Estratto dell’articolo di Roberto Gressi per “Sette - Corriere della Sera”
Leggetelo, questo libro. Non tanto per conoscere la verità di Piero sul "famigerato caso Marrazzo". Ma per aprire una finestra su noi stessi. Per capire come il bianco e il nero sfumano. […]
Suprema Corte di cassazione, 19 aprile 2010: Marrazzo Piero è stato vittima predestinata di un'imboscata di alcuni carabinieri infedeli della Compagnia di Roma Trionfale. Lui non viene indagato, non c'è reato, partecipa al processo solo come parte lesa. Ma la sua colpa è comunque senza redenzione, e travolge la sua famiglia, cancella l'uomo politico, azzoppa il giornalista.
piero marrazzo - storia senza eroi
Roma, 3 luglio 2009, via Gradoli. Marrazzo arriva lì con l'auto della Regione Lazio, lui che ne è il presidente, accompagnato dalla scorta. Suona alla porta della prostituta transessuale Natalie. Entra, si spoglia. Il campanello suona ancora, con insistenza. Entrano quattro carabinieri in borghese. Gli impediscono di rivestirsi, lo accusano di far uso di cocaina, girano un video senza che lui se ne accorga, tutto a scopo di estorsione. Marrazzo non denuncia, non si confida, tace con moglie e figlie, non cerca avvocati, spera in un impossibile silenzio, che spenga tutto.
Fine ottobre, lo scandalo esplode. Lui che sta per ricandidarsi si dimette. È diventato un uomo politico ricattabile. La sua parte perderà le elezioni, che parevano sicure. La famiglia è devastata, le figlie sono bersagliate da battute feroci. Lui si scusa per la sua debolezza privata. Si rifugia per un mese in un convento benedettino a Montecassino. […]
Ora la scelta di scrivere un libro. Non da solo, insieme alle sue tre figlie. Si intitola Storia senza eroi, ed è edito da Marsilio. È un viaggio nella sua vita, nelle sue colpe, ma anche una ricerca delle radici, con il bisogno di ritrovare suo padre e sua madre, l'incredibile e terribile vicenda di suo fratello Riccardo, inseguendo le tracce negli Stati Uniti. […]
L'oblio sopisce, lenisce, cura. Perché risvegliare quella vicenda con un libro?
Piero Marrazzo con le figlie Chiara Giulia e Diletta
«Perché non fa bene tacere. Le mie figlie, con il loro amore, mi hanno aiutato a capire che la mia vita, la nostra vita, non era riducibile a un "caso", a uno "scandalo", ma era tanto altro, la vicenda complessa di una persona, di una famiglia. Poi le parole di Manuela, la psicologa: "Lei si deve rendere conto di che cosa vuol dire l'immagine di un uomo che cade e si rialza".
Il silenzio schiaccia. Il ragazzino o la ragazzina processati sui social, il giovane che tutti credono a un passo dalla laurea e non ha fatto neanche un esame, l'imprenditore che non sa come dire che è fallito, la voce che non esce per raccontare i propri orientamenti sessuali».
Reati nessuno, responsabilità sì. E una condanna pubblica a fine pena mai.
«La macchina mediatica, ne conosco bene le regole, mi mise nell'angolo. Mi ero occupato di Sanità e Rifiuti, che chi tocca muore, e mai un sospetto, tanto meno un'inchiesta. Ma per quella esposizione mi chiesero di farmi da parte. Replicai: ma un partito non è un tribunale!».
Non fu poca cosa.
«Non ho dubbi, quello che avevo fatto, per un uomo pubblico, non era opportuno. Non avevo adempiuto all'obbligo che avevo nei confronti delle Istituzioni. E poi, soprattutto, la mia colpa più grave, verso la famiglia: per la vergogna non avevo messo in sicurezza le mie figlie e mia moglie Roberta».
Il partito fu un tribunale?
«Sono cresciuto politicamente da ragazzo nella Federazione giovanile socialista. Seguivo la corrente di Michele Achilli. Tante cose insieme al Partito radicale. Ho una vocazione libertaria, attenta sempre ai diritti civili. Sono convinto che la sinistra non sia una Chiesa, e che la politica non debba entrare nelle mutande delle persone, come principio generale».
Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini la chiamarono.
«Il valore del mio lavoro in regione non era in discussione. Furono telefonate cortesi. Mi chiesero di fare un passo indietro per ragioni di opportunità e accettai. Non ho recriminazioni nei loro confronti. Giorgio Napolitano mi disse: ti sono vicino come uomo, hai fatto la scelta giusta. Non c'è spirito di rivincita o tantomeno vendetta nel libro. Ringrazio la Rai per le opportunità che mi ha offerto. Ma la condanna mediatica e moralista è stata forte forte. Le persone comuni, quelle che avevo incontrato come amministratore o che mi avevano seguito a Mi manda Rai Tre, furono meno giudicanti e mi furono vicine».
michela di biase dario franceschini foto di bacco
Che ruolo ha avuto l'omofobia in questa vicenda?
«Sono certo che, se avessi frequentato una prostituta donna, l'impatto sarebbe stato enormemente minore. Poi sì, tutti vanno ai Pride».
Le figlie di Marrazzo hanno scritto dei passi nel libro. C'è una rabbia d'amore nelle loro frasi. Giulia: «Abbiamo protetto senza essere tutelate». Diletta: «Avrei voluto che quel giorno ti fermassi di più, che mi spiegassi bene che cosa era accaduto, e perché avremmo vissuto così tanta cattiveria». Chiara: «Avevo otto anni, non mi sono sentita vittima, ma colpevole».
