Massimiliano Peggio per "La Stampa"
Parla di falsità, di ricostruzioni fantasiose. «Nessuno mi dava fastidio» dice, riferendosi all’ipotesi di uno stalker assassino. A parlare è Patrizia Cataldo l’amica di Massimo Melis, il soccorritore professionale della Croce Verde di Torino trovato cadavere lunedì scorso nella zona Nord della città, sotto casa della donna. Ieri, l’autopsia ha stabilito che l’ambulanziere di 52 anni è stato ucciso con un proiettile calibro 38, sparato da un revolver.
L’omicidio è avvenuto nella serata di domenica, ad Halloween. La vittima, dopo aver accompagnato a casa l’amica, è risalito in macchina, una Punto blu. Il killer, sbucato dall’oscurità, ha aperto la portiera e ha sparato un solo colpo quasi a bruciapelo, alla tempia sinistra. Sul caso sta indagando la Squadra Mobile, diretta da Luigi Mitola. «Adesso lui non c’è più e il mio unico obiettivo nella vita è trovare il colpevole» afferma arrabbiata Patrizia, sotto choc. Concede poche parole, dopo aver trascorso molte ore a spiegare agli investigatori che cosa è successo.
Massimo è stato ucciso in modo efferato, come in un regolamento di conti. Che idea si è fatta?
«No, non credo sia stato niente del genere. Lo conoscevo da tempo, aveva un cuore immenso, non aveva problemi con nessuno».
Che cosa rappresentava per lei Massimo?
«Un grande amico. Ho letto tante sciocchezze sui giornali in questi giorni. Sono state scritte molte cose non vere, sono tutte invenzioni».
Ad esempio?
«Sì, gli volevo bene, ma non eravamo fidanzati. Lo ripeto non eravamo fidanzati. Non c’era tra noi un legame sentimentale. Era un amico fidato. Lui c’era sempre per me. Quando avevo bisogno pensava a tutto, mi aiutava sempre, in ogni occasione».
omicidio di massimo melis a torino
Anche domenica scorsa l’ha aiutata, accompagnandola a fare spesa al supermercato.
«Di che cosa è successo domenica non me la sento di parlare, sono ancora troppo sconvolta. Non riesco a dormire, e non ce la faccio nemmeno a mangiare. Rivedo in continuazione davanti a me il suo viso senza vita. Non potrò mai dimenticare».
Tra le ipotesi investigative sarebbe emersa quella di un uomo, pregiudicato sulla sessantina, che l’avrebbe importunata. Corrisponde al vero?
«Non dico nulla, ma non è così. Nessuno mi dava fastidio, come è stato detto. E poi ho quarant’anni non avrei mai dato retta a un sessantenne. Di certo io e Massimo non convivevamo e al momento non ho nessuna relazione. Anche perché sto trascorrendo il mio tempo con la mamma che non sta bene. In questo periodo glielo posso assicurare ho altri pensieri».
Un ricordo di Massimo?
«Era tutto per me. Un amico insostituibile. E adesso non c’è più. Di lui mi sono rimasti solo i messaggi sul telefonino».
La polizia sta indagando in varie direzioni, scandagliando le vostre vite, amicizie e conoscenze. Che cosa immagina?
«Niente. Che voglio Giustizia e il colpevole deve pagare. Il mio desiderio ormai è di poter vedere davanti a me quell’assassino .Voglio Giustizia. Siamo tutti brave persone, senza problemi, e Massimo era un uomo buono. Non meritava una morte così».
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