Fabrizio Peronaci per corriere.it
«Se quel criminale esce di nuovo di galera, giuro che faccio un casino…»
Scusi?
«Non è odio né voglia di vendetta. È incredulità. In quasi mezzo secolo, la violenza contro le donne in Italia invece di calare è aumentata. Può sembrare assurdo, ma è così. Io dico: come fate a non capirlo, maschi? È dal nostro utero che siete usciti. Siamo noi superiori, ci dovreste adorare. Noi facciamo i figli, noi li educhiamo».
E allora: che casino vuole fare, signora Lopez?
«Non accetterò che uno degli assassini di Rosaria, lo stesso che dopo di lei ne ha uccise altre due perché si diceva che era pentito, poverino, torni libero. Però me lo sento: accadrà. Angelo Izzo prima o poi uscirà e... E quel giorno io ci sarò. Con la sicurezza di interpretare i sentimenti di tutte le donne.
Andrò in Parlamento, al Quirinale, in tutti i palazzi di giustizia, per gridare un concetto semplice: la certezza della pena. A furia di sconti, premi, benefici i criminali escono dal carcere e le donne continuano a essere ammazzate. Farò una diretta Facebook, chiamerò le tv, spero venga una marea di gente…»
Il dolore, la memoria, la rabbia. E, nonostante tutto, la speranza. Eccola, Letizia Lopez. Una donna minuta e forte. Il destino le ha assegnato il ruolo di sorella maggiore di una ragazza sventurata, che voleva diventare famosa come attrice, tanto che fece anche i provini per «Romeo e Giulietta» avendo saputo che Zeffirelli cercava una fanciulla dal viso pulito, ma in prima pagina ci finì per tutt’altro: in quanto vittima di uno dei fatti più atroci che la cronaca nera ricordi.
È il 30 settembre 1975. Il nuovo diritto di famiglia da poco ha sancito la parità tra coniugi e abolito l’istituto della dote. A giugno il Pci ha preso una valanga di voti. Italia democratica. Divorzio. Aborto. Femministe in piazza. Una Fiat 127 bianca sta rientrando a Roma dal litorale. Tre ventenni a bordo. Musica ad alto volume. Scherzano. Battute macabre. «Zitti, a bordo ci sono due morte». «Come dormono bene, queste». Una non dormiva, però. Passerà alla storia come il massacro del Circeo.
I nomi li sanno tutti. Rosaria Lopez, 19 anni, barista, ex collegiale, ultima di otto figli di un impiegato del Catasto emigrato a Roma da Palermo, in quel baule fu trovata morta. Donatella Colasanti, 17 anni, studentessa, si salvò: i suoi occhi scuri grondanti sgomento mentre si affaccia dal bagagliaio diventeranno lo specchio dell’Italia più truce. Proletarie. Amiche. Provenienti dalla Montagnola. I massacratori: Andrea Ghira, Gianni Guido, Angelo Izzo. Ragazzi della Roma cosiddetta bene. Pariolini. Cattivi. Le violentarono, le seviziarono, le sbeffeggiarono perché povere. A Rosaria l’affogarono nella vasca. A Donatella la trascinarono sul pavimento con una cinta al collo, e lei prima svenne, poi si finse morta.
Letizia Lopez oggi ha 68 anni. Ha avuto una figlia e un grande amore, Ugo, morto in un incidente stradale. Ha fatto la commessa, l’impiegata, è stata a lungo disoccupata. All’epoca lei s’era già trasferita in Sicilia, dove ha sempre vissuto, ma qualche anno fa, rimasta sola, è rientrata a Roma. Ha vinto la nostalgia. Adesso vive nella stessa casa al pian terreno di via di Grotta Perfetta dove le cornici con le foto dei parenti morti riempiono un tavolino e dalla quale Rosaria uscì, nel pomeriggio, dopo essersi fatta bella, un filo di trucco e i capelli mossi tenuti con i fermagli, per incontrare dei ragazzi che sembravano tanto per bene...
