Maurizio Crosetti per la Repubblica - Estratti
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PAOLO ORIGLIASSO CON LA FIGLIA LAURA LA MOGLIE E L ALTRO FIGLIO
Stavano tutti tornando a casa in macchina. Laura era abituata agli aerei, e anche suo fratello Andrea.
Anche la mamma Veronica, anche il papà Paolo. Perché la famiglia abita a duecento metri dall’aeroporto, in un paese che prende il nome da un santo e da un campo. Infatti di campi è pieno l’orizzonte, prati e alberi, querce, gaggie, cespugli enormi, rami con foglie verdi o già un po’ rosse in questa estate che sta finendo. Gli aerei che partono e arrivano, sempre, non c’è da averne paura.
Laura abitava lì da poco, anche questo è un destino della famiglia Origliasso, 49 anni il papà, 41 la mamma, 12 il ragazzino più grande che è in seconda media, appena 5 anni Laura che andava alla scuola dell’infanzia. Il loro cielo era stretto e lungo come le scie bianche sopra la pista di Caselle, a volte da lassù scende una strana puzza di benzina. Sullo sfondo, non tanto lontano, si vede un campanile. E c’è un palazzotto giallo che sembra un piccolo castello in mezzo a un prato, e una ciminiera di mattoni rossi.
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Forse è stato uno stormo di uccelli, forse uno di loro è entrato nel motore. E adesso che è quasi sera e sta per calare il buio, ali scure a piccoli gruppi di tre, di cinque tagliano l’orizzonte. Il suono delle sirene, le luci dei lampeggianti, e Laura che non c’è più.
È stata come un’onda di fuoco.
Prima lo spostamento d’aria che fa rovesciare la macchina, poi le fiamme che l’avvolgono. Papà, mamma e Andrea riescono a scappare dalle lamiere, Laura resta intrappolata. Il papà prova a tirarla fuori con le mani, ora è questa la sua ustione più grave, grida di aiutarlo, urla disperato che non ce la fa. Da quella trappola non si esce, impossibile sciogliere il nodo. Lo ha ripetuto disperato ai soccorritori. Il corpo della bambina sarà estratto soltanto molto tardi dai vigili del fuoco.
Non erano andati a vedere gli aerei, non erano lì in attesa delle famose Frecce Tricolori, vanto dell’Aeronautica Italiana.
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Quelle che il 28 agosto 1988 andarono a sbattere una contro l’altra nel cielo tedesco di Ramstein: settanta morti, quella volta. Ma Laura, Andrea, Paolo e Veronica stavano solo tornando a casa, non erano lì per curiosare a bordo strada o per divertirsi nella vertigine del rombo che si gonfia e precipita dentro le orecchie. Stavano lì per caso, alla fine di una giornata semplice, un sabato come tanti, di quelli che si va a trovare i nonni e poi si passa dal supermercato per un po’ di spesa.
L’appuntamento con il cielo in fiamme non l’aveva fissato nessuno. Un po’ come quel giorno di ottobre del 1996, quando un cargo russo andò a schiantarsi sulle case dopo un atterraggio troppo lungo: due morti e tredici feriti. Anche lì, la spaventosa lotteria di chi abita a pochi passi da un aeroporto: quando va bene, frastuono e gasolio e un po’ di spavento per i tuoni dei motori, quando va male si può anche morire. Laura era così piccola, curiosa di tutto.
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All’asilo la ricordano sempre allegra e gentile. Spezza il cuore saperla dentro un’auto rovesciata, la carcassa accanto a quella dell’aereo senza il muso, qualche pezzo è finito anche sopra gli alberi ed è stato bravo il pilota, un ragazzo, Oscar Del Dò il suo nome, a evitare case e cascine precipitando.
Non poteva sapere che due automobili stavano passando in quel momento sulla strada che dalla rotonda di San Francesco al Campo, appena dopo l’aeroporto di Caselle, piega verso i campi accostando la pista. Il cartello con il nome del paese, le lamiere carbonizzate a parte la coda dell’aeroplano, blu, e nell’aria odore di bruciato, di campagna e di pioggia. La prima auto la scampa, la seconda muore. Laura è perduta, la famiglia in qualche modo si salverà.
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Si salveranno i tre corpi dei sopravvissuti, dicono i medici, ma il resto sarà un inferno identico alle fiamme che hanno resistito a lungo, sollevando un fumo nerissimo. La famiglia l’hanno riunita alla fine della giornata all’ospedale Regina Margherita, dove il piccolo Andrea è in rianimazione ma la sua vita non è in pericolo. «Ho sentito un rumore enorme», ha ripetuto Paolo Origliasso, il padre, a tutti. Le ustioni sulla pelle non sono niente in confronto alle altre piaghe, dentro. La sua bambina, il cielo di fuoco. E adesso, andare avanti.
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