Estratto dell’articolo di Andrea Marinelli,Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Gli ucraini smentiscono il loro coinvolgimento nell’attacco sul Cremlino di mercoledì, però non possono negare di aver studiato come colpire in profondità la Russia. […] Nell’estate di un anno fa gli uomini di Zelensky prendono di mira il comando della Flotta del Mar Nero, a Sebastopoli. […] Ai primi di dicembre nuova sorpresa: sono colpite le basi aeree di Engels e quella di Ryazan, a circa 250 chilometri dalla capitale russa. Il 6 tocca a una installazione a Kursk, a circa 175 chilometri dal confine ucraino, quindi a infrastrutture a Bryansk. […]
Il 26 febbraio droni danneggiano un aereo-radar sulla pista di Machulishchy, in Bielorussia, gesto dimostrativo attribuito a oppositori interni e il giorno seguente ci sono deflagrazioni a Belgorod, la località a ridosso della frontiera con l’Ucraina. Sul mezzo è stato inserito un «panetto» di esplosivo di origine britannica. Ancora un salto: il 28 febbraio trovano un velivolo senza pilota a Kolomna, 100 chilometri a sud est di Mosca e scatta l’allarme a San Pietroburgo con un breve stop alle attività aeroportuali dopo l’avvistamento di un oggetto volante.
La minaccia sembra avvicinarsi ancora di più il 24 aprile, quando vengono recuperati i resti di un drone nella foresta di Bogorodsky, a soli 30 chilometri da Mosca. Una cadenza significativa che la Bbc ha censito contando almeno 20 episodi a partire da gennaio all’interno del territorio russo, con colpi portati sempre più vicino alla capitale.
[…] una parte degli osservatori continua a pensare a una provocazione.
È tutto troppo perfetto, sottolineano. Il complesso presidenziale è protetto, schermato elettronicamente, e sollevano sospetti i video, i commenti ufficiali ben coordinati, i danni irrisori ma sufficienti ad «autorizzare» una reazione massiccia, a infliggere ancora più perdite. Insistono sul fatto che Kiev non ricava alcun vantaggio nell’alzare il livello dello scontro coinvolgendo i leader. Ma lo stesso si può dire del neo-zar: cosa ricava da una situazione così imbarazzante? Forse la risposta arriverà con il tempo.
Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore della Difesa, guarda ai dettagli. Questa operazione può essere portata a termine, dice, «solo con un drone che non parte dall’Ucraina. È praticamente impossibile che un mezzo in grado di volare per 700 chilometri e con dimensioni che superano la tonnellata possa fare questa traversata senza essere avvistato. Se la Russia continua a sostenerlo ammette di non avere un vero scudo anti-aereo. E non mi sembra questo il caso».
Dunque per l’alto ufficiale è una «false flag», una provocazione, un blitz inscenato dagli stessi invasori. «L’alternativa — aggiunge Camporini — è che si tratti di un drone più piccolo spedito non più dall’Ucraina, ma da sabotatori interni. Scenario non meno grave per la Russia, in quanto vorrebbe dire che non hanno il controllo del territorio nelle vicinanze di Mosca. Ma anche questa ipotesi pare poco credibile e di conseguenza non resta che la provocazione». […]