“ANDARE A FESTEGGIARE I 72 ANNI AL RISTORANTE SIGNIFICA CHE SI RISCHIA DI CELEBRARE UN FUNERALE” - IL PRIMARIO DELLA RIANIMAZIONE DI BERGAMO, LUCA LORINI: “DOBBIAMO ISOLARE GLI OVER 65. SU 36MILA MORTI DELLA PRIMA ONDATA, 33MILA APPARTENEVANO A QUELLA FASCIA - NON ABBIAMO ANCORA VISTO L’ONDATA, I NUMERI SALIRANNO. IL MIO SUGGERIMENTO È TENERE SEPARATE LE PERSONE FRAGILI DALLE ALTRE”

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Giuliana Ubbiali per www.corriere.it

 

luca lorini 2 luca lorini 2

Lo aveva detto e così è stato: il virus è tornato a colpire. «Quando, a luglio, abbiamo festeggiato l’ultimo paziente in Terapia intensiva dissi che fino al vaccino avremmo dovuto convivere con il Covid e che questo ci avrebbe obbligato a mantenere le precauzioni, dalle mascherine all’evitare assembramenti».

 

Durante la pandemia, Luca Lorini ha aggiornato, messo in guardia, suggerito indicazioni. Direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza e Area critica dell’ospedale Papa Giovanni, Lorini suggerisce una scelta forte per evitare una nuova strage dei più fragili: «Isolare gli over 65».

 

Siamo solo all’inizio?

«I numeri non sono minimamente vicini a quelli di marzo, tenendo però conto che allora non si facevano i tamponi se non ad alcune categorie. Le persone che arrivavano in ospedale e avevano bisogno di terapia intensiva erano 5-10 volte più di oggi».

CORONAVIRUS - BARE A BERGAMO CORONAVIRUS - BARE A BERGAMO

 

I contagi aumentano: come vanno letti questi dati?

«Sono contrario al numero giornaliero dei contagi, va valutato l’andamento come minimo settimanale e bisogna capire se la curva si alza con lo stesso grado. Ma i dati che contano sono il numero dei morti e il numero degli accessi in terapia intensiva».

 

In terapia intensiva al Papa Giovanni i pazienti sono saliti in fretta da sette a dieci (ieri sono scesi a a sei).

coronavirus terapia intensiva bergamo coronavirus terapia intensiva bergamo

«Ne avevamo cento in un giorno. I nuovi ricoverati hanno dai 45 agli 83 anni. Ora riusciamo a prendere i pazienti prima perché arrivano loro prima, autonomamente o in ambulanza».

 

Mesi fa sarebbero rimasti a casa perché non c’era posto o i non gravi di oggi potrebbero essere curati a casa ma vengono in ospedale per sicurezza?

«Il sovraffollamento e la paura di andare in ospedale possono aver influito mesi fa. Quello che mi interessa è che ora abbiamo il vantaggio di vedere prima i pazienti. Teniamo poi conto che, su 9 che arrivano, 7 li rimandiamo a casa perché non hanno bisogno del ricovero».

 

reparto di terapia intensiva brescia 4 reparto di terapia intensiva brescia 4

Se tornasse l’ondata, questi accessi intaserebbero l’ospedale. Non sarebbero da medicina del territorio?

«Altroché, ma non metti a posto un sistema da giugno a settembre. Serve un piano di investimenti e strategico che richiede anni».

 

Cosa si aspetta per i prossimi mesi?

«Non abbiamo ancora visto l’ondata, i numeri saliranno. Il mio suggerimento è tenere separate le persone fragili dalle altre».

 

coronavirus terapia intensiva bergamo coronavirus terapia intensiva bergamo

Come, in concreto?

«Isolare gli over 65 anni. Non dico chiudersi in casa, ma per esempio uscire per una passeggiata sì, andare al supermercato no. Mi baso sui dati: dei 36.000 morti della prima ondata, 33.000 appartenevano a quella fascia. Se fossimo stati capaci di proteggere questa generazione, non avremmo avuto tutti questi morti».

