Marco Bardesono per “Libero quotidiano”
Il presidente della Corte d'Appello di Torino ha chiesto scusa alla famiglia Leo. I ritardi della sua cancelleria hanno fatto sì che il tagliagole dei Murazzi potesse agire e uccidere. Scuse formalmente accettate, ma che lasciano il tempo che trovano perché, spiega Mariangela Chiri, la mamma della vittima, «Stefano non ritornerà mai più e nessuno potrà restituircelo, purtroppo non si può tornare indietro».
Per quanto il legale della famiglia Leo, l'avvocato Nicolò Ferraris aggiunga: «C'è un errore da parte dello Stato e quindi è giusto che ci sia un risarcimento», al momento non è ciò che interessa maggiormente alla famiglia del commesso trentatreenne del punto vendita K-way di Torino. Dopo la tragedia, mamma e papà di Stefano Leo vivono un dramma che si consuma in maniera diversa ogni santo giorno. Il tono di voce di Maurizio, il padre, un ex poliziotto, è quello di una persona angustiata.
LA NONNA DI STEFANO LEO PIANGE AL FUNERALE
«È vero - dice -, cosa vuole che le racconti, è da stamattina alle sette che rispondo a domande dei giornalisti. Anche voi dovreste essere più rigorosi di fronte a quanto è accaduto. Intanto dico che nessun errore della giustizia può cancellare le responsabilità di chi ha ammazzato mio figlio».
Dunque nessuna attenuante per il tagliagole?
«Qui in Italia sembra che abbiamo una giustificazione per tutto. Un anno fa a Torino un uomo che si chiamava Maurizio Gugliotta è stato sgozzato come mio figlio, in pieno giorno in un mercato della città. L'assassino, giudicato pazzo, è stato condannato a 12 anni. Ma vi sembra? Questa gente quando colpisce mira alla gola o al cuore, semplicemente perché vuole uccidere. Oggi come oggi chi va in galera? Chi sconta la pena? Mi viene voglia di lasciare questo Paese, di andarmene via».
Non vede altre possibilità?
«Guardi sto per sedermi a tavola per cena con la mia famiglia, io ho ancora tre figli, uno ha 27 anni e da quando Stefano è stato ucciso vive nel terrore. Il punto è che in Italia abbiamo un giro di persone pericolosissime che quando vanno fuori di testa uccidono i nostri figli».
Dunque lei invoca certezza e severità delle pene?
«Io non sono una persona che chiede quaranta o cinquant'anni di galera a vanvera, perché Stefano non me lo restituirà più nessuno. Abbiamo celebrato il funerale, ora devo pensare agli altri miei figli e alla mia famiglia. Per il resto, cosa posso aggiungere? Prima hanno detto che Stefano lo hanno ucciso perché era felice e per me è stato come vederlo morire una seconda volta, ora si scopre che il killer doveva essere in galera, mentre invece era a piede libero. Neanche al cinema si vedono certe cose, siamo all' assurdo e questo è il mio dramma».
Signor Leo, cosa bisognerebbe fare per cercare di cambiare le cose, ammesso che sia possibile?
«Tutti noi, ma dico proprio tutti, dovemmo essere più incazzati perché queste cose non accadano più, non viviamo nella giungla».
Un ragazzo viene sgozzato in pieno giorno nel centro di Torino, l'assassino era libero mentre invece avrebbe dovuto essere in cella, non c'è nulla che funzioni.
«Anche i servizi sociali, lo dico come esempio, sono pagati e hanno il dovere di agire e di aiutare persone come quella che ha ucciso mio figlio o perlomeno di segnalarli a chi di dovere. No, le cose non vanno affatto bene, lo Stato dovrebbe essere gestito come un'azienda, chi sbaglia paga. Se un settore non funziona, allora bisogna cambiare qualcosa e bisogna farlo in fretta»
Ieri il presidente della Corte d'Appello di Torino ha fatto il mea culpa e ha detto che non può assicurare che certi fatti non accadano più, cioè che un condannato in via definitiva possa ritrovarsi libero anziché in galera.
«La giustizia italiana ha delle carenze, è lenta, ci sono errori e ritardi? Va tutto bene finché non ci scappa il morto. E adesso come la mettiamo? Credo che sia necessario lavorare per prevenire certe cose. A pensarci mi viene la nausea, perché questo Paese non tutela i suoi cittadini. Lo ripeto, voglio andarmene via, non voglio più saperne nulla, mi sento completamente svuotato e tradito».
SAID MACHAOUAT Said Machaouat Said Machaouat