Estratto dell’articolo di Gregorio Moppi per https://firenze.repubblica.it/
[…] Beatrice Venezi a tutto campo, domenica 6 ottobre, in occasione della presentazione a Firenze del suo libro sul concittadino Giacomo Puccini ("Puccini contro tutti. Arie, fughe e capricci di un genio anticonformista"), che Utet ha pubblicato qualche mese fa per celebrare il centenario della morte del compositore lucchese.
Incontro all'Hotel Villa Medici di Firenze organizzato da Aidda, l'associazione di imprenditrici e donne dirigenti d'azienda. In sala un centinaio di persone. "Firenze è una città che mi piacerebbe frequentare di più anche sul piano lavorativo, invece la mia ultima presenza qui risale a diversi anni fa", esordisce il "direttore d'orchestra" (come lei preferisce farsi chiamare), figura di punta tra gli intellettuali della destra di governo, uscita indenne dagli attacchi di Maria Rosaria Boccia che l'ha accusata di profittare della sua posizione di consulente del ministero della Cultura per trarre un surplus di benefici professionali ed economici.
giorgia meloni beatrice venezi
"Puccini era un toscanaccio da Amici miei, un genio politicamente scorretto che in quest'epoca di conformismo verrebbe messo in carcere per le cose che scriveva, anche nelle lettere", dice Venezi. "È autore di opere rapide che seguono il ritmo del secolo breve: una velocità di narrazione che anticipa il cinema. Puccini aveva tante debolezze e tanti difetti che però ce lo rendono umano, vicino a noi. Eppure a lungo è stato considerato troppo semplice. Musica da sartine. Al punto che alla Scala è stato, di fatto, estromesso sia durante la gestione Abbado sia durante quella di Muti".
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beatrice venezi concerto g7 pompei
Puccini si iscrisse al partito fascista. "Sì, ma delle politica si disinteressava. Infatti l''Inno a Roma', che ho diretto l'anno scorso suscitando tante, inutili polemiche, non è affatto legato al regime. Puccini lo compose nel 1919 per celebrare la fine della Grande Guerra. Poi fu assunto dal Msi come colonna sonora dei comizi - ma, d'altronde, la sinistra non ha usato Califano per i suoi? La mia scelta di eseguire l''Inno' voleva essere una provocazione culturale, senza alcuna connotazione ideologica, così da far sorgere nella gente la domanda: una certa opera appartiene a chi la scrive o a chi se ne appropria?".
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E ancora, a proposito del fascismo e di certi verdetti tranchant su chi, quell'epoca, si è trovato a viverla appieno. "Come fare a giudicare con le lenti di oggi chi, nato e cresciuto durante il regime, e conoscendo solo quel mondo, a un certo punto ha scelto di volerlo difendere partecipando all'esperienza di Salò? Mi pare un atteggiamento umanamente molto comprensibile. Il mio riferimento, in questo senso, è il libro 'A cercar la bella morte' di Carlo Mazzantini".
Venezi torna anche a parlare del suo ruolo da 'direttore' d'orchestra. "Difficile nel nostro Paese essere accettata come donna-leader. Una difficoltà che invece non ho trovato in una società iper maschilista come quella giapponese, dove forse mi accolgono senza batter ciglio in quanto artista e in quanto straniera.
Il fatto è che, da noi, il pensiero unico di un certo femminismo ha preteso che una donna, se vuole ottenere certi incarichi, non debba troppo ostentare il suo esser donna, rinunciando perfino alla maternità. L'artista impegnata non deve concentrarsi sull'apparire. Anzi, deve proprio mostrarsi trasandata. Guai se una donna di cultura cura troppo il proprio aspetto. Ma a questa ideologia mi ribello. E, per fortuna, anche le giovani generazioni hanno superato tali pregiudizi".
pietrangelo buttafuoco beatrice venezi
Dal pubblico qualcuno le chiede se la scrittura potrebbe insidiare il primato che per lei ora riveste la direzione d'orchestra. La risposta è che far libri serve semplicemente a divulgare la sua passione. "In Italia soffriamo di una comunicazione culturale autoreferenziale, escludente. Che marginalizza ampi strati della società. Del resto, finora, la cultura è stata gestita come un circolo ristretto in cui qualcuno ha deciso chi doveva assumere posizioni apicali, il che ha fatto sì che a lungo abbia regnato la mediocrità. E noi, che siamo il Paese dell'eccellenza, tutta questa mediocrità non ce la meritiamo".
Di Fedez che ne pensa? "A parte il cattivo gusto nell'estetica, non credo che possa essere definito musicista uno che senza l'autotune non riesce a cantare". E del Maestro Muti? "Abbiamo grande rispetto reciproco. Ha speso per me parole belle, con molta onestà intellettuale; e non è usuale nei miei confronti. Le sue lezioni su Verdi trasmesse in tv, pur se molto tecniche, sono interessanti anche per un pubblico di neofiti. Tuttavia il mio approccio alla divulgazione è diverso. Più pop, così da poter portare tutti a bordo". […]
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