Estratto dell’articolo di Salvo Palazzolo per www.repubblica.it
salvini open arms vignetta by rolli per il giornalone la stampa
«Salvini era consapevole della illegittimità dei suoi atti». E ancora: «Quelle sue inedite posizioni diedero luogo a un vero e proprio caos istituzionale: la strategia perseguita fu quella di piegare le norme alla politica dei porti chiusi». Per la procura di Palermo, Matteo Salvini è pienamente responsabile dei reati di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio. Viene chiesta la condanna a 6 anni di carcere.
«Aveva l’obbligo di concedere il porto sicuro e non lo fece», dicono i pm. E ancora: «Questa situazione costrinse le altre istituzioni coinvolte ad approntare soluzioni di fortuna non potendo di certo permettersi di lasciare quei naufraghi senza terra». Sono durissime le parole della procuratrice aggiunta Marza Sabella, che ha condotto la requisitoria con i colleghi sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi.
matteo salvini - processo open arms
«Leggeremmo uno dopo l’altro i nomi di queste persone per ricordarle nella loro individualità, perchè è anche per ciascuna di queste persone che chiediamo la condanna dell’imputato, oltre che per difendere i confini del diritto». A Salvini arriva subito la solidarietà della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall'immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al ministro Salvini». E lui rilancia: «Sei anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli Italiani? Follia. Difendere l’Italia non è un reato e io non mollo, né ora né mai».
L’atto d’accusa
matteo salvini - processo open arms
«Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare», dice la dottoressa Sabella. «L’innalzamento dei confini serve solo a non vedere». La requisitoria della procura di Palermo contro l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ha toni chiarissimi, va avanti dalle dieci del mattino alle 17.30: le regole poste durante la drammatica stagione 2019, quando furono bloccati 147 migranti a bordo della nave Open Arms, «furono incapaci di tutelare i diritti».
Il sostituto procuratore Geri Ferrara parla di «iter criminoso nel non concedere il Pos, il place of safety». Perché il migrante «ha diritto di arrivare in un porto sicuro. I diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini». Il magistrato ricorda le convenzioni internazionali che «impongono delle responsabilità agli Stati», soprattutto quando i migranti di salvare solo minorenni: «C’è l’obbligo di soccorso in mare». Salvini ha scelto di non essere presente in aula […]
Il “muro” di Salvini
MATTEO SALVINI A PALERMO PER IL PROCESSO OPEN ARMS
Nell’estate del 2019, l’allora ministro dell’Interno alzò un muro nel Canale Sicilia. Non concedendo il “porto sicuro” alla nave di una Ong spagnola che all’inizio di agosto aveva soccorso, nel corso di tre operazioni nel Canale di Sicilia, 147 migranti. Così, partì l’indagine per sequestro di persona, perché – ha scritto la procura di Palermo e il tribunale dei ministri ha ribadito – «Salvini provocava l’illegittima privazione della libertà personale dei predetti migranti, costringendoli a rimanere a bordo della nave per un tempo giuridicamente apprezzabile, precisamente, dalla notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019 sino al 18 agosto 2019, quanto ai soggetti minorenni, e per tutti gli altri sino al 20 agosto 2019, data in cui, per effetto del sequestro preventivo della nave, disposto dalla procura di Agrigento, venivano evacuate tutte le persone a bordo».
MATTEO SALVINI AULA PER IL PROCESSO OPEN ARMS
“Tutela dei diritti”
«Il principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali – dice il pm Geri Ferrara – Persino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare a conferma dell’universalità dei beneficiari. In questo processo affrontiamo il tema dei diritti dell'uomo, la vita, la salute e la libertà personale che prevalgono sul diritto a difendere i confini». Il magistrato ricorda quando detto dalle Nazioni Unite: «La rotta del Mediterraneo centrale è la più pericolosa del mondo, è dunque prioritaria la tutela della vita dei naufraghi».
E ribadisce che «Libia e Tunisia non possono essere considerati porti sicuri, come si è detto in questo processo». E’ la tesi di Salvini. «Ma anche l’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, all’epoca capo di gabinetto del ministro dell’Interno Salvini, ci ha detto in quest’aula che Libia non può considerarsi un porto sicuro». In base delle convenzioni internazionali, ricorda il pm, «in presenza di un evento di soccorso in mare anche i criminali o i terroristi, presunti o reali, non possono essere lasciati in mare. Anche loro devono essere salvati. E, poi, dopo, eventualmente processati».
La responsabilità del ministro
Ma a chi spettava rilasciare il Pos, il place of safety, il porto sicuro? Per la procura di Palermo non ci sono dubbi: «La competenza era del ministro dell’Interno, la modifica era stata legittimamente fatta dallo stesso Salvini, spostando la competenza da un ufficio del Viminale al titolare del dicastero. Ma il rilascio del Pos deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti umani», dice Geri Ferrara, che ribadisce: «La competenza era di Salvini, una condizione che il ministro Piantedosi ha cercato di diluire nella sua deposizione».
Salvini ha invocato la difesa dei confini, ipotizzando che a bordo potessero esserci terroristi: «Ma nessuno dei responsabili delle forze dell’ordine sentiti in questo processo ha detto di saperne nulla», accusa la procura. Un’altra tesi difensiva riconnette la negazione del Pos «alla necessità che prima si facesse la redistribuzione dei migranti in Europa». Il pm Ferrara non usa mezzi termini: «Prima si fanno scendere i migranti, che a bordo erano in una situazione di rischio, poi si redistribuiscono. Altrimenti, si rischia di fare politica sulla pelle di chi soffre perchè in mare da diversi giorni, in condizione precaria su un’imbarcazione».
[…]
La configurazione del reato
Il pubblico ministero Giorgia Righi ripercorre quella drammatica estate del 2019, poi la collega Marzia Sabella introduce l’ultimo capitolo della requisitoria. «Il ministro Salvini aveva l’obbligo di indicare un porto sicuro per lo sbarco dei migranti dalla nave Open Arms. E i 147 migranti avevano maturato il corrispondente diritto di vedere riconosciuta la loro libertà personale». E non c’era alcun rischio di terroristi a bordo. «La Ong operava nel rispetto di tutte le disposizioni previste dalla legge». Nel processo, la difesa di Salvini ha cercato di paventare l’ipotesi che la Ong fosse d’accordo con gli scafisti. Ma anche questa tesi la pm Sabella demolisce: «Open Arms cercavano solo di salvare vite umane».
giulia bongiorno matteo salvini - processo open arms
Il ministro, ribadisce la procura, aveva poi l’obbligo di intervenire per salvaguardia dei minori nel momento in cui erano entrati nelle nostre acque territoriali. In quel mese di agosto, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte scrisse ben due lettere per sollecitare Salvini a far sbarcare i minori.
La richiesta di pena
Conclude la dottoressa Sabella: «Pensiamo che il dibattimento abbia dimostrato che almeno dal 14 agosto 2019 sussisteva il chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro di rllasciare il Pos. Che tale Pos doveva essere rilasciato senza indugio, non un’ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto; che il diniego avvenne in intenzionale e consapevole spregio delle regole; che l'intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne per ragioni di natura preventiva o repressiva, nè nella tutela dello stesso migrante ristretto, nè per altro bene tutelato dall'ordinamento giuridico; che l’intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne nel tentativo di proseguire un disegno politico governativo, magari con qualche forzatura giuridica non giusta ma quantomeno tendente alla giustizia. Che dunque il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione».