Estratto dell'articolo di Samuele Finetti per www.corriere.it
Percentuali di reclute che terminano l’addestramento in picchiata. Casi di esaurimento fisico e nervoso che i medici non curavano. Giovani soldati spinti all’utilizzo di sostanze illegali pur di stare al passo con le esercitazioni, rese sempre più massacranti dagli istruttori.
Che diventare un Navy Seal, ovvero entrare nel più speciale dei corpi speciali delle Forze armate statunitensi, non fosse una passeggiata di salute era noto. Ora, però, un rapporto della Marina Usa si spinge oltre: il percorso verso l’ammissione nel selezionatissimo team metteva seriamente a rischio la vita dei cadetti.
L’indagine interna è partita dopo che lo scorso settembre il New York Times aveva svelato cosa significasse prendere parte alle settimane di addestramento nella base navale di Coronado, vicino San Diego: lunghe ore di immersione nelle fredde acque dell’Oceano, privazione del sonno, percosse e divieto di rivolgersi ai medici (che in alcune occasioni colpivano loro stessi le reclute) [...]
Alcuni mesi prima, nel febbraio del 2022, il 24enne Kyle Mullen era morto durante il corso. A causa delle ore trascorse in acqua si era ammalato di polmonite, ma né i medici né gli istruttori lo avevano aiutato e, quando aveva iniziato a mostrare serie difficoltà a respirare, i dottori avevano ripetuto più volte ai suoi compagni di non chiamare il 911.
Mullen si era sentito male alla fine della «Hell week», la «settimana infernale», ovvero la parte più dura dell’addestramento. Il sito navyseals.com la descrive così: «La Settimana infernale consiste in 5 giorni e mezzo di addestramento operativo freddo, umido e brutalmente difficile con meno di quattro ore di sonno. Mette alla prova la resistenza fisica, la durezza mentale, la tolleranza al dolore e al freddo, il lavoro di squadra, l’atteggiamento e la capacità di svolgere il lavoro in condizioni di forte stress fisico e mentale e di privazione del sonno. Soprattutto, mette alla prova la determinazione e il desiderio».
Nel corso degli anni, è stata confermata la morte di 11 reclute. Le percentuali di ammissione si sono sempre aggirate attorno al 30 percento. Fino a quando, nel 2021, una nuova squadra di istruttori ha preso le redini del corso. La percentuale è scesa sotto il 10 percento, ma la cosa non li ha preoccupati: l’importante era che il corso rimanesse duro. «Zero va bene come numero, dobbiamo mantenere lo standard», avrebbe detto il comandante del gruppo, convinto che il calo fosse dovuto alla «mollezza» dell’attuale generazione di reclute.
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Negli ultimi mesi, gli istruttori sono stati sostituiti. Otto di loro, tra cui il direttore del reparto medico, sono stati riassegnati ad altri ruoli per aver «fallito nel portare a termine i propri compiti». Su altri sono in corso indagini delle autorità legali interne della Marina, che potrebbe punirli. [...]
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