“HO UNA MERCEDES, PENSANO SEMPRE CHE L’ABBIA RUBATA” – LA BRUTALE AGGRESSIONE DELLA POLIZIA INGLESE A BIANCA WILLIAMS, STELLA DELL’ATLETICA BRITANNICA, FERMATA E AMMANETTATA PER 45 MINUTI INSIEME AL COMPAGNO MENTRE LA LORO BIMBA DI POCHI MESI ERA IN MACCHINA: “È UNA SCHEDATURA RAZZIALE. PENSANO O CHE SIAMO DEI LADRI O CHE ABBIAMO FUMATO CANNABIS” – E IL DOCUMENTARIO DI NETFLIX SUGLI ABUSI ALLE GINNASTE FA ESPLODERE LA BOMBA ANCHE IN GRAN BRETAGNA… - VIDEO

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Luigi Ippolito per "www.corriere.it"

 

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È già diventata un caso politico – con un secco intervento del leader laburista Keir Starmer – l’aggressione della polizia inglese a Bianca Williams, stella dell’atletica britannica e già medaglia d’oro ai campionati europei e ai giochi del Commonwealth.

 

La perquisizione dei due velocisti

I fatti risalgono a sabato, quando l’automobile con a bordo la Williams e il suo partner, l’atleta portoghese Ricardo Dos Santos – anche lui nero, come la velocista britannica – viene fermata dalla polizia a Londra.

 

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Gli agenti sostengono che la macchina procedeva sul lato sbagliato della carreggiata e non si è fermata all’alt: ma sta di fatto che i due atleti sono stati trascinati fuori e ammanettati, nonostante che nella vettura ci fosse anche il loro figlioletto di pochi mesi. La perquisizione è durata ben 45 minuti, dopo di che Dos Santos e Williams sono stati lasciati andare.

 

«Ho una Mercedes, pensano sempre che l’abbia rubata»

«È sempre la stessa cosa con Ricardo – ha detto poi lei in lacrime ai microfoni di una radio -. Pensano che stia guidando una macchina rubata o che abbia fumato cannabis. È una schedatura razziale».

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La macchina della coppia è una Mercedes: e Dos Santos racconta che da quando l’ha comprata, nel 2017, lo hanno fermato almeno quindici volte, mentre con la precedente utilitaria non gli era mai successo. La coppia ha deciso di sporgere un reclamo formale dopo l’accaduto e anche il loro allenatore, l’ex campione olimpico Linford Christie, ha accusato Scotland Yard di «razzismo istituzionale».

 

L’intervento di Keir Starmer: «Manette ingiustificate»

Ma le parole più ferme di condanna sono arrivate dal leader laburista Keir Starmer: «Non penso che la polizia abbia gestito la cosa molto bene. L’uso delle manette è sempre controverso e non vedo come fosse giustificato in questo caso. Se fossi un alto ufficiale e vedessi il video dei fatti, mi sentirei molto a disagio».

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Un intervento tanto più significativo se si considera che Starmer è l’ex procuratore generale d’Inghilterra, dunque uno dei più alti magistrati. «Quando la polizia agisce in modo così violento – ha concluso Bianca Williams – tutto può andare storto. E non si sono neppure scusati quando ci hanno tolto le manette e ci hanno detto che eravamo liberi di andare».

 

 

 

Lorenzo Nicolao per “www.corriere.it”

 

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Dopo anni di sevizie quella che credevano fosse la normalità per eccellere è diventata all’improvviso una violenza contro la loro salute fisica e psicologica. Decine di ginnaste in Gran Bretagna hanno denunciato gli allenatori che le costringevano a digiunare se pesavano troppo, ad allenarsi con antidolorifici se erano infortunate, a subire punizioni corporali se non raggiungevano i risultati sperati. In un periodo così lungo hanno creduto non vi fossero alternative per raggiungere il successo, ma il film trasmesso da Netflix sulla vicenda di Larry Nassar ha all’improvviso aperto loro gli occhi. 

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Molte si sono immedesimate in quelle cinquecento donne, fra le quali le campionesse Aly Raisman, Simone Biles e McKayla Maroney, che hanno accusato di stupro e molestie il medico del team Usa, condannato poi a 175 anni di carcere per abusi sessuali reiterati ai danni delle ginnaste. Un andazzo poi proseguito in parte anche dopo. Ne è nato uno scandalo che travolge così la federazione britannica di ginnastica proprio come è accaduto qualche tempo fa alla corrispettiva statunitense.

 

Denuncia pubblica

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Le atlete hanno fatto sentire la propria voce attraverso i canali televisivi ITV news e Sky News. Lisa Mason, oggi 38enne, ha raccontato di quando doveva allenarsi fino a che non le fossero sanguinate le mani, perché solo attraverso questo sacrificio estremo si poteva ambire al gradino più alto del podio. Già campionessa dei Giochi del Commonwealth, l’atleta ha precisato di far riferimento a fatti che risalgono anche a quando aveva 10 anni, prima che fosse nota in tutto il mondo per aver gareggiato alle Olimpiadi di Sydney nel 2000.

 

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Le ha fatto subito eco la giovane collega Catherine Lyons, ora 19enne ma già ex campionessa nazionale ed europea. «Sono stata molestata dal mio allenatore, da quando avevo 12 anni se non riuscivo negli esercizi sapevo già che le punizioni corporali sarebbero passate da un bastone. Se prendevo qualche etto di troppo invece ero certa di dover digiunare, a volte anche per un’intera settimana».

 

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Un’altra atleta ha invece affermato che, nel caso non fosse riuscita a raggiungere i risultati sperati, era inevitabile la violenza fisica. «Spesso mi è capitato di dover subire senza reagire, solo perché il mio allenatore doveva ribadire il mio senso di inadeguatezza. Credevo non ci fosse altro modo per migliorare, perché tutti questi comportamenti erano la norma».

 

Violenza sistemica

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L’uso eccessivo degli antidolorifici per potersi allenare e gareggiare anche se infortunate è stato un metodo che hanno confermato molte altre ginnaste, che hanno avuto ora il coraggio di denunciare quella che sembra una violenza diffusa, tanto da attribuire le responsabilità direttamente alla federazione.

 

La ginnastica inglese ha espresso forte choc per quanto rivelato dalle atlete e con un comunicato cercherà di intervenire prontamente sulla questione, identificando e isolando tutti i casi di violenza. «Non possiamo tollerare comportamenti che vadano a danneggiare la salute fisica e mentale delle nostre ginnaste», così si legge nel testo trasmesso dal board esecutivo.

 

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«Condanniamo all’unanimità ogni comportamento abuso e faremo in modo che casi simili non si ripresentino più». Negli Stati Uniti ci sono state condanne e processi contro i responsabili. Per la Gran Bretagna le vittime confidano nello stesso esito, anche attraverso le denunce deliberatamente manifestate attraverso i media, ma al di là dei tanti anni nei quali questi comportamenti sono stati perpetrati, appare sempre più evidente quanto fossero diffusi, includendo anche la Gran Bretagna in una violenza sistemica, per lungo tempo percepita nel settore come «normale».

 

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