Gabriele Guccione per "il Corriere della Sera"
C' è amarezza nello sguardo di Chiara Appendino. Si intravede appena, sopra la mascherina nera, insieme a un certa dose di scoramento.
«Per fare il sindaco devi essere un martire», si sfoga con chi le sta accanto. Il giudice ha appena finito di pronunciare la sentenza. Un anno e mezzo di carcere. Colpevole di disastro, omicidio, lesioni colpose. Accuse che pesano sull' animo di una giovane mamma di 36 anni, ancor prima che sulla fedina penale della sindaca. Non è la prima condanna, questa. Solo quattro mesi fa, in un' altra aula dello stesso palagiustizia, il tribunale l' aveva giudicata responsabile di falso ideologico in una vicenda relativa alla compilazione del bilancio comunale. Robe da travet, difficili da comprendere se non si è un esperto contabile.
Questa volta però è diverso.
L' ondata di panico, le vittime, due donne morte in seguito alle lesioni, i 1.694 feriti di quel 3 giugno 2017 in piazza San Carlo durante la finale Juventus-Real Madrid: tutto è ancora lì, come un fermo immagine, davanti agli occhi dei torinesi. «Pago un gesto fatto da altri», non smette di ripetere Appendino, i capelli corvini raccolti in una coda. Indica la responsabilità dei quattro baby-rapinatori armati di spray urticante che quella sera scatenarono il fuggi fuggi.
chiara appendino non si ricandida 2
«Avrei dovuto prevedere, secondo i giudici, quanto poi è accaduto e annullare la proiezione della partita. Se avessi avuto gli elementi per farlo - afferma -, l' avrei fatto. Ma così non fu e purtroppo il resto è cronaca».
Nulla è stato più come prima dopo quella notte di tre anni e mezzo fa. Qualcosa si è incrinato per sempre nel rapporto tra Appendino e la città.
Lei stessa ne è consapevole.
«Non ve lo nascondo, questa tragica vicenda - ammette - mi ha segnato profondamente. Quei giorni, e i mesi che sono seguiti, sono stati i più difficili sia del mio mandato da sindaca sia della mia sfera privata, personale. Quel dolore è ancora vivo, lo porterò sempre con me».
E, ora, esserne giudicata responsabile è terribile. Come se non bastasse, poi, si abbatte sulle sue prospettive politiche future a pochi mesi dalla sua uscita da Palazzo Civico. Già dopo la prima condanna si era autosospesa dal M5S e una eventuale ricandidatura era stata messa da parte. Con le dimissioni del Conte bis si sarebbe potuto riaprire un qualche spiraglio, magari per un posto nel nuovo governo. Nulla da fare.
IL RAGAZZO CON LO ZAINETTO A PIAZZA SAN CARLO
«Io sono demotivata. Il contesto generale è terribile», confida, mentre il Movimento si stringe attorno a lei. «Ti mando un grosso abbraccio, sei straordinaria e continuerò a fidarmi di te», è il messaggio di Luigi Di Maio. Così, dopo essere stata condannata (mai successo a un sindaco di Torino), Appendino lancia la palla nel campo dei rapporti tra giustizia e politica.
«Forse - propone - andrebbe aperta una sana discussione sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti». Il suo predecessore, Piero Fassino, raggiunto l' altro giorno da un avviso di garanzia, le va dietro: «Condivido». E i sindaci d' Italia si uniscono all' appello, fanno quadrato attorno alla collega, la difendono. «Non possiamo essere ancora capri espiatori», sostiene il primo cittadino di Bari e presidente dell' Anci, Antonio Decaro.
«Spesso paghiamo anche per gesti folli di altri», fa notare il fiorentino Dario Nardella, che con un tweet rivolge alla collega «un abbraccio», mentre il milanese Giuseppe Sala si limita a un «mi dispiace, è un' amica». Appendino si appresta così a uscire di scena nel suo ruolo di sindaca. Lei, che nel 2016 entrò in municipio tra i cori giustizialisti dei grillini: «Onestà, onestà».
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