Giulia, Diletta e Chiara.
«Hanno scritto cose potenti. Non mi hanno fatto sconti, né li volevo. Né hanno fatto sconti alla società per come ci ha trattati. Perché non accada più. Io sono qui, fortunato e forte, ho il loro amore. Mi hanno insegnato come a un padre si possa perdonare di non averle protette».
pierluigi bersani foto di bacco
Alle sue figlie chiedevano quando il loro padre si sarebbe suicidato.
«Io, come si usa dire, stavo ai piedi di Cristo. Nei quattro mesi che vanno da via Gradoli all'esplosione dello scandalo ero come scisso. Deciso in politica, giravo il mondo come presidente del Lazio. Muto, solo e schiacciato dalla vergogna nella vicenda personale. Mai ho pensato al suicidio. C'era piuttosto una narrazione che pareva voler spingere al suicidio. Io ero soprattutto infinitamente stanco. Quel mese all'abbazia di Montecassino mi ha aiutato molto».
Via Gradoli.
«Che dire? Tutto e niente. Quel palazzo con le trans, e dove c'era stato un covo delle Br durante il sequestro di Aldo Moro. Se uno fa una cosa, poi fa parte della sua vita. Una vita sradicata. Dovrei dire oggi che non avrei voluto scendere quei gradini? Non lo dirò. Posso aggiungere che è frequente l'uso della sessualità per colpire gli altri. E che dalla corruzione, che mai mi ha riguardato, si esce. La sessualità invece».
Natale 2009. Di colpo, dai giorni dell'andirivieni al deserto.
«Un deserto durato anni, nell'attesa di una comprensione che non arrivava mai. Avevo un sacco di ferie e nulla da fare. Fu l'occasione per cercare le mie radici negli Stati Uniti. Mia madre Gina Spina, che a meno di un anno d'età attraversa l'oceano fino a Ellis Island. Eugenio, suo padre e nonno padrone.
Il primo matrimonio di Gina, cancellato da ogni memoria, l'altro matrimonio con un uomo violento. La vicenda torbida di Generoso e Fortune Pope. La mafia italo-americana. [...]
Vicende personali e politiche che si intrecciano. Io che nasco nel 1958 e mio fratello Riccardo che è già lì da 11 anni, ma ha solo il cognome di mia madre. Perché? Chi è suo padre? Gina era una ragazza madre? Quanti silenzi. Le mie domande non riuscivano nemmeno a venire alla luce, tale era la soglia, il muro invalicabile e privo di parole di tutta la famiglia».
L'enigma. Suo fratello Riccardo.
«Una verità nascosta che cerco e trovo nel viaggio americano. Viene fuori la storia di un uomo, il padre di mio fratello, che mai abbiamo conosciuto e al quale è stato negato il diritto di essere padre, per il suo orientamento sessuale. Un figlio, mio fratello Riccardo, al quale è stato negato il diritto di essere figlio. Da un nonno padrone, nostro nonno, che gli impediva addirittura di parlare inglese. Dalla violenza indicibile che certo non trova giustificazione nel dire: che volete, quelli erano i tempi».
Che cosa avrebbe voluto dire e cosa sentire da suo padre e sua madre?
«Penso che mio padre avrebbe detto: "Guaglio', non ti preoccupare". E mia madre, da lei mai un abbraccio, avrebbe sorriso. Io contro i loro silenzi un tempo sarei stato irruente. Ora vorrei dire basta con le ipocrisie, le parole non dette, i fatti tenuti nascosti. Basta falsità e violenze brutalmente inconsapevoli, è il momento di crescere, di dire la verità. E teniamo vivo l'amore. Con Eugenio no, con lui sarei più duro. Per i suoi rapporti politici più che ambigui, per i suoi modi fascisti, per la ferocia con la quale ha interferito nella vita degli altri, mio fratello per primo».
Lei e Riccardo a New York, sottobraccio.
«Lì, dopo una vita, gli ho raccontato la storia di suo padre, che lui ignorava e che io avevo da poco conosciuta. Mi ha detto: "Mi sarei aspettato che, di fronte a quello che aveva fatto nonno Eugenio, mio padre e mia madre facessero di più».
«Tuo papà ha il vizietto. Almeno Berlusconi le tromba fregne». La macchinetta parcheggiata davanti alla scuola con il cofano divelto, le uova spiaccicate e la scritta: «A Marrazzo piace il cazzo». In classe: «Lì non ti siedi, t'attacchi al cazzo, tanto è un dono di famiglia, no?». Quante bestialità hanno ferito Giulia, Diletta e Chiara in quei mesi feroci. Le raccontano nella loro devastante crudezza, e senza sconti. Non risparmiano nulla a sé stesse e a Piero.
piero marrazzo con il padre joe
Soprattutto non risparmiano niente a chi quegli insulti li ha pronunciati, a chi li ha condivisi, a chi li ha lasciati passare con indifferenza, se non addirittura con un ghigno compiaciuto, a mala pena celato o perfino rivendicato. Un universo orrendo, che forse oggi sarebbe irripetibile. Forse. Avvertiva Giorgio Gaber che, con il tempo, le cose cambiano, ma gli esseri meno.
PIERO MARRAZZO GERUSALEMME gennaro sangiuliano raffaele genah piero marrazzo foto di bacco la trans natalie