Melania Rizzoli per Libero Quotidiano
«Io dono il sangue, ho aderito alla donazione di midollo, cosa c' è di diverso se dono anche i miei ovuli? Nei primi due casi posso salvare una vita, mentre con un solo ovulo contribuisco a darla, a crearne una. Se io dono gli ovuli, io dono la vita, e la regalo ad un bimbo che non nascerebbe mai senza la mia generosità. Non è meraviglioso?».
Patricia ha 24 anni, è una studentessa universitaria, ed è arrivata a Milano da Valencia, dove vive, per raccontare la sua esperienza durante un incontro promosso dal centro clinico Ivi, una realtà spagnola specializzata nella riproduzione assistita, che conta più di 70 cliniche in tutto il mondo, dopo la recente fusione con il gruppo americano Rmanj, e che recentemente ha aperto un centro anche a Roma per una parte del percorso di gravidanza (prima visita e monitoraggio), limitando così i viaggi delle pazienti in Spagna solo per le fasi cruciali.
«La mia prima volta è stata a 22 anni. L' ho voluto io e mi sono presentata nella clinica Ivi con mia mamma. In Spagna è previsto un compenso di circa mille euro a donazione, e questo aiuta, ma non è stato certo il denaro la mia molla.
Non cercavo nulla in cambio. Semplicemente è gratificante per me pensare di poter aiutare un' altra donna o una coppia in difficoltà, con il mio contributo. Io ho donato due volte. La seconda su chiamata del centro. Non mi sono mai pentita e lo rifarei di nuovo».
Patricia ha capelli castani, occhi scuri e sguardo fiero. «In Spagna sono moltissime le ragazze donatrici che si presentano all' Ivi. Hanno un' età compresa tra i 18 e i 35 anni, e l' iter di controllo è molto rigido. L' idoneità alla donazione viene stabilita in una prima fase con un colloquio personale e con un incontro con lo psicologo. Chi supera questo primo screening viene sottoposto ad accertamenti clinici, ecografie, visita ginecologica ed esami del sangue».
In realtà in questi centri di medicina riproduttiva solo il 30% delle ragazze potenziali donatrici passa alla fase successiva, quella dei controlli sul cariotipo e del test di compatibilità genetica per verificare se siano presenti alterazioni cromosomiche che potrebbero trasmettere malattie genetiche nei nascituri.
La direttrice di Ivi Roma, Daniela Galliano, spiega che vengono ricercate fino a 600 patologie, ed il test viene fatto anche all' uomo della coppia che chiede l' ovodonazione, per evitare che si incrocino portatori sani.
Naturalmente sono tutelate anche le donatrici, che restano rigorosamente anonime, che possono sottoporsi ad un massimo di 6 cicli, con un tetto massimo di 6 figli, compresi i propri. Patricia aggiunge: «Io stessa mi vedo madre in futuro. Non ho avuto fastidi con la stimolazione ovarica. Sono stata preparata con una iniezione al giorno per 12 giorni e sono stata sempre monitorata. Sentivo solo un po' di tensione come succede prima del ciclo mestruale. Poi il giorno del prelievo vieni sedata, ed in laparoscopia ti prelevano gli ovuli maturi, con una procedura che dura 20 minuti, e la sera stessa torni tranquillamente a casa».
In Spagna la donazione di ovuli è diventata un fattore culturale, ed il Paese è il primo al mondo che detiene il record di donazione di organi di ogni tipo.
La Ivi, fondata nel 1990, ha all' attivo 160 mila bebè concepiti con le tecnologie avanzate di Pma (procreazione medicalmente assistita), ed è tuttora la meta preferita di molti aspiranti genitori italiani, avendo realizzato la Banca centrale di ovociti più grande d' Europa, che solo nel 2016 ha registrato oltre 7 mila cicli di donazione.
In Italia, nonostante dal 2014 la legge consenta di ricorrere all' eterologa, le donatrici scarseggiano, ed anche le procedure di importazione dall' estero sono complicate, per cui non si fermano i viaggi delle coppie italiane oltre confine. Dal 2012 al 2016 sono state più di 7 mila le pazienti italiane che si sono sottoposte a fecondazione nei centri Ivi, e quasi 3 mila quelle eseguite con la procedura di fecondazione omologa, cioè con ovuli e sperma della coppia.
Esiste anche una statistica sulle richieste psico-somatiche dei futuri figli. Le italiane si presentano cariche di dubbi, soprattutto sulle donatrici, che vogliono giovani, in salute e simili a loro, specie per il colore degli occhi.
Le inglesi invece si informano su educazione, intelligenza, caratteristiche fisiche (altezza), e livello di studi, mentre le francesi si preoccupano della taglia delle donatrici, così come del carattere e della intelligenza, requisiti rIchiesti anche dalle spagnole, che aggiungono le informazioni sulle doti artistiche e la somiglianza a livello sociale.
Il 31% delle pazienti che si rivolgono ai centri spagnoli sono quindi donne italiane, la più alta percentuale tra le straniere,e nel totale il 10% sono donne single od omosessuali, mentre il restante 90% è rappresentata da donne eterosessuali, con un' età che varia dai 37,5 anni per la fecondazione omologa, ai 42,7 di chi si rivolge al centro per cicli di ovodonazione. L' affluenza non si è affatto ridotta dopo il via libera all' eterologa in Italia, anzi, se nel 2014 le prime visite delle nostre connazionali sono state 1.299, nel 2016 sono salite a quota 1.671, e la richiesta anche quest' anno è in continuo aumento.
L' identikit dell' ovodonatrice Ivi è quello di una ragazza di qualunque nazionalità tra i 25 e i 26 anni in media, per la metà con figli; un terzo studia all' università, un terzo frequenta il liceo e il 40% è sposata o convive.
Patricia continua: «Il personale del centro ti prende per mano e ti segue in ogni fase, senza mai lasciarti sola. Mia madre ha appoggiato la mia scelta e ha deciso di starmi vicino. Domani una mia amica farà la sua prima visita. Donare gli ovuli non è costoso, ma gratificante. Fatelo, perché ne vale la pena».
L' infertilitá diventa un problema per le donne che arrivano vicino allo scadere dell' orologio biologico senza aver avuto figli, e viene vissuta spesso in solitudine, tra delusioni, speranze e dolori come fosse un fallimento della vita femminile.
Al centro Ivi si prelevano e conservano anche gli ovuli di quelle donne che decidono di posticipare la loro maternità, per ragioni sociali o di malattia, per farseli reimpiantare in un altro periodo della loro vita. Per questo la ricerca si sta concentrando sul ringiovanimento ovarico, per preservare e prolungare la fertilità, fino all' impiego delle cellule staminali nella medicina della riproduzione.
E le gravidanze programmate negli ultimi anni hanno raggiunto numeri davvero sorprendenti, con un grande aumento di parti gemellari, che ultimamente sono i più richiesti. Ha fatto notizia ultimamente la nascita di due gemelle, una di pelle bianca e l' altra nera, concepite con pma da una madre inglese e un padre africano, una rarità genetica che quasi mai avviene in natura, la quale di regola miscela al 50% le caratteristiche materne e paterne per creare nuovi individui, senza selezionarli in modo così netto.
Molti anni fa una donna affascinante cercò di sedurre Albert Einstein facendogli questa proposta: «Facciamo un figlio, pensa se nasce con la mia bellezza e la tua intelligenza»; e il fisico rispose: «Io invece mi preoccuperei se nascesse con la mia bellezza e la tua intelligenza...». È chiaro che allora ci si affidava ancora ed esclusivamente a madre natura.