Federico Berni per il “Corriere della Sera”
Quel sorso di coca allungata con i tranquillanti poteva costargli la vita. «Aveva insistito tanto perché bevessi quella bibita», racconta oggi Stefano (nome di fantasia), 47 anni, una delle vittime di Tiziana Morandi, la «mantide» che, secondo le accuse, drogava le vittime con i sedativi sciolti nelle bevande per derubarle.
«Poi mi sono addormentato al volante in tangenziale, sono andato a sbattere sul guard rail. Avrei potuto ammazzare qualcuno». Era la vigilia di Natale del 2021, e l'uomo, brianzolo della provincia di Como, tecnico informatico, era andato a casa di «Titti» Morandi, nella zona di Vimercate, per un normale scambio di auguri.
Oggi la donna si trova a San Vittore, arrestata a fine luglio sulla scorta delle denunce di sei uomini (giovani e anziani), alle quali, nei giorni scorsi, se ne sono aggiunte altre tre. Querele raccolte dai carabinieri di Vimercate (Monza), che hanno indagato sotto il coordinamento del pubblico ministero Carlo Cinque.
«L'ho conosciuta su Facebook, mi ha raccontato di essere un medico, un chirurgo pediatrico - racconta Stefano -. In quel periodo soffrivo per una tendinite, e si è offerta subito di farmi un massaggio, dicendomi che mi avrebbe chiesto 50 euro da devolvere in beneficenza per le cure di una bambina malata».
Il primo incontro si svolge senza problemi: «Ero un po' sospettoso, in effetti è strano che una persona conosciuta sui social ti dia subito l'indirizzo, e ti inviti a casa. Ricordo che insisteva per farmi bere una bibita, ma avevo rifiutato».
I due hanno poi fissato un secondo appuntamento: «In quella occasione ho assaggiato un sorso di Coca Cola, aveva un sapore strano se ci penso. Ho immaginato che potesse essere stata aperta da molto, ma comunque in quel caso non è successo nulla».
La terza volta avrebbe dovuto essere soltanto uno scambio di auguri. «Abbiamo mangiato pizza e bevuto bibite. A una certa ora mi sono congedato, perché avevo altri appuntamenti. Ero in macchina, stavo percorrendo la tangenziale nord di Milano. Da lì in poi non ricordo più nulla: ho il flash di un'automobile che mi sorpassa, con una persona all'interno che mi faceva dei gesti.
materiale sequestrato a casa di tiziana morandi
Sono andato a sbattere con la fiancata contro il guardrail a sinistra, e contro un terrapieno a destra: me ne sono reso conto il giorno dopo, quando ho visto come era conciata la macchina. Sono riuscito, non so come, a raggiungere un'area di sosta e a mandare un messaggio a casa, avevo la voce impastata, biascicavo. Avrei potuto fare male a me stesso, o a qualcun altro: se ci penso oggi, tremo.
Il giorno dopo sono stato chiamato dalla polizia stradale. In ospedale sono andato solo qualche giorno dopo, non c'era traccia dei sedativi».
Stefano ripensa all'incontro della sera prima: «Le ho scritto, chiedendole cosa mi avesse messo nella Coca Cola. Lei ha fatto la parte dell'offesa, era convincente. Mi ha detto "io le vite le salvo non le metto in pericolo". Ho fatto esami medici, ho vissuto per mesi nell'angoscia che potesse capitare nuovamente in macchina, nemmeno il mio dottore sapeva darmi una spiegazione».
Le chat e le conversazioni con Tiziana Morandi sono proseguite: «Non ero convinto, a quel punto l'ho voluta controllare, volevo vedere se si tradiva. Inventava un sacco di bugie, mi faceva anche pena. Mi ha detto che quella sera mi avrebbe ospitato a dormire, soltanto dopo ho capito il motivo».
A fine luglio viene diffusa la notizia dell'arresto della donna, che si guadagna l'appellativo di «mantide della Brianza». In questa vicenda l'impiegato brianzolo è tra le persone che hanno presentato querela: «Ripenso a quando ci siamo conosciuti in chat, quando le ho chiesto che cosa facesse nella vita. Lei, per fare la simpatica, mi aveva risposto "faccio caz...e". Probabilmente è stata l'unica cosa vera che ha detto su di sé».
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