 

Dal tono, sembra segnato.

«Non voglio rivedere tutti quegli anziani che non ce la fanno. Se salviamo quella generazione, già decimata, salviamo la memoria storica. Su 100 pazienti di 75 anni, ne abbiamo persi il 35-40%».

CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA

 

Si chiederebbe di nuovo agli anziani di isolarsi, alle persone più sole.

«Ma è l’unico modo per tutelarli. Si chiede loro un sacrificio di cinque settimane, ipotizzo. Altrimenti rischiamo che fra tre settimane ci sia un lockdown totale».

 

Che poi il problema sono più i contatti con i figli che vanno al lavoro e i nipoti.

«Si dice “lasciate che i figli continuino la loro vita e vadano al lavoro, perché devono, ma non incontrateli. E il nipotino a scuola non lo portate voi”. Dico una frase forte: andare a festeggiare i 72 anni al ristorante significa che si rischia di celebrare un funerale. Non va vissuto come un gesto di costrizione ma d’amore. Il motto “nessuno incontri nessuno” diventa “nessuno incontri nessuno se ha almeno 65 anni».

ANZIANI E CORONAVIRUS ANZIANI E CORONAVIRUS

 

E gli altri?

«Comincio a togliere la fascia over 65. I giovani spesso si contagiano senza saperlo, quindi salvo eccezioni ora non sono una preoccupazione. Gli sportivi, anche, spesso scoprono di essere positivi perché sottoposti al tampone nelle dinamiche dalla squadra. Mi rimane una fetta di popolazione che posso gestire bene. Se arriva un 45enne e lo devo anche intubare, rimane in terapia intensiva una settimana, passa in sub-intensiva e dopo una settimana torna a casa. Parlo al netto delle eccezioni e a meno che la curva dei casi non impenni».

coronavirus terapia intensiva roma 2 coronavirus terapia intensiva roma 2

 

Non si rischia che passi il messaggio “ma per i più giovani è meno pericoloso”? Era stato lei a mettere in guardia.

«Gli anziani erano morti, iniziavano ad arrivare i 45enni. Era un altro momento, volevo comunicare che il virus non colpiva solo loro».

 

Il coprifuoco?

«Come si dice a Bergamo (tenta con il dialetto, ndr)? Piuttosto di niente meglio piuttosto. È un segnale, ma prodromico a vedere se i numeri si fermano. Se raddoppiano velocemente bisognerà fare come in altri Paesi, stavolta abbiamo il vantaggio di guardare noi prima cosa fanno gli altri».

 

E le scuole?

CORONAVIRUS - OSPEDALE CORONAVIRUS - OSPEDALE

«I nostri figli hanno già pagato abbastanza, ma è doveroso evitare che si assembrino nel tragitto. Se le lezioni fossero una settimana in classe e una via computer, anziché 30 ragazzi sull’autobus sarebbero 15. Altri cinque mesi chiusi in casa potrebbero causare malattie psicologiche».

coronavirus anziani 1 coronavirus anziani 1

 

Se arrivasse sareste pronti a una nuova ondata?

«Dal punto di vista psicologico non vorrei farlo mai, ma noi siamo qui. Per me curare una polmonite da aspergillo o da Covid è la stessa cosa, il punto è un altro: se devo riconvertire l’ospedale, si bloccano le altre attività».

 

Avete 45 pazienti Covid in altri reparti. È garantita la separazione dai no Covid?

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«Certo. E tra i Covid abbiamo quattro livelli: verde, per chi ha bisogno di 2-3 litri di ossigeno; arancio nelle Malattie infettive, quando hanno bisogno di più ossigeno; arancio scuro, in Pneumologia; rosso, in Terapia intensiva. Se i bergamaschi saranno accorti, faremo un ottimo lavoro e noi saremo un po’ stanchi ma pronti».

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