Estratto dell’articolo di Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
«L’ attacco di Hamas contro Israele non è caduto dal cielo all’improvviso. È maturato negli ultimi due decenni, caratterizzati dalla creazione di un Medio Oriente post-americano», dice Fareed Zakaria, analista della Cnn e uno dei grandi guru americani di politica estera.
«Dobbiamo ricordarci — aggiunge — che Hamas non è solo una voce del popolo palestinese, ma un’organizzazione votata alla distruzione di Israele, ecco perché lo Stato ebraico sta reagendo in modo così violento e massiccio. Siamo dentro un potente conflitto tra narrazioni diverse: Israele è decisa a distruggere Hamas, ma la tragedia è che può farlo solo distruggendo anche Gaza e causando migliaia di vittime civili».
Ma il governo di Netanyahu ha favorito Hamas, per delegittimare l’Autorità palestinese e mettere una pietra tombale sopra la soluzione due popoli, due Stati, che sia lui sia Hamas aborriscono.
«Vero al cento per cento. Netanyahu ha facilitato i finanziamenti del Qatar ad Hamas, ha moltiplicato i permessi di lavoro ai transfrontalieri che venivano da Gaza, mirando a dividere i palestinesi e poter dire che la soluzione dei due Stati era impossibile in assenza di un interlocutore.
Ma c’è un’altra tessera del mosaico: dopo la generazione dei Peres e dei Rabin, perfino di Sharon, negli ultimi 15 anni i governi d’Israele, tutti dominati dalla destra, non hanno fatto più alcuno sforzo per offrire una prospettiva ai palestinesi e l’Autorità palestinese, corrotta e debole di suo, è stata così delegittimata che fra i palestinesi si è radicata la convinzione che la lotta non violenta e la via diplomatica non portano da nessuna parte. In questo senso il governo israeliano ha alimentato frustrazione e disperazione, portando i palestinesi a concludere che la violenza sia l’unica strada».
Come finisce questo conflitto? Vediamo una intensa attività diplomatica americana, ma Netanyahu appare irremovibile.
«[...] anche i miei amici della sinistra sono oggi su posizioni durissime. Temo che l’operazione di terra israeliana sia destinata a continuare a oltranza, qualunque cosa dica l’amministrazione. La vera sfida sarà dopo: chi governerà Gaza?».
Ha una risposta?
«Distrutta l’autorità politica occorre qualcuno che governi, lo abbiamo visto in Iraq. E in questo caso sospetto che sarà proprio Israele: rioccuperanno Gaza».
Ma il governo di Netanyahu dice di non volerlo fare.
«Le altre alternative sono l’Autorità palestinese o una coalizione di Stati arabi. Ma il livello di distruzione causato dall’azione israeliana crea un’atmosfera talmente avvelenata che l’Autorità palestinese, già poco autorevole, non vorrà certo entrarvi dietro i carri armati di Tsahal, né vorranno farlo egiziani o sauditi per governare in una situazione dove quasi certamente i superstiti di Hamas o una nuova Jihad lanceranno continui attacchi terroristici. [...]».
Quindi gli Usa, secondo lei, non hanno alcuna influenza sulla situazione?
«No. Gli israeliani non sono mai stati così sconvolti. Tom Friedman, che conosce il Paese come nessun altro, ha scritto di non averli mai visti così paranoici e preoccupati per la propria sopravvivenza».
Friedman dice anche che Israele è in pericolo. Concorda?
«Parla della combinazione di nemici che la minaccia: Hezbollah, Hamas, le milizie irachene, gli Houthi, e naturalmente l’Iran. Ma credo sia esagerato. Teheran non vuole andare a una guerra frontale, la sola minaccia sono Hezbollah e Hamas che però Israele può fronteggiare. È facile dimenticarsi che è la potenza militare di gran lunga dominante nella regione ed ha anche armi nucleari.
È vulnerabile agli attacchi terroristici, questo sì, ma come dimostra l’attuale situazione è in grado di reagire. La sfida che però Israele dovrà affrontare prima o poi è quella di oltre 5 milioni di palestinesi che vivono tra la Cisgiordania e Gaza, senza diritti, futuro politico, né Stato. Non potrà andare avanti a lungo, sette milioni di ebrei non potranno governare cinque milioni di palestinesi per sempre».
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