Estratto dell'articolo di Irene Soave per il “Corriere della Sera”
È meglio lavorare per Gianluca Vacchi, contratto indeterminato da dipendente, tempo pieno, buono stipendio, o fare insieme a lui i video con i balletti per TikTok? Ha fatto entrambe le cose, e non ha dubbi, il 27enne Fabio Farati, sui social @faffapix , 14 milioni di seguaci su TikTok, tre milioni su Youtube, 380 mila su Instagram.
«Mi licenzio per fare i video su TikTok» è una mitologia delle più in voga: Farati, che ha mollato un posto fisso da tecnico dell’automazione, l’ha trasformata in una srl dal fatturato a sei cifre, che dà lavoro ad altre quattro persone.
Ragione sociale, in sintesi, @faffapix: i divertenti video in cui scavalca montagne, pizzica tra due dita la Tour Eiffel, fa cadere la torre di Pisa e così via. In un clip del 2020 balla con Gianluca Vacchi, l’imprenditore-influencer dai mille tatuaggi.
«Era il mio capo: lavoravo per l’azienda Ima (Industria Macchine Automatiche, ndr) che è della sua famiglia. Quando lui passava, tutti chini a lavorare. Poi alle spalle lo prendevano in giro.
Quando gli è arrivata la voce che un suo dipendente era una star di TikTok mi ha cercato. Poi mi ha offerto un altro lavoro, da content creator per una sua azienda telefonica. Ma a lavorare da dipendente non torno più».
Fabio, ora lei è ricco.
«Non parlerei di cifre».
Il bilancio della sua azienda però è pubblico. Per gli standard della società in cui vive, e certo dei suoi coetanei, è benestante. E di successo.Concorda?
«Ehm. Sì, dai, concordo».
In che modo quello che fa oggi è un lavoro?
«Diciamo così: ogni account social è un piccolo editore. Accumula un pubblico.
Il pubblico si fida del creator .
Quindi diciamo se io propongo loro un brand per quel brand fa la differenza. E molte aziende scelgono il mio canale, con il mio tono e la mia persona, per farsi pubblicità.
Io raggiungo più di 14 milioni di persone».
Cosa sa di loro?
«Che mi seguono e che apprezzano i miei video. Non molto altro».
Come ha cominciato?
«Io ho fatto per anni il ginnasta. Pubblicavo nel 2018 i video delle mie sequenze, dei miei backflip , le giravolte all’indietro, ma TikTok non era popolare come oggi. Non lo guardavano in tanti. Lavoravo di giorno e nel tempo libero giravo i video. Ho sempre saputo che sarebbero diventati qualcosa. Poi però nel 2019 mi sono ammalato».
Gravemente?
«Pochi giorni prima di Natale mi sono sentito male: stanco, senza forze, inciampavo, dormivo molte ore. Una mattina mi alzo dal letto e sbatto al muro. Riapro gli occhi e vedo doppio. Presto non riuscii più a muovermi. Mi ritrovavo con una mente vigile in un corpo spento. Io ero un atleta, avevo ventitré anni, e il mio corpo non mi ubbidiva più. Si chiama Sindrome di Miller-Fischer: non l’ho ereditata, non so come sia venuta. Mi ha cambiato la vita».
(...)
Quindi si è licenziato.
«Non sono più tornato all’Ima. Ho passato la convalescenza a fare quello che amavo: video per TikTok. Un video trasmette più di una foto, e molto più di un testo. I primi video che “sfondano” sono quelli in cui svelavo come funzionano gli effetti speciali. Ne uso tanti per i miei video e ci lavorano, a oggi, quattro persone. Poi è arrivato il Covid».
Un disastro per la sua impresa all’inizio?
«Al contrario, un potenziatore. In quei giorni di scuola da remoto e vita tra le quattro mura, tantissimi ragazzi e ragazzini si iscrivevano a TikTok. Io ho fatto il botto».
Tanti giovani si licenziano o rifiutano lavori, in quest’epoca. A cosa si deve?
«Io penso cinicamente che sia solo un fatto di soldi. Quelli della mia generazione non guardano altro che lo stipendio. Anche io ero così: andavo a donare il sangue, ma per avere un giorno di permesso al lavoro. Ora non più. Essere più felice mi rende più generoso. Ma i ragazzi in genere hanno stipendi bassi. E comunque non basta mai niente. Dei miei anni all’Ima ricordo che nonostante gli stipendi ottimi tutti se ne lamentavano».
I suoi colleghi di allora la seguono su TikTok?
«Quando lavoravo là si era saputo che avevo un profilo, e mi sfottevano tutti un po’.
Quando ho detto che mi licenziavo chissà quanto hanno sparlato. Come con Vacchi».
Tra dieci anni farà ancora questo lavoro?
«Penso proprio di no. Voglio farlo a ritmi pieni per altri cinque. E intanto rafforzare la mia agenzia sul piano delle consulenze: fare per altri quello che abbiamo fatto per il profilo @faffapix , costruire identità digitali che funzionano, anche a servizio delle aziende che ne avranno sempre più bisogno. Sa qual è il paradosso? Che non trovo persone fidate da assumere. Vogliono tutti fare il mio lavoro, nessuno ambisce a stare dietro le quinte e farsi il mazzo per “sorreggermi”».
Forse lei non è il solo che rifiuta il lavoro dipendente.
«Deve essere qualcuno di fiducia. Che mi segua come se l’azienda fosse sua. Confido che queste persone si trovino ancora, ma certo bisogna cercarle bene».
Quanti vogliono intraprendere una carriera come la sua? E quanti ci riescono?
«Io penso che se ci metti tanto costanza e perseveranza e sei un po’ sveglio ce la fai. Ho aperto una nuova pagina TikTok con un mio collega americano e in tre mesi abbiamo fatto un milione e 400 mila follower»
Consigli per chi vuole imitarla.
«Quelli soliti che valgono per quasi ogni impresa da adulti. Perseveranza, costanza, fiducia e capacità di non mollare nel momento più critico. Quando le cose non vanno, e quasi mai vanno subito, non si deve scoraggiarsi. Poi lavorare con pianificazione. Se hai un altro lavoro devi pianificare tutto, o finisce che fai notte. Circondarsi di persone positive: io ho genitori tifosi, e ci vanno anche fidanzate che credano in quello che fai, mentre tutti ti ridono dietro. Partire da TikTok, e poi se si ha tempo aggiungere profili su YouTube e Instagram. Il futuro è ancora TikTok».