Finalmente lo vediamo scritto nero su bianco: l'aspetto fisico di una donna che si dichiara vittima di stupro è del tutto «irrilevante» e si tratta di un «elemento non decisivo» per valutare la credibilità della sua denuncia.
A sottolinearlo la Cassazione nelle motivazioni depositate dell'annullamento con rinvio delle assoluzioni dei due giovani sudamericani accusati di aver violentato una ragazza peruviana a Senigallia il 9 marzo 2013. Ad assolverli era stata la Corte di Appello di Ancona nel novembre del 2017 con un verdetto che faceva riferimento alla «mascolinità» della ragazza per minare la sua credibilità. E aveva ovviamente scatenato un polverone che era arrivato anche sulle principali testate mondiali.
«INCONDIZIONATA ACCETTAZIONE DI UNA NARRAZIONE DEI FATTI»
In particolare, la Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore della Corte d'Appello di Ancona e della ragazza ritenendo fondati i loro reclami. Secondo gli ermellini, i giudici di merito si sarebbero basati su una «incondizionata accettazione» della narrazione dei fatti proposta dalla difesa degli imputati mentre non è stato fatto alcun «serio raffronto critico» con il verdetto di condanna emesso in primo grado.
La Cassazione ha anche rilevato che senza il necessario «supporto probatorio» le dichiarazioni dei due imputati sul consenso al rapporto sessuale sono state prese per buone a fronte della brutalità del rapporto in seguito al quale la ragazza si è dovuta sottoporre a intervento chirurgico e trasfusione. La vicenda sarà riesaminata nell'appello bis dai magistrati di Perugia.
vittime di stupro STUPRO DI GRUPPO