Margherita De Bac per corriere.it
Professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, nell’ultimo rapporto sullo stato dell’epidemia l’Italia viene definita «a basso rischio». Però aumentano casi e focolai.
Qual è la verità?
«La situazione non è critica ed è sotto controllo. Non smetteremo mai di ricordare in modo ossessivo che i comportamenti virtuosi individuali sono fondamentali. Panico e terrore non hanno senso in questa fase anche se dobbiamo ascoltare i campanelli di allarme».
Dunque c’è allarme?
«Allerta più che allarme. Sei regioni tra le più popolose hanno un Rt (indica il numero di contagi generato da un individuo infetto, ndr) superiore a 1. Un monito. Il ruolo dei servizi territoriali è cruciale perché il veloce tracciamento dei casi permette di contenere i focolai».
Dobbiamo fidarci quando ci dicono che i focolai vengono chiusi e tutti i contatti del cosiddetto «paziente zero» rintracciati?
«Il sistema nel complesso sta dando segnali di assoluta affidabilità. Non si può escludere che alcuni contatti sfuggano alla rete di sorveglianza, però non ci sono aree di criticità organizzativa. Anche l’aumento dell’Rt non era inatteso, si sapeva che i valori si sarebbero incrementati. Ed era prevedibile che la curva non sarebbe scesa subito. È importante che si sia stabilizzata considerando la ripresa di tante attività».
L’Italia sta facendo bene?
«È la migliore in Europa. Guardiamo cosa sta succedendo a Barcellona, colpita da 700 contagi. Una città più piccola di Roma e meno complicata dal punto di vista della densità abitativa. L’auspicio era di trovarci a metà luglio con un maggiore riduzione di casi e di essere promossi con voti alti. La piena sufficienza soddisfa».
A proposito di voti. La scuola riaprirà?
«La scuola non è una delle priorità, è la priorità con la P maiuscola. Si farà il massimo sforzo per riaprirla».
Perché i pazienti gravi o in terapia intensiva sono drasticamente diminuiti?
«Non certo perché il virus sia meno aggressivo. È vero, vediamo sempre meno malati gravi, ma dal 29 giugno al 12 luglio su 2.762 positivi ne sono morti 14. Dunque Sars-CoV-2 non ha perso vigore, continua a far male. Riusciamo, questo sì, a identificare prima i contagi. Oggi tra comparsa dei sintomi e diagnosi passano 1-2 giorni rispetto ai 5 di marzo».
Bambini e giovani meno a rischio, come mai?
«Sono tre i fattori protettivi dei giovani. Sono dotati di immunità naturale più efficiente, hanno la capacità di sviluppare velocemente anticorpi contro organismi nuovi e in più nel loro sistema respiratorio sono espresse in minore misura rispetto agli adulti le molecole ACE 2, vale a dire i recettori che permettono al virus di attaccare le cellule. I due terzi dei giovani contagiati sono asintomatici o con sintomi lievi. Possono però infettare gli adulti».
Tanti ragazzi stanno partendo per le vacanze, spesso in comitive che si ritrovano negli stessi posti. Cosa raccomandare?
«Divertitevi da responsabili. Non scambiate bicchieri, no assembramenti, indossate le mascherine dove serve, quando attorno c’è troppa gente ammassata. Fatelo per voi stessi, per gli altri e in memoria di 35.000 morti. Aiutateci a impedire al virus di ripartire».
Concluso lo studio nazionale con i test sierologici?
«Solo la metà dei cittadini che prevedevamo di testare hanno aderito al programma, quindi 75mila. Ne trarremo ugualmente informazioni utili per capire quanto il virus è circolato in Italia e il tasso di letalità.
Credo che molti non abbiano accettato di partecipare perché la proposta è arrivata a maggio, quando la sensibilità, anche emotiva, era calata. Spero che il Paese non commetta l’errore di perdere la memoria storica di quello che è accaduto. Aderire allo studio sarebbe stato un gesto di grande sensibilità civica».