PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Giovanni Bianconi e Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
«Informazioni comunicate a persona autorizzata a riceverle». Per il pubblico ministero milanese Paolo Storari - che con la consegna dei verbali segreti all'allora componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo innescò un anno fa la bomba esplosa ora con la diffusione anonima di quelle stesse carte - il caso Amara-Csm-corvo è tutto qui. Per quel che lo riguarda, dunque, non è un caso. Ma resta indagato per violazione del segreto d'ufficio, sebbene all'uscita dall'interrogatorio davanti al procuratore di Roma Michele Prestipino il suo avvocato Paolo Della Sala neghi l'esistenza di reati.
Ricordando che il suo assistito è «un magistrato, come ce ne sono moltissimi, la luce del cui ufficio resta accesa fino a tardi la sera, molto amato all'interno del foro e considerato dai colleghi perché ha sempre saputo lavorare anche con assoluta apertura, in condivisione con gli altri; è tutto meno che un soggetto portato all'individualismo». Parole che tendono a stemperare, o comunque non attribuire a Storari, il contrasto con il procuratore Francesco Greco che l'ha portato a bussare alla porta del collega Davigo.
MARCO MANCINETTI E PIERCAMILLO DAVIGO
Ma al di là dei giudizi dell'avvocato difensore sulla «serenità» del pm inquisito, resta l'oscura e intricata vicenda del dossieraggio attribuito alla ex segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto, indagata per calunnia, e tutte le polemiche che ha provocato. Soprattutto all'interno della magistratura e del suo organo di autogoverno, con inevitabili code politiche.
PAOLO STORARI CON IL SUO AVVOCATO
Ai colleghi di Roma che hanno nel fascicolo una relazione del procuratore Greco in cui si afferma che Storari riferì che la consegna a Davigo degli interrogatori dove Amara parla della fantomatica loggia massonica coperta Ungheria (luogo in cui politici, magistrati, avvocati, vertici delle forze dell'ordine e professionisti pianificavano nomine e strategie) avvenne a Roma nell'aprile di un anno fa, l'interessato ha invece ribadito ciò che aveva già testimoniato Davigo mercoledì scorso: l'incontro si svolse a Milano, in pieno lockdown anti-Covid, quando il Csm era chiuso e l'ex consigliere non aveva motivo per andare nella capitale.
L'indicazione contenuta nella relazione di Greco sarebbe dunque stata frutto di un suo errore di comprensione, che ha radicato per due settimane la competenza dell'indagine sulla violazione del segreto nella Procura sbagliata. All'inizio della prossima settimana il procuratore di Brescia Francesco Prete andrà nella capitale per una riunione di coordinamento con il collega Prestipino, e all'esito della riunione è assai probabile che il fascicolo venga trasmesso per competenza a Brescia, città dove vengono giudicati gli ipotetici reati commessi da magistrati milanesi nel loro distretto.
Dopo aver ricevuto l'indicazione precisa sul luogo della consegna, i pm di Roma si sono limitati a raccogliere solo una generale ricostruzione anticipata da Storari sul movente del proprio gesto, vale a dire le ragioni per cui riteneva inerti il procuratore e gli aggiunti Laura Pedio e Fabio Di Pasquale rispetto alla necessità di verificare le dichiarazioni di Amara.
Ma il pm milanese ha voluto specificare che è stato lo stesso Davigo a rassicurarlo sulla possibilità di consegnargli i verbali senza violare alcuna regola o legge, giacché i consiglieri del Csm possono consultare e ricevere anche atti segreti. Una garanzia alla quale aggiunse che poi avrebbe pensato lui a muovere i passi giusti all'interno dell'organo di autogoverno. In effetti Davigo parlò delle dichiarazioni di Amara sulla loggia «Ungheria» al vicepresidente David Ermini, al procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, al primo presidente Pietro Curzio e ad altri consiglieri, ma senza atti formali.
E ieri Ermini ha smentito di aver mai avuto dall'ex consigliere un appunto scritto. Dopo la riunione della prossima settimana, probabilmente alla presenza del pg Salvi, a Roma resterà l'indagine sulle spedizioni anonime del «corvo», che ha recapitato gli stessi verbali consegnati da Storari a Davigo, a due giornalisti e al consigliere del Csm Nino Di Matteo.
Il quale ha denunciato il «dossieraggio » ai danni del collega Sebastiano Ardita (tirato in ballo nelle dichiarazioni di Amara), di cui è rimasto amico a differenza di Davigo che ha interrotto ogni relazione. Una spaccatura tra magistrati che continua a provocare reazioni sul fronte politico. Ieri il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (che venerdì ha riferito alla Procura di Roma di essere stato pure lui informato da Davigo un anno fa dell'esistenza di quei verbali, col riferimento a Ardita), ha aggiunto di essere andato ora dai pm romani «su suggerimento» dello stesso Ardita e di Di Matteo.
E ha così spiegato la ragione per la quale era andato a cercare Davigo avendo saputo che si erano rotti i rapporti tra i due leader della corrente di Autonomia e indipendenza: «Lavoravo affinché quel gruppo recuperasse uno spirito di dialogo interno che li rendesse nuovamente punti di riferimento per quanto riguarda la mia azione in termini di politica giudiziaria».