Estratto dell’articolo di Riccardo Caponetti per “la Repubblica”
Con il sedere rosso per i tanti pizzicotti ricevuti dall’allenatrice, Maria (nome di fantasia) è seduta nello spogliatoio della palestra di ginnastica artistica a Imola. Ha 7 anni e non sa come raccontare la violenza appena subita in allenamento, accompagnata da vessazioni, ai genitori. Era il 2018, adesso Maria è un’adolescente e, con altre tre compagne della stessa palestra, ha deciso di denunciare alla procura di Bologna i maltrattamenti subiti. I pm hanno aperto un’inchiesta, notificando l’avviso di garanzia all’istruttrice.
[…] Tra le ginnaste che hanno sporto denuncia c’è anche Luisa, un altro nome di fantasia: «Presi uno schiaffo così forte da lasciarmi l’impronta sulla pelle. Per non parlare degli insulti: lei prendeva i coni grandi per usarli come microfono davanti a tutti».
[…] I racconti di Luisa sono sovrapponibili a quelli di tutte le altre ex ginnaste che in questi mesi hanno denunciato vessazioni e umiliazioni. Lo schema è lo stesso, si ripete in (quasi) tutte le palestre del Paese: «Ricevevamo bacchettate in testa e io venivo sempre sminuita con frasi tipo “sei in Nazionale solo per merito nostro, non sei nessuno” o “sei stupida”. Era avvilente. Una volta l’allenatrice mi ha controllato la borsa, ha trovato 3 cioccolatini e mi ha fatto una scenata».
Molte atlete inoltre erano costrette ad allenarsi nonostante problemi fisici: «Se avevamo degli infortuni nessuno ci credeva. “Stai male solo perché non vuoi lavorare”, ci sentivamo ripetere. E se il medico ci diceva di riposare 5 o 10 giorni era uguale: era l’allenatrice a decidere. Ora vogliamo avere giustizia». […]
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