Francesca Bonazzoli per “Liberi Tutti - Corriere della Sera”
«Non mi si parli di nulla che sia piccolo!», minacciava Gian Lorenzo Bernini in viaggio verso Parigi. Il grande scultore, che a Roma aveva approntato spettacolari scenografie per i papi, temeva sopra ogni cosa che il re Luigi XIV non avesse le stesse manie di grandezza della curia romana. È inutile girarci intorno: anche oggi, fatte le dovute proporzioni, per mettersi sui muri di casa la riproduzione della Galleria di Milano o di una spiaggia tropicale, ci vuole una bella dose di megalomania.
Ma chi ha detto che sia un lato disdicevole della personalità? Se non avesse avuto uno smisurato concetto di sé, Giulio II non avrebbe chiesto a Raffaello di affrescargli da cima a fondo le pareti del suo nuovo appartamento occupato nel Palazzo Vaticano disdegnando quello fino ad allora abitato dal rozzo spagnolo papa Borgia. Allo stesso modo, a Firenze, i Medici si erano fatti ritrarre da Benozzo Gozzoli in una sontuosa processione a cavallo sui muri del loro modernissimo palazzo di via Larga in modo che tutti gli ospiti li potessero veder sfilare in corteo, nientemeno che al seguito dei tre re Magi.
Lo stesso «biglietto da visita» pretesero i Gonzaga, tutti ritratti da Andrea Mantegna lungo le pareti, compresi cavalli e cani, segni di una dinastia che aveva bisogno di posizionare, anche grazie allo sfarzo di dimore prestigiose, il suo piccolo regno in più grandi giochi dinastici.
A loro volta gli artisti non solo erano ben felici di assecondarli, ma sfidavano i committenti in narcisismo e grandezza. Michelangelo guadagnò il rispetto del papa quando, alla richiesta di un monumento funebre, gli presentò un modello che era l' equivalente di un mausoleo, arricchito con ben 40 statue. Il progetto non andò mai in porto e venne più volte ridimensionato, ma a convincere il papa fu proprio quella proposta esagerata. Insomma oggi come ieri, se uno aspira a far parlare di sé, qualcosa di spettacolare deve pur esibirlo.
E se non può rivolgersi alle misure XL, il cui scenografico effetto è sempre garantito anche nel caso di sconfinamento nel kitsch, allora può comunque far colpo con la taglia XS. Già in epoca romana l' extra small era un genere molto apprezzato tanto che i cammei abilmente intagliati per ricavare minuscoli strati di profondità successive fino a ottenere scene tridimensionali in pochi millimetri di spessore e centimetri quadri, erano stimati anche più degli affreschi.
E ancora all' inizio del Cinquecento la scultrice Properzia de' Rossi, per generare stupore, intagliava noccioli di pesche garantendosi così la stima degli scultori maschi, e del Vasari, che non potevano negare tanta abilità nemmeno a una donna. La quale, dicono le carte del processo, per poter lavorare con marmo e scalpello nel cantiere bolognese della cattedrale San Petronio, fu introdotta illecitamente dall' amante Antonio Galeazzo.
Ma soprattutto, la taglia extra small fu amata in Giappone dove, nel Seicento, nacque addirittura un genere di scultura in miniatura, i netsuke , oggetti meravigliosi, grandi quanto un bottone, ancora oggi super ricercati. C' è insomma una sola legge che vale per chi vuole farsi notare, e l' ha scritta Oscar Wilde: «La moderazione è una cosa fatale. Nulla ha più successo dell' eccesso».