La notizia. Signora, lei aveva 24 anni e…
il massacro del circeo il cadavere di rosaria lopez
«Ero a Palermo, incinta di mia figlia. Ricordo tutto, minuto per minuto. Il 1° ottobre 1975, appena svegliata, mi sentivo agitatissima. Avevo percepito qualcosa. Al mio compagno che mi accompagnava al lavoro dissi di fermarsi alla prima cabina per chiamare a Roma, ma il telefono non funzionava. Poi provai altre volte: niente, squillava a vuoto. La sera andammo da un amico, Nino, al quale chiesi di fare un’interurbana. A casa non c’era nessuno, neanche mamma! Impossibile. Allora chiamai un’altra mia sorella ad Agrigento, che piangendo a dirotto mi disse: “Hanno ammazzato Rosaria!” Io non ci ho capito più niente, mi sono messa a urlare e sono svenuta».
L’addio.
il massacro del circeo il cadavere di rosaria lopez
«Ci precipitammo a Roma in aereo. Da quel momento la mia famiglia è esplosa: finita, bum! Ai funerali c’è stata la fine del mondo, una marea di gente, l’abbraccio di tutto il quartiere. Il nostro cognome era già diventato famoso in tutta Italia, la Lopez e la Colasanti, quelle del Circeo, e mi dava fastidio… Un marchio che mi sarei portata appresso sempre: essere nota per un fatto orripilante».
Rosaria nella bara.
«Prima dei funerali ho voluto vederla. Era bellissima, tutta vestita di bianco. Il viso era sereno, con una lacrima, però… Qui, sotto l’occhio destro…» Letizia fa il gesto: si sfiora la gota destra con un dito. Ora ha gli occhi umidi anche lei.
massacro del circeo angelo izzo
Il ricordo.
«Rosaria era dolcissima, meravigliosa. Ma ingenua, tanto ingenua. E con un sogno grande, fare l’attrice di teatro. A me diceva sempre: “Non ti preoccupare, diventerò famosa, vi farò ricchi, ci sistemiamo tutti”. Famosa è diventata, ma all’inverso…»
I massacratori
«I 44 anni trascorsi sono stati amarezza, delusione… Innanzitutto per i due che avevano avuto l’ergastolo e li vedi fuori. Chi cerca di scappare, chi non si fa più trovare, come Ghira, chi chiede il permesso e se ne va in Inghilterra, Izzo, dove lo arrestano e poi lo rimettono fuori… La giustizia li ha favoriti. Questo è un delitto di classe, certo. Se a commetterlo fosse stato un semplice cittadino, stia certo che avrebbero buttato le chiavi…»
angelo izzo e giovanni guido a processo per il massacro del circeo
La violenza oggi.
«Ma la delusione ancora più grande è stata vedere che nulla è cambiato. Ogni giorno penso a Rosaria e Donatella, che è sopravvissuta ma è rimasta segnata, distrutta, poverina. Apro il giornale e c’è quello di Palermo che uccide l’amante incinta, l’altro di Verona che violenta la figlia, i due di CasaPound condannati a una pena lieve per lo stupro a Viterbo. Uno schifo… Se uno entra in carcere con 20 anni e già sa che tra 8 uscirà lo Stato ha perso, tutti abbiamo perso».
Le mamme.
«Loro no, ma i genitori di Ghira, Guido e Izzo li incontrerei. Dovrebbero essere molto vecchi: sa per caso se sono ancora in vita? Soprattutto le madri. Io non cerco vendetta, ma confrontarsi è importante, è l’unico modo che abbiamo di migliorare la società… Dopo la certezza della pena, viene l’educazione, e quindi la famiglia. Parlerei con loro da donna a donna, chiederei come hanno potuto non accorgersene prima, quando i figli avevano già violentato, fatto rapine, e poi perché li hanno protetti, aiutati ad uscire… Coprire un reato tanto grave è come giustificare, non se ne rendono conto?»
Letizia, Rosaria. Sorelle. La memoria che non evapora. Come quella lacrima, su un letto di morte. (fperonaci@rcs.it)