Camilla Povia per https://fondazioneleonardo-cdm.com/
“Quando partiranno i test sierologici e avremo un’indicazione sulla positività della popolazione al Coronavirus, a quel punto potremo iniziare a pensare a come tornare alla normalità”. Ilaria Capua, virologa e direttrice del ’One Health Center of Excellence’ dell’Università della Florida, invita a pensare al dopo emergenza e a non fossilizzarsi sui numeri dei contagi.
Lei eppure è stata la prima a dire che i contagi sono infinitamente superiori ai dati ufficiali.
“Purtroppo l’ho detto anche a febbraio, è un’infezione molto più diffusa. Per spiegare come si comporta questo virus, dobbiamo secondo me partire dal coronavirus ben noto negli allevamenti avicoli, il ‘virus della bronchite infettiva’.
E’ un virus che nasce come forma respiratoria e che trova terreno fertile laddove non ci sono condizioni ambientali ottimali, come una stretta di freddo o la rottura di un impianto di areazione. Si manifesta dunque come una malattia ‘condizionata’. In animali sani o da laboratorio, questo virus non fa sviluppare neanche un sintomo o uno starnuto. L’animale si infetta, produce anticorpi, e basta. Se invece il virus dilaga in una popolazione di animali che hanno altri problemi, ecco che esercita la sua capacità patogena”.
Mi sembra di sentire alcune somiglianze con Covid-19.
“Ma certo, è il suo cugino di secondo grado. Il Coronavirus umano, nella stragrande maggioranza dei casi, si comporta come il virus della bronchite infettiva degli animali, non provocando alcun sintomo. Quindi a me piacerebbe che per Pasqua si tirasse un sospiro di sollievo e si riconoscesse l’enorme sforzo collettivo di questi giorni. Distraiamoci da questa pesantezza, paura, frustrazione e inadeguatezza che hanno caratterizzato questi due mesi e pensiamo a come immaginiamo il dopo. Perché il virus porterà con sé grandi trasformazioni”.
Quindi seguendo la sua analisi bisogna prepararsi a convivere con questo virus e ammettere che non scomparirà dopo l’estate.
“Non solo non scomparirà ma continuerà a circolare sotto traccia, senza dare grandi sintomi. Con l’arrivo dei nuovi freddi potrebbero crearsi quelle condizioni che danno il via alla ‘malattia condizionata’ ma speriamo che le persone che torneranno a lavorare siano già positive. Le persone che invece sono più fragili dovranno fare i conti con una vita molto diversa da quella precedente. Perché il ritorno alla normalità non escluderà altri casi gravi o altri episodi di circolazione del virus nelle comunità, per esempio come le case di riposo. E’ possibile, perché i virus sono organismi che continuano a evolversi e ad adattarsi alla situazione”.
Del resto la chiusura del nostro Paese non è stata decisa tanto per la pericolosità del virus quanto per evitare il collasso del sistema sanitario nazionale.
“Nel momento in cui gli ospedali iniziano a riprendersi dallo shock di questi giorni e lavorano in modo efficiente, arricchiti da questa esperienza, allora anche se qualcuno si dovesse ammalare il rischio di morire è molto ridotto se sei preso in tempo e curato per bene. E poi aspettiamo che le istituzioni facciano quello che devono fare: allineare la diagnostica alla situazione che è, lo sappiamo, in rapida evoluzione.
Con i test sierologici sapremo la reale portata di questo virus. Perché, ricordiamolo, il punto di arrivo non è impedire a Covid di circolare ma appiattire la sua curva affinché si ammalino meno persone. Appiattire la curva significa prolungare nel tempo i casi di infezione. Ma a quel punto i nuovi malati saranno gestiti dagli ospedali che, appunto, funzioneranno”.