Estratto dell’articolo di www.ilmessagero.it
«Ho avuto la fortuna di andare in coma». Giorgio Montanini va dritto al punto, senza tanti giri di parole, quando gli viene chiesto di parlare della droga e dei suoi problemi di dipendenza. Lo stand up comedian e attore ha ripreso il pieno controllo della sua vita dopo i 45 giorni di coma per una polmonite virale. Ne ha parlato nel podcast Tintoria di Stefano Rapone e Daniele Tinti. […]
«La mia dipendenza è nata da circostanze attenuanti ma non giustificanti». Introduce così il capitolo "droga" Montanini, che spiega: «Ho perso mio padre, mia madre, mio fratello e il mio migliore amico suicida in 4 anni. Ho sempre creduto nell'importanza della forza mentale ed emotiva. Ma per superare questo problema ho avuto bisogno di sostanze stupefacenti».
giorgio montanini - i predatori
La sua risposta al dolore è stato un tuffo nella dipendenza: «Mi muore mezza famiglia e ho attenuato le sofferenze con le droghe. Mi facevo di cocaina e io stavo bene nonostante a casa mia erano morti tutti. La mia famiglia era fantastica e ho colmato un vuoto. Sono arrivato a spendere 400 euro al giorno per cinque grammi di crack, quindi ho buttato mezzo milione di euro».
Giorgio Montanini spiega anche la differenza tra sfera lavorativa e vita privata: «La droga ti distrugge emotivamente, a lavoro puoi anche performare. Da tossico sono riuscito a fare 8 film come "I predatori" ed "Enea" con Pietro Castellito». Fuori dal set e giù dal palco, il mondo però era diverso: «La droga è molto subdola e potente, la cosa peggiore che ti fa è la presunzione. Pensavo di poterla gestire come mi pareva ma non era possibile. Ti porta a litigare con tutti senza un vero motivo. Ti senti in guerra con il mondo e inizi ad avere una serie di paranoie. Io non parlavo più con nessuno».
Le difficoltà emergono nel lungo periodo: «Una droga come la cocaina instilla questa sorta di demone e sostituisce la tua personalità. Per molto tempo dai il meglio di te, poi non riesci più a capire quanto ha preso il sopravvento. Ero in assuefazione. Il giorno prima non riuscivo ad alzarmi dal letto, quello dopo compravo la mia dose e mi facevo 400 chilometri in macchina per farmi il mio spettacolo da un'ora e mezza».
Montanini non ha dubbi sugli effetti del coma nella sua vita: «Tutti lo reputano un dramma, per me è stata una fortuna. A un certo punto sono collassato e questo mi ha permesso di disintossicarmi, purificarmi, rinascere e tornare a vivere come prima». Ricorda così la sua esperienza nell'ospedale cattolico: «La madre superiora mi disse che ero vivo per miracolo. Sono entrato in condizioni pietose, pesavo 160 chili. Ne sono uscito con le analisi perfette e senza crisi d'astinenza. Su 100 pazienti, 99 non si risvegliano. Mi davano per morto. La mia compagna ha evitato di farmi l'estrema unzione solo perché non ero cristiano».
Non sa bene spiegarsi cosa sia effettivamente successo da là in poi: «Penso che sia stata una presa di coscienza. Ho firmato dalla rianimazione per le dimissioni, credo di essere stato l'unico paziente a farlo in Italia. Quando sono uscito dall'ospedale un ambulanza mi ha portato da Roma a Fermo. Ero lucido, non ho più avuto il desiderio. Mi ero droga.
Montanini è critico con la sensibilizzazione che si cerca di fare oggi relativamente alla dipendenza da droga. «Se ne parla in maniera troppo populista - spiega il comico - È vero che fa male, come lo fanno anche lo smog e l'andare veloce in macchina. La droga è una figata, il problema sono le conseguenze che ne derivano».
Va poi nel profondo: «Il problema alla base è emotivo. Se non lo risolvi, uscirai da ospedali e comunità e riprenderai a drogarti. Prima di andare dal pusher, cerca un metodo diverso per risolvere i tuoi problemi o sarà troppo tardi».
Si spiega meglio: «La gente pensa sempre alle sinapsi che vengono bruciate. Il vero cervello è il cuore. Per questo sono contrario all'andare in comunità, che ti fa sentire un tossico e basta. La guarigione passa attraverso un abbraccio e altre forme di amore. Chi riesce ad avere una vita equilibrata è perché sta bene. Passa, invece, la cultura errata del drogarsi come bello e maledetto. Così un sacco di ragazzi per emulazione casca nella trappola». […]
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