Angela Leucci per "www.ilgiornale.it"
Il caso di Denise Pipitone oggetto questa mattina di una lunga intervista all’ex pm Maria Angioni che se ne occupò in passato.
La giudice, che oggi esercita in Sardegna, ha raccontato a Mattino Cinque come Battista Della Chiave fosse “un testimone molto attendibile perché non poteva prepararsi” e che ha fornito un “racconto dettagliato e preciso”, oggi oggetto di una nuova e interessante interpretazione da parte di esperti Lis. Secondo Angioni, oggi si cominciano a capire un po’ meglio molte cose, ma il testimone all’epoca andava tutelato. Si è parlato anche del nipote Giuseppe, che sembrava essere inizialmente nominato dallo zio Battista, e con il quale era stata riscontrato secondo l’ex pm una “generica contiguità” con Anna Corona, ex moglie di Piero Pulizzi, padre naturale di Denise.
Incalzata da Federica Panicucci, Angioni si è anche soffermata sulla telefonata partita dal magazzino di via Rieti, una telefonata “strettamente connessa al rapimento della bambina”. “Secondo la mia ipotesi - ha aggiunto - più persone hanno collaborato a questo sequestro e ci sono stati più passaggi di mano della bambina”.
Nel caso Pipitone, Angioni ha sospettato di tutti: per lei tutti erano sulla scena del crimine e molti hanno fatto cose strane. La sua attenzione non si è focalizzata su Jessica Pulizzi, figlia di Anna Corona, perché non era convinta di una sua presunta responsabilità totale, ma era sua intenzione allargare le indagini il più possibile, com’è corretto fare in questi casi. Ha anche aggiunto che le trasmissioni di approfondimento, come in questo caso Mattino Cinque, sono utili, perché consentono il brainstorming su una vicenda complicatissima. “Qui abbiamo una bambina che potrebbe essere viva, abbiamo il dovere giuridico e morale di cercarla”, ha chiosato.
Particolarmente interessante è stata la risposta con cui Angioni ha avanzato una sua teoria sulla sparizione di Denise.
«L’idea che ho maturato è che nel rapimento della bambina ci siano stati due gruppi di persone: quelle “cattive” e quelle “buone”. Faccio una premessa: quando ho lavorato a Marsala, c’erano sempre diverse persone sulla strada che sembravano lì a far niente, ma dopo un po’ ho capito che erano sentinelle, non sentinelle necessariamente della mafia, ma sentinelle di qualcosa che non è lo Stato… mi sono detta che ci saranno state anche a Mazara del Vallo e che qualcuno non può che aver visto alcune scene del rapimento di Denise.
Dunque, se questa bambina è stata presa da persone mosse da passione, da rabbia, da odio, è possibile che ci siano state sentinelle che hanno mandato il messaggio ad altre persone: persone che volevano bene alla bambina e che sono intervenute in un secondo momento, prelevandola e portandola via, perché la bambina era in pericolo, perché la bambina, così com’era stata presa quel giorno, poteva anche essere presa in un momento successivo. In questo modo si spiega perché c’era tanta gente sospetta.
Tutti naturalmente hanno agito cercando probabilmente di prendere in giro gli inquirenti, sia quelli che l’hanno rapita per farle del male, sia quelli che li hanno bloccati e l’hanno presa e portata lontano, in modo che nessuno potesse farle del male. Ecco, solo così, con una ricostruzione complessa, si spiega perché ci fosse tanta gente che ha tenuto comportamenti che fanno pensare un inquirente: non erano comportamenti cristallini».
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