Estratto dell’articolo di Filippo Femia per “la Stampa”
«Adesso mi sento un po' più leggera, anche se il mio peso è rimasto identico». Martina Scavelli, 34enne di Catanzaro, non ha perso il sorriso, nonostante poche ore fa abbia preso la decisione più complicata e sofferta della sua vita: dimettersi dal ruolo di arbitro di pallavolo dopo 15 anni. […]
I controlli sul peso ci sono sempre stati?
«Sì, sono norme federali basate su indicazioni sanitarie. Bisogna rientrare in determinati parametri antropometrici, come il BMI (l'indice di massa corporea) e la circonferenza addominale. Io ho sempre seguito un regime alimentare particolare per rispettarli, se li superavo mi autodenunciavo».
È singolare che un arbitro, che durante le partite non si muove, debba rispettare tali parametri.
«Sono norme intese per tutelare la salute e non le discuto. Ma è paradossale che un giocatore possa essere obeso e che gli allenatori o i dirigenti non debbano rispettare tali parametri. Perché?»
Nel suo sfogo ha usato termini pesanti. «Non sopporto più di essere pesata come si fa con le vacche», ha scritto.
«Confermo. Ricordo ancora quelle file, decine di persone in attesa: qualcuno si sentiva umiliato. E non parlo solo di donne: anche uomini o persone non binarie».
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Nella sua carriera ha mai ricevuto insulti per il suo fisico?
«In più di un'occasione, soprattutto da parte di genitori dei giocatori: è la categoria che più avvelena lo sport. Ma sa qual è la cosa che fa più male?».
Quale?
«Essere presa di mira per il tuo fisico e non per le tue abilità o gli errori tecnici. Se commetto uno sbaglio perché devo sentirmi urlare che sono "cicciona"?».
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