Estratto dell’articolo di Marco Carta per www.larepubblica.it
«Quando mio padre mi chiamò pensavo di poter chiarire subito. Stavo a Los Angeles, tornai a Roma e il giorno dopo ero a Regina Coeli. Ero un attore affermato e ho smesso di lavorare. La mia vita si è congelata nel 2014. Ora spero si scongeli». Ha aspettato 10 anni per veder riconosciuta la sua innocenza: assolto con formula piena. L’attore Alberto Gimignani, volto storico di film e serie tv tra cui La Piovra e Un posto al sole, era accusato di ricettazione e riciclaggio dalla procura di Roma, che nel 2014 lo aveva arrestato con l’accusa di essere il tecnico di una banda che rubava e rivendeva telefonini. Il processo, in cui l’attore 63enne è stato difeso dai legali Daria Grimani e Pierluigi Rossi, si è chiuso giovedì. […]
Riavvolgiamo il nastro. Torniamo al 2014.
«Era luglio, stavo a Los Angeles, dove studiava mio figlio. Lo andavo a trovare periodicamente, il mio obiettivo era iniziare a lavorare anche lì. Poi alle sei di mattina chiama mio padre. Lui è il classico fiorentino burlone. Mi dice che c’è un ordine di carcerazione nei miei confronti. All’inizio penso a uno scherzo. Mi preoccupo. Ma sapendo di non aver fatto niente, penso di risolvere la questione in qualche giorno, come immagina qualsiasi innocente».
Come è finito in questa storia?
«Volevo aprire un franchising di riparazioni cellulari, un’attività parallela come fanno tanti attori che magari si aprono il ristorante. Stavo testando il business. Ho iniziato con amici e conoscenti, poi sono venuto a contatto con una persona che faceva parte di questa organizzazione di cui non sapevo nulla. Speravo di chiarire con il magistrato subito la mia estraneità. Invece sono tornato a Roma e la mattina dopo ero a Regina Coeli».
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Ha perso fiducia nella giustizia?
«No, anche perché ho avuto un verdetto assolutamente perfetto. Assolto con formula piena. Il problema è che ci sono voluti dieci anni. […] In questi dieci anni non ho più potuto lavorare in Italia. C’era ostracismo, com’è accaduto a Enzo Tortora. Per fortuna parlo francese e ho lavorato a Parigi. Questo mi ha salvato».
C’è qualcuno che le è stato vicino?
«Ho ricevuto solidarietà da Valerio Mastandrea, Marco Giallini e da altri. Il produttore Giannandrea Pecorelli ha provato a farmi lavorare. Ma su di me c’era un veto. Ora spero di riprendere da dove avevo lasciato».
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