente per sottrarre il movimento palestinese alla leadership solitaria. Ed era il teorico della “convergenza delle arene”, una strategia mirata a rompere la separazione tra Cisgiordania e Gaza, collegandole in un’alleanza più larga con l’asse sciita.
LLOYD AUSTIN - BENJAMIN NETANYAHU
Dopo la rottura del 2014 tra Hamas e Hezbollah, schierati su opposti fronti nella guerra civile siriana, era stato proprio Arouri a ricucire con Teheran e con Nasrallah. All’epoca passava molto del suo tempo a Istanbul.
Una foto del 2019 ne racconta l’ ascesa: è a Teheran e consegna all’ayatollah Khamenei un bassorilievo della moschea di Al Aqsa, come il nome che i miliziani di Hamas hanno dato al massacro del 7 ottobre (“Tempesta di Al Aqsa”). Si dice che Arouri fosse tra i pochi leader del gruppo all’estero a sapere in anticipo dell’operazione ideata dall’amico Sinwar, ex compagno di cella nelle prigioni israeliane. Certo la mattina di quel sabato nero fu il primo a incontrare Nasrallah.
[…] Per oggi era atteso un discorso di Nasrallah, nel giorno dell’anniversario dell’uccisione del generale iraniano Soleimani per mano americana, ma non è certo che ci sarà. Finora il Partito di Dio ha mantenuto la sua risposta alla guerra di Israele a Gaza dentro il perimetro di un conflitto d’attrito a bassa intensità, circoscritto a pochi chilometri oltreconfine.
L’operazione di Dahieh cambia il quadro, è una «chiara violazione da parte di Israele delle regole di ingaggio, una incursione profonda in territorio libanese», dice Amal Saal, analista esperta di Hezbollah. Ad agosto Nasrallah aveva avvertito che qualsiasi omicidio non solo di funzionari di Hezbollah ma anche di personalità palestinesi o iraniane sul suolo libanese non sarebbe stata tollerata.
«Hezbollah reagirà con un’escalation proporzionata alla portata dell’assassinio israeliano per ripristinare l’equilibrio della deterrenza, ma credo che rimarrà a un livello “sotto-soglia”, cioè senza una guerra totale». Forse a Gerusalemme il calcolo è stato proprio questo, che la risposta del partito di Dio non sarebbe stata tale da costringere Israele a entrare in guerra contro Hezbollah. […]
netanyahu biden ANTONY BLINKEN - BENJAMIN NETANYAHU