(askanews) “Sto scrivendo questo post in prima persona, parola per parola, come faccio sempre con i messaggi più importanti e prego tutti i frequentatori di questa pagina Facebook, amici, nemici, giornalisti e curiosi, di leggerlo con attenzione.
Mi assumo sempre la piena responsabilità delle mie idee e delle loro esplicitazioni e lo faccio anche in questo caso. Un mio precedente tweet, scritto in effetti malamente da un mio collaboratore, ha scatenato l’inferno. E’ stata una cosa mal fatta. Mi dispiace e chiedo scusa, per me e per chi l’ha scritto. Chi lavora talvolta sbaglia. E magari imparando dall’errore, migliorerà in futuro”.
Lo ha scritto il presidente della Liguria Giovanni Toti in un post su Facebook.“Chi temo non possa migliorare e farà grandi danni al Paese nel prossimo futuro è chi meschinamente strumentalizza per evitare di dare risposte su un tema difficile, umanamente, eticamente, politicamente ed economicamente. Pertanto meglio buttarla, come si dice, in gazzarra”, sottolinea Toti.
TOTI
Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
GIOVANNI TOTI FESTEGGIA LA VITTORIA CON UN PIATTO DI PANSOTI
Raramente un tweet aveva messo d'accordo tutti come quello apparso ieri mattina sul profilo ufficiale di Giovanni Toti, presidente della Liguria. Una sequela di «Vergogna», «Si dimetta», «Abominio», «Parole naziste» accoglie il pensiero del leader di Cambiamo. Che si scusa per la forma, ma non fa marcia indietro nella sostanza: «Il mio collaboratore che ha commesso l'errore in una live tweet , come me, si scusa, imparerà e migliorerà. Ma non lo farà una classe dirigente ipocrita, meschina, che la butta in gazzarra e non vuole vedere la realtà drammatica che abbiamo di fronte».
Nel tweet è scritto che la maggioranza dei morti sono persone «per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese».
Suona terribile.
«È un passaggio scritto in modo maldestro e mi dispiace se ha ferito qualcuno. Ma la sostanza è chiarissima».
Evidentemente no, se non lo ha capito nessuno.
«Non è piacevole chiedere sacrifici alla popolazione. Ma per il nostro presente e il nostro futuro, è più giusto adottare politiche che contengano il danno proteggendo i più fragili e più esposti - gli over 75 anni che rappresentano il 90% dei morti -, o impedire che vadano a scuola, all'università, a lavoro persone giovani, sane, che spesso sono asintomatici o superano senza problemi la malattia?».
Ma il suo tweet fa pensare a un sacrificio sopportabile, quello delle vite degli anziani, rispetto a uno insostenibile, quello della produzione.
«È il contrario. Io dico che non ha senso che in guerra vadano allo stesso modo gli ottantenni come i ventenni, dico che il peso in questa fase - mandare avanti il Paese per reggere all'urto dell'emergenza sanitaria ora e della crisi economica e sociale per il futuro - deve essere portato da chi le forze le ha, proteggendo chi non le ha».
Che significa?
«Che prima di pensare ad ulteriori chiusure di attività che servono al sostentamento del Paese e anche a pagare le pensioni, bisognerebbe adottare interventi differenziati. Vogliamo immaginare per esempio fasce orarie nei supermercati, alle poste, in banca dedicate ai più anziani? A bonus taxi per gli over 75, come qui in Liguria, perché non debbano usare mezzi pubblici? E vale anche per i comportamenti di tutti i giorni».
Non c'è un rischio ghetto?
«Non è ghetto, è protezione. Mio padre ha 81 anni, è cardiopatico, sta molto attento ad uscire di casa e fa bene. Mia sorella ha 50 anni, fa la commessa, se il suo negozio chiude non avrà più lavoro. Chi va protetto e chi deve continuare a fare la sua vita?
giovanni toti con gli occhiali arancioni
So bene quanto pesi la rinuncia a vedere i nonni, a frequentare le persone, so anche quanto grande sia il contributo economico e pratico per le famiglie che gli anziani danno. Ma se la casa brucia è crudele o è umano dire che i primi a dover scendere dalla scala dei pompieri sono i più fragili?».
Quindi il «sacrificio» della socialità degli anziani serve per salvare gli altri?
«Serve prima di tutto a salvare loro stessi e in ogni caso abbiamo chiuso palestre, pub, scuole, università imponendo sacrifici a chi frequentando questi luoghi molto raramente si ammala in modo grave di Covid. L'alternativa è la perdita di attività produttive con danni economici e sociali per anni».
Non si poteva «pensarci prima», facendosi trovare meno impreparati, vivendo un'estate meno spensierata?
«Non è vero che siamo impreparati, ci sono più posti letto, cure, mascherine, c'è tracciamento. E sull'estate, meno male che si è riaperto, con un Pil che è salito del 13%, altrimenti oggi saremmo stati molto peggio. Purtroppo nessuno è riuscito a fare bene, da nessuna parte, probabilmente non si poteva. Oggi però possiamo modulare i nostri interventi, proteggendo i più deboli e salvaguardando il lavoro dei più resistenti».