“È UNA SPACCIATRICE NON OCCASIONALE” – LE MOTIVAZIONI CON CUI I GIUDICI DEL RIESAME HANNO RESPINTO LA RICHIESTA DI REVOCA DELL’OBBLIGO DI FIRMA A ANASTASIA KYLEMNYK: ERA INSERITA NEL BUSINESS DELLA DROGA E HA MENTITO DAVANTI AGLI INVESTIGATORI, MENTRE LUCA SACCHI ERA IN FIN DI VITA E ANCHE DOPO LA SUA MORTE…

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Michela Allegri per www.ilmessaggero.it

 

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Era inserita nel buisiness della droga. E ha mentito davanti agli investigatori, mentre il fidanzato era in fin di vita e anche dopo la sua morte. Ha fornito una versione «fantasiosa» e «inverosimile» anche dopo essere stata raggiunta dalla misura cautelare dell'obbligo di firma. Una misura restrittiva che, secondo il tribunale del Riesame, per Anastasia Kylemnyk, fidanzata di Luca Sacchi, è «appena sufficiente» a mantenere «un controllo per prevenire il pericolo di reiterazione del reato».

 

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Nelle motivazioni con cui i giudici hanno respinto la richiesta di revoca dell'obbligo di firma e che hanno anche confermato il carcere per Giovanni Princi, amico di lei e di Sacchi, la ragazza avrebbe svolto un ruolo di primo piano nella trattativa per la compravendita di 15 chili di droga costata la vita al personal trainer di 24 anni.

 

FOTOSEQUENZA OMICIDIO LUCA SACCHI FOTOSEQUENZA OMICIDIO LUCA SACCHI

La baby sitter venticinquenne è accusata insieme a Princi di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La sera del 23 ottobre avevano appuntamento con i pusher di San Basilio Valerio Del Grosso e Paolo Pirino - in carcere per l'omicidio di Sacchi insieme a Marcello De Propris - per acquistare 70mila euro di erba. Il denaro, secondo quanto ricostruito dai carabinieri e dalla pm Nadia Plastina era nascosto nello zaino della ragazza. Del Grosso, dopo avere visto i soldi, aveva deciso di rapinare i compratori: Pirino aveva colpito la Kylemnyk con una mazza e Del Grosso aveva sparato a Sacchi, che aveva reagito alla violenza.

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IL PERICOLO

Giovanni Princi con due amici la sera in cui fu ucciso Luca Sacchi Giovanni Princi con due amici la sera in cui fu ucciso Luca Sacchi

Per il Riesame, che il 19 dicembre ha ribadito le misure, «sussiste un concreto pericolo di reiterazione del reato, in ragione delle modalità del fatto e della personalità degli indagati». Un dettaglio è fondamentale: «L'acquisto di ben 15 kg di marijuana denota uno stabile inserimento negli ambienti della droga da parte degli indagati, che evidentemente riforniscono ad una larga clientela».

 

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Per i magistrati, infatti, «si tratta di un'attività che certo non è episodica ma che viene svolta con abitualità». Princi era inserito nel giro: aveva 4 utenze cellulari «anche intestate a stranieri», ha consigliato a un cliente di utilizzare un'app criptata e non ha nemmeno voluto dargli il suo numero di telefono. Circostanza «sintomatica di estrema cautela e professionalità, tipica di soggetti abituati a dinamiche criminali».

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E, sottolineano ancora i giudici, il giovane era in grado di muoversi in maniera «professionale», con «scaltrezza». Per i pm è il regista della trattativa, e anche per il Riesame «è plausibile che abbia avuto un ruolo, se non di leader, di certo di promotore dell'affare». Dopo l'arresto, oltretutto, ha deciso di non rispondere al gip, dimostrando «di non voler interrompere i rapporti con gli ambienti criminali, in prospettiva di futuri affari».

 

LE BUGIE

Anche per quanto riguarda Anastasia gli indizi sono «gravi». Ha mentito all'inizio, quando ha sporto denuncia raccontando di avere subito una rapina. E ha mentito anche in seguito, fornendo versioni «fantasiose». Ha detto che Princi le aveva chiesto di tenere nello zaino una busta di soldi che gli servivano per acquistare una moto, per «un impiccetto».

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Aveva anche detto di aver raggiunto il luogo dell'appuntamento, il pub John Cabot in via Mommsen, a piedi. In realtà era arrivata in macchina. E quella stessa macchina era stata spostata da Princi mentre Luca era in ospedale. Anastasia ha giustificato quella bugia dicendo al gip che «quando hanno portato via Luca ero sicura che fosse vivo, ho pensato stupidamente di non volerci mettere in mezzo a questo impiccio di Giovanni».

 

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Ma il Riesame sottolinea che la giovane ha continuato a tacere, anche quando Sacchi era morto e «non c'era più motivo di mantenere riserbo». Per i magistrati, l'indagata ha «cercato di sviare le indagini dal vero scopo della sua presenza davanti al pub».

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