“PENSAVO DI ESSERE AMMALATO. HO VISTO TUTTE QUELLE PERSONE FELICI E HO PROVATO INVIDIA”- ANDREA TOMBOLINI, L’ACCOLTELLATORE CHE HA SEMINATO IL PANICO AL CENTRO COMMERCIALE DI ASSAGO UCCIDENDO UNA PERSONA E FERENDONE 5, E’ UN 46ENNE IN CURA PER PROBLEMI MENTALI - QUALCHE GIORNO FA UNA CRISI AUTOLESIVA E IL PASSAGGIO AL PRONTO SOCCORSO – IL RACCONTO DEI TESTIMONI: “CI SIAMO TROVATI QUESTO MATTO CHE TIRAVA COLTELLATE A CASO, UN INCUBO”

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ASSALTO CENTRO COMMERCIALE ASSAGO ASSALTO CENTRO COMMERCIALE ASSAGO

 (ANSA) - "Pensavo di star male, di essere ammalato. Ho visto tutte quelle persone felici, che stavano bene, e ho provato invidia": è quanto ha detto in sintesi Andrea Tombolini al pm di Milano Paolo Storari che lo ha arrestato, con le accuse di omicidio e tentato omicidio plurimo, per aver accoltellato le persone tra gli scaffali del supermercato Carrefour in un centro commerciale di Assago, nel Milanese.

 

Nelle prossime ore il pm inoltrerà la richiesta di convalida dell'arresto del 46enne, che era in cura per problemi mentali, e si trova ora piantonato all'ospedale San Paolo nel reparto di Psichiatria.

 

 

 

IL RACCONTO

Pierpaolo Lio per il “Corriere della Sera”

 

Sono i volti terrorizzati delle persone in fuga a far intuire il terrore, a stravolgere un banale giovedì pomeriggio. Per alcuni interminabili minuti, la ressa al Carrefour di Assago, comune alle porte di Milano, vive il panico senza sapere e senza capire. Osserva pietrificata la gente terrorizzata e in lacrime allontanarsi a perdifiato. Sente le urla di spavento, i singhiozzi. Ma non vede nulla.

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«Io ero lì, stavo entrando mentre iniziavano a scappare le prime persone - racconta ad esempio Domenico Anselmo -. Non si capiva niente, tantissimo terrore, e un fuggi fuggi generale».

 

Come lui, sono in molti a scoprire la follia esplosa tra le corsie solo più avanti, mentre le sirene s' affollano tutt' attorno.

 

Mentre la comunità dei dipendenti intanto s' attiva, telefonino alla mano, per capire, per sincerarsi delle condizioni dei colleghi. «L'ho saputo dalla tv, e abbiamo iniziato tutte a chiamarci e a scriverci», spiega Giovanna Fontana, da tempo in pensione, ma ancora legata a molti al punto vendite di Assago. «È stato un incubo, mi hanno detto. Si sono trovati davanti questo matto». L'aggressore ha detto qualcosa? «Non lo sanno, troppa confusione, urla, caos».

 

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«Luis è stato sfortunato», dice della vittima: «Non lo conoscevo bene, lavorava ai reparti, andava in cassa solo raramente». Tra i feriti c'è un altro dipendente, di 40 anni, a cui è molto legata: «Un ragazzo d'oro. Lo conosco da quando, studente universitario, era arrivato in stage». In quei momenti, mentre sulle pagine social della zona rimbalzano gli avvertimenti a non avvicinarsi, all'interno chi non riesce a prendere la via dell'uscita cerca riparo dove può.

 

Spesso è l'aiuto di commercianti e commesse dei negozi affacciati sulla galleria centrale a offrire un nascondiglio per sottrarsi all'incubo. «Lì per lì ho preso una cliente e l'ho portata nel magazzino», è la prima reazione della dipendente della boutique Capello point: «Non potendo chiudere il negozio da dentro, ho pensato di rinchiuderci nel magazzino. Qua di fronte ci sono le casse e l'uscita: se l'aggressore non vede nessuno, prende e va, è stato il mio ragionamento».

 

massimo tarantino 3 massimo tarantino 3

Non c'è tempo per scoprire da cosa bisogna mettersi al sicuro. C'è chi parla di «un pazzo che tirava coltellate a caso», il panico che si rincorre da corsia a corsia, e l'input è solo scappare o nascondersi. «C'era chi gridava, gente che correva, le guardie - ricorda sempre la donna -. Ci hanno detto di evacuare tutti, evidentemente perché pensavano che l'aggressore potesse uscire». «Io avevo sentito qualcuno gridare aiuto, e ho immaginato che qualcuno si fosse sentito male: non ho visto nessuno insanguinato. Poi ho visto la gente scappare, i carabinieri».

 

È lo stesso che capita a una ragazza, ancora scossa da quanto accaduto, «rinchiusa» dentro a uno dei bar per tenere fuori la follia. «Vedevamo anche il resto della ristorazione chiudere nascondendo le persone dentro»: «Eravamo veramente terrorizzate, non capivamo cosa succedeva, vedevamo gente scappare in lacrime. Mi è rimasta molto impressa una ragazza che piangeva, completamente sotto choc. Alla fine siamo uscite mentre dall'altoparlante chiedevano l'intervento urgente di un medico».

 

Oggi il Carrefour sarà chiuso per lutto. Ha attivato un servizio di supporto psicologico. «Siamo profondamente addolorati nell'apprendere del decesso di un nostro dipendente. Ci stringiamo attorno alla sua famiglia - afferma il ceo Christophe Rabatel - e siamo vicini alle famiglie delle altre vittime».

 

LUIS FERNANDO RUGGIERI LUIS FERNANDO RUGGIERI

Esprimono solidarietà il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il Comune di Assago e il governatore Attilio Fontana: «Serata amara per la Lombardia».

 

 

IL RITRATTO DI ANDREA TOMBOLINI

Cesare Giuzzi per corriere.it

 

Solitario, senza una fidanzata, praticamente senza amici. Andrea Tombolini, il responsabile degli accoltellamenti di giovedì sera al Centro Commerciale Milanofiori di Assago, alle porte di Milano, era una specie di hikikomori di 46 anni, un ragazzo cresciuto con i genitori, quasi impaurito dal mondo che aveva intorno. «Persone perbene», ripetono conoscenti e investigatori parlando di mamma e papà Tombolini, che hanno sempre cercato di stare vicino a quel figlio «ansioso» e «premuroso». Non s’era isolato dalla società per scelta, ma fin da ragazzo era rimasto naturalmente ai margini delle compagnie di amici, del divertimento, della vita.

«Non era mai stato aggressivo né violento», ha ripetuto per ore il padre sconvolto davanti ai carabinieri. Parole che sembrano una difesa di circostanza davanti alle immagini delle telecamere di sorveglianza del Carrefour di Assago che mostrano Tombolini correre come una furia con il coltello in pugno e ferire a caso le sue vittime. Invece sembra davvero sia così. 

 

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Perché prima dell’assalto di giovedì pomeriggio nel centro commerciale di Assago il solo episodio violento che lo riguarda sarebbe legato a un ricovero in pronto soccorso, il 18 ottobre, dopo un gesto autolesivo. In quell’occasione sarebbero stati gli stessi familiari di Tombolini a chiamare i soccorsi: lui in preda a una crisi s’era preso a pugni in testa e in faccia. 

 

Aveva fatto tutto da solo e davanti ai medici del San Paolo non era riuscito a spiegare il perché. Se ne era andato dall’ospedale con una segnalazione ai servizi psichiatrici per approfondimenti. Un iter di base, a cui non avevano fatto seguito ricoveri urgenti o trattamenti sanitari obbligatori. «Un disagio non attenzionato ma perché non aveva mai dato segnali di aggressività». 

 

Tombolini era tornato a casa con i genitori, in un quartiere delle periferia sud di Milano, alla sua vita solitaria e nel suo mondo chiuso e isolato. Nel suo fascicolo sanitario, ora al centro degli approfondimenti dei carabinieri coordinati dal pm Paolo Storari, risulterebbe un’altra crisi, ma non violenta, dopo un intervento alla schiena. Non «una delicata operazione alla colonna vertebrale» come il 46enne diceva ai genitori, ma un intervento di routine, senza nessuna conseguenza fisica.

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Ma per lui era diventata una sorta di ossessione, come se «fosse un malato grave, in procinto di morire», hanno raccontato i genitori agli investigatori. Non era così, ma nella sua testa quell’idea aveva iniziato a rimbalzare martellante. 

 

Ora Tombolini è ricoverato piantonato in una stanza del reparto di psichiatria del San Paolo. Le sue condizioni sono apparse agli inquirenti incompatibili con il carcere, per il momento, anche se è in arresto per omicidio e tentato omicidio. È stato interrogato dal pm Paolo Storari, ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere, ha raccontato alcuni flash di quanto successo ieri.

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Ma ora la sua versione dovrà essere confermata dagli accertamenti degli investigatori. Ora è nella mani dei medici nel tentativo di fargli ritrovare un po’ di lucidità. Non ha ancora spiegato nel dettaglio il perché del suo raid con il coltello in pugno. 

 

Quando i carabinieri del radiomobile di Corsico lo hanno fermato era a terra vicino alle case, sporco di sangue, urlava soltanto «ammazzatemi». Con gli investigatori non è mai stato aggressivo, s’è lasciato ammanettare e portare via. 

 

PABLO MARI' PABLO MARI'

Al Carrefour era arrivato sette minuti prima di compiere l’assalto. Lo hanno confermato le telecamere esterne. Ha parcheggiato la sua bici all’esterno, è entrato, poi s’è diretto verso la corsia dei casalinghi. Ha preso con facilità un coltello dall’espositore dopo averlo scelto con cura (ora Carrefour sta prendendo misure di sicurezza in tutti i supermercati) poi ha atteso qualche secondo prima di lanciarsi di corsa tra i reparti. «Urlava parole senza senso», dicono i testimoni. Urlava e colpiva. Tutto è durato un minuto. Poi è stato fermato, è caduto a terra e si è lasciato arrestare. Come se la sua esplosione di rabbia fosse finita insieme alle sue forze.

 

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