Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “la Stampa”
Vannacci lo conosceva bene. «Era un giovane capitano alle mie dipendenze. Lo ricordo come un ufficiale serio e affidabile». […] ora il generale di corpo d'armata Giorgio Battisti, che ha avuto diversi periodi di comando in Afghanistan e poi in prestigiosi comandi della Nato, non può che alzare le spalle: «Secondo me, il libro non ha inciso per nulla sulle forze armate, né in un senso né nell'altro. Sono sue idee».
[…] Ha fatto scalpore la nomina a capo di stato maggiore del comando forze operative terrestri.
«Polemica eccessiva, direi. Ai miei occhi è piuttosto la prova di quanto sia poco conosciuto all'esterno il nostro mondo. Un capo di stato maggiore è un capostaff, con ruolo di coordinamento e di studio. Non ha ruoli di comando diretto, che spettano invece al comandante e al vicecomandante».
Qualcuno ha addirittura pensato che fosse stato messo alla guida dell'intero esercito.
«Errore clamoroso. A Vannacci è stato dato un incarico adeguato al suo grado di generale di divisione e al suo curriculum. Ma niente di più».
E chi grida allo scandalo?
«Posizioni preconcette. Inducono a credere a quello che si vuol credere. Hanno visto in questo incarico una promozione di grado o una attribuzione di una posizione di particolare rilievo, quando in realtà non è così. Tutti gli incarichi per generali di divisione sono equivalenti per importanza e per compiti».
In pratica, l'esercito lo sta tenendo lontano dalle truppe e dai reparti operativi. Come era già a Firenze, confinato all'Istituto geografico militare.
«Guardi, a questi livelli non esistono incarichi di serie A o di serie B. Anche l'Istituto geografico è un incarico di primaria importanza: da lì si rilasciano le carte topografiche che dovranno essere utilizzate dai reparti operativi, è abbastanza ovvio che sia un aspetto delicato. […]».
Concludendo, secondo lei il caso Vannacci ha danneggiato le forze armate?
«Non penso. […] Il generale ha espresso a titolo personale alcune sue idee. […]».