Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”
Una crepa nelle diagnosi. Un paziente positivo al Covid a cui non sarebbero stati effettuati tutti gli esami necessari. E il contagio che si propaga fino a raggiungere quota 111 infetti e cinque morti.
La Procura di Roma indaga sul cluster del San Raffaele Pisana, il focolaio che gonfia da giorni le statistiche sul coronavirus nella Capitale. Ieri i carabinieri del Nas hanno ispezionato per oltre quattro ore la clinica da 298 posti letto alla periferia Ovest dell'Urbe, nome noto nel panorama della riabilitazione neuromotoria privata.
Su mandato del pm Nunzia D'Elia, i militari del Nucleo Antisofisticazione e Sanità, guidati dal Maurizio Santori, hanno perlustrato tutti e quattro i piani dell'istituto, chiedendo conto delle procedure interne legate all'emergenza Covid e scandagliando cartelle, rapporti, elenchi su pazienti, medici, infermieri e altri dipendenti della struttura.
Anche se l'indagine è alle prime battute, le tessere del mosaico iniziano a comporsi. Alcune piste perdono quota. Altre invece sembrano avvicinare gli inquirenti al caso uno, l'origine del focolaio.
Gli investigatori sembrano ormai convinti che a portare il bacillo del Sars-CoV-2 all'interno dell'istituto sia stato un paziente. In un primo momento, gli accertamenti si erano concentrati anche su due dipendenti della clinica - un fisioterapista positivo al virus il 3 maggio e un'impiegata amministrativa - ma le ultime verifiche hanno cambiato lo scenario.
I REPARTI
Nell'ultima informativa dei carabinieri sono annotati i nomi di 3 pazienti assistiti nei reparti di riabilitazione cardiologica e riabilitazione respiratoria. La scoperta della positività al Covid-19 risale al 2 giugno, a quel punto l'istituto si è immediatamente attivato, contattando la Asl. Ma il sospetto di chi indaga è che il contagio possa risalire a diverse settimane prima e che sia rimasto sottotraccia. Anche il Servizio sanitario regionale, difatti, sta richiamando tutti i degenti dimessi dal 1 maggio in poi. L'inchiesta punta alle possibili falle nelle diagnosi dei ricoverati, prima o dopo l'accettazione al San Raffaele.
L'obiettivo è capire se gli ospedali da cui i pazienti provenivano abbiano realizzato tutti gli esami necessari e se lo stesso abbia fatto la clinica privata di via della Pisana. Secondo fonti investigative, alcuni ricoverati avrebbero presentato patologie compatibili con una sindrome respiratoria fin dall'inizio.
Il quadro clinico quindi, prima o dopo l'approdo all'istituto di riabilitazione, avrebbe potuto essere considerato diversamente. Aspetti a cui solo gli accertamenti dei prossimi giorni potranno dare risposta. Dal San Raffaele assicurano di avere rispettato tutte le procedure. Il fascicolo appena aperto in Procura è senza ipotesi di reato e indagati, al momento.
La Regione intanto prova a mettere argine al focolaio, che dalla clinica ha raggiunto le altre province del Lazio, da Rieti a Latina (ieri altri due casi a Guidonia), al quartier generale della Rai a Saxa Rubra, dove però il contagio sembra essersi arrestato: dopo i 5 operatori tv infettati, gli ultimi 50 test negli studi tv hanno dato esito negativo. In totale, per provare a rintracciare i casi riconducibili al cluster sono stati eseguiti quasi 5 mila esami in pochi giorni. «Il doppio di Vo' Euganeo», ha sottolineato ieri l'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato.
«Nel caso del San Raffaele - ha aggiunto - ci sono state delle lacune che adesso stiamo ricostruendo. C'è un problema di percorsi, di direzione sanitaria e di controlli». Ma il sistema delle verifiche incrociate, è convinto l'assessore, «ha funzionato, si è risposto con grande tempestività, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia perché sono situazioni che possono ripresentarsi». All'interno dell'istituto restano sessanta pazienti. Insieme al personale sanitario, saranno sottoposti a un nuovo ciclo di esami nei prossimi giorni. Sperando che stavolta, a differenza di quanto accaduto la settimana passata, i tamponi negativi, ripetuti, non diventino positivi.
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