Estratto dell’articolo di Elisabetta Rosaspina per il “Corriere della Sera - Edizione Milano”
Chi ha meno di trent’anni la riconosce a occhi chiusi. È la voce italiana di «Sailor Moon», la protagonista della saga giapponese ideata all’inizio degli anni 90 da Naoko Takeuchi. Ed è anche la doppiatrice di Reese Witherspoon in «Quando l’amore brucia l’anima-Walk the Line», il film del 2005 con il quale l’attrice americana vinse l’Oscar. È la Pippi Calzelunghe in cartone animato che ha incantato tanti piccoli «millenials». Ed è con la sua voce che decine di brand, come Chicco, Cinzano, Garnier o L’Oréal hanno sedotto i telespettatori.
Ma adesso è la voce preoccupata, per non dire indignata, dell’Adap, l’Associazione doppiatori e attori pubblicitari, (150 iscritti con sede a Milano), della quale Elisabetta Spinelli è, prima donna in 42 anni, la presidente in carica dal 2022: «Le nostre voci sono in pericolo, ma questo sembra non importare a nessuno, anche se non sono solamente gli attori e i doppiatori a essere minacciati dagli algoritmi dell’Intelligenza artificiale […]».
Come può un algoritmo clonare esattamente e impunemente una voce tanto riconoscibile?
«Può, e lo sta facendo. Toglierà la parte umana ed emotiva della comunicazione.
Sappiamo che i creatori dell’Intelligenza artificiale stanno imparando a usare ogni tipo di intonazione, alta e bassa, anche se ancora non sono arrivati a riprodurre le intenzioni».
Le intenzioni?
«Sono ciò che sottintende la battuta di un personaggio. Sono la parte più emotiva. Se io dico, per esempio: “È tanto che non ci vediamo!” Posso comunicarlo come un rimprovero, come un rammarico, come una constatazione, oppure con gioia per essersi finalmente ritrovati. Ci sono mille sfumature che l’Intelligenza artificiale non riesce ancora a rubare all’interpretazione di un attore. Ma loro possono già prendere la mia voce, lavorarla e riutilizzarla».
[…]
Quindi quale potrebbe essere la soluzione?
«Chiediamo che venga dichiarato dove siano state prese le voci e che ci sia un consenso informato a monte […]».
Com’è il mestiere del doppiatore?
«Alterno il lavoro in teatro al doppiaggio e alla direzione del doppiaggio. Ho iniziato a 15 anni con le fiabe per bambini in teatro. Ho partecipato a laboratori di Dario Fo e di Ludwik Flaszen e, quando avevo trent’anni, è arrivata la proposta di Sailor Moon. Il nostro è un lavoro di squadra, faticoso, con turni di tre ore, ripetibili tre volte al giorno, con coinvolte tante altre figure professionali: fonici, traduttori, assistenti al doppiaggio, dialoghisti. Non merita di sparire. È una battaglia fra “Intelligenza artistica” e Intelligenza artificiale da combattere prima che sia tardi